Un Pathos vero- la sofferenza degli umani in un mondo di
cartone
Seguire lo spettacolo che sul palco dell’abbazia benedettina
Mariangela D’Abbraccio ci sta snocciolando senza un filo che leghi i nocciuoli
è una vera sofferenza.
Pathos è commozione, è emozione, è coinvolgimento su un
umano sentire, mi dice il vocabolario, toccare le corde, e se il regista avesse
preso in mano un libro avrebbe saputo anche lui che non basta prendere grani di
canzoni, di pensieri e opere, per fare una collana.
Lei, l’attrice, non ha grandi colpe, lei è lì solo per
mostrare il suo personale talento interpretativo, urlante e gesticolante
solitudini che Roberto Carlos ha scritto magistralmente.
Tenco e Fred Bongusto, De André e Borges, grazie alla vita
che mi ha dato tanto…
Così scriveva e cantava
Violeta Parra, cilena, in quei lontani anni sessanta prima di uccidersi il
cinque febbraio del 1967
Così scriveva Tenco … Vedrai vedrai, vedrai che cambierà
Non cambia nulla.
Si torna indietro, si va avanti senza spiegare e senza
commuovere, una canzone dietro l’altra, una Maria di Buenos Aires e i bambini
che senza occhi per piangere hanno Assunte per mamme, mah!
Commuoviamoci dunque, non siamo insensibili al grido di
dolore che Mariangela ci porge, sentiamo il pathos incellofanato e paninizzato
con hamburger e tanto kechup, la salsa
rossa già cola dal mento degli astanti agli applausi finali.
Vi è piaciuto lo spettacolo?-
Sì, molto- è la risposta
Cancellando in un solo momento cosa vuol dire teatro, il
pubblico soddisfatto scema verso l’uscita, commentando il vestito, le poppe, il
bel culo dell’attrice che sicuramente è brava, forse lo è, è una vita che calca
le scene, canticchiando urlante nello stesso modo canzoni che…
Questo non era un testo teatrale- mi dicono- è un recital
Bene
Recital
Ho ripreso il vocabolario
Da nessuna parte ho trovato ciò che ho cercato
Recital di ieri sera… canzoni e opere in ordine sparso senza
un inizio del sentire, senza uno
svolgimento, senza una fine.
Canzoni e opere che hanno sofferto moltissimo insieme ai
loro autori e insieme ai pochi spettatori veramente consapevoli dell’uso
sgradevole e irrispettoso che gli sceneggianti ne avevano fatto.
Ma su non fare storie- questo anno il bottino è magro-questo
anno Albertazzi ha scelto come gli altri anni- uno spettacolo bellissimo, dai,
accontentati, a noi è piaciuto tanto!
Questo anno siamo tutti così, inutile davvero soffrire così!
Siamo al tempo dei giaguari che non si smacchiano, mah! al
tempo degli oranghi, di più di più
sempre meglio così verso il medioevo dell’ignoranza.
Grazie alla vita che mi ha dato tanto
mi ha dato due
soli, che quando li apro
perfetto
distinguo il nero dal bianco
e nell’alto
cielo lo sfondo stellato
e in mezzo
alla folla l’uomo che non c'è, mia cara Violeta
Grazie alla
vita che mi ha dato tanto
Viva gl'itagliani !
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