venerdì 19 luglio 2013

Pathos- con Mariangela D'Abbraccio



Un Pathos vero- la sofferenza degli umani in un mondo di cartone



Seguire lo spettacolo che sul palco dell’abbazia benedettina Mariangela D’Abbraccio ci sta snocciolando senza un filo che leghi i nocciuoli è una vera sofferenza.

Pathos è commozione, è emozione, è coinvolgimento su un umano sentire, mi dice il vocabolario, toccare le corde, e se il regista avesse preso in mano un libro avrebbe saputo anche lui che non basta prendere grani di canzoni, di pensieri e opere, per fare una collana.

Lei, l’attrice, non ha grandi colpe, lei è lì solo per mostrare il suo personale talento interpretativo, urlante e gesticolante solitudini che Roberto Carlos ha scritto magistralmente.

Tenco e Fred Bongusto, De André e Borges, grazie alla vita che mi ha dato tanto…

Così scriveva e cantava  Violeta Parra, cilena, in quei lontani anni sessanta prima di uccidersi il cinque febbraio del 1967

Così scriveva Tenco … Vedrai vedrai, vedrai che cambierà

Non cambia nulla.

Si torna indietro, si va avanti senza spiegare e senza commuovere, una canzone dietro l’altra, una Maria di Buenos Aires e i bambini che senza occhi per piangere hanno Assunte per mamme, mah!

Commuoviamoci dunque, non siamo insensibili al grido di dolore che Mariangela ci porge, sentiamo il pathos incellofanato e paninizzato con hamburger  e tanto kechup, la salsa rossa già cola dal mento degli astanti agli applausi finali.

Vi è piaciuto lo spettacolo?-

Sì, molto- è la risposta

Cancellando in un solo momento cosa vuol dire teatro, il pubblico soddisfatto scema verso l’uscita, commentando il vestito, le poppe, il bel culo dell’attrice che sicuramente è brava, forse lo è, è una vita che calca le scene, canticchiando urlante nello stesso modo canzoni che…

Questo non era un testo teatrale- mi dicono- è un recital

Bene

Recital

Ho ripreso il vocabolario

Da nessuna parte ho trovato ciò che ho cercato

Recital di ieri sera… canzoni e opere in ordine sparso senza un  inizio del sentire, senza uno svolgimento, senza una fine.

Canzoni e opere che hanno sofferto moltissimo insieme ai loro autori e insieme ai pochi spettatori veramente consapevoli dell’uso sgradevole e irrispettoso che gli sceneggianti ne avevano fatto.

Ma su non fare storie- questo anno il bottino è magro-questo anno Albertazzi ha scelto come gli altri anni- uno spettacolo bellissimo, dai, accontentati, a noi è piaciuto tanto!

Questo anno siamo tutti così, inutile  davvero soffrire così!

Siamo al tempo dei giaguari che non si smacchiano, mah! al tempo degli oranghi, di  più di più sempre meglio così verso il medioevo dell’ignoranza.

Grazie alla vita che mi ha dato tanto 


mi ha dato due soli, che quando li apro

perfetto distinguo il nero dal bianco

e nell’alto cielo lo sfondo stellato

e in mezzo alla folla l’uomo che non c'è, mia cara Violeta

Grazie alla vita che mi ha dato tanto






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