Scrivere polvere – la storia
di chi scrive al sud-
Chiudo il libro e sento lo
stomaco stretto, ingoio un vuoto spesso
e polveroso, mi alzo dal lettino retato che mi aspetta ogni giorno al sole del
mio piccolo terrazzino assolato, mi rigiro con il libro in mano e tante
associazioni nella mia mente: figure, anime
lo zio della mia amica
Elisabetta che stendeva ottimi canovacci
di commedia dell’arte, persi, mai scritti, oppure scritti su polvere
lo zio del mio amico Piero
che riportava su quaderni neri, fitti, fitti, i fatti di tutte le generazioni
precedenti, persi, oramai nella polvere
Le lettere di mio nonno a mia
nonna- strappate- mio nonno scriveva benissimo, suo padre lo tolse da scuola, lo mandò in
campagna a fare la rame alla vigna,
mio nonno si riscattò, non scrisse più, perse,
nella polvere di un vivere piatto e
comune, i suoi pensieri.
Allora la vita nel sud aveva tempi lenti e
tragici scanditi dallo sciupio di una leggera allegria-
Quale allegria …per essere
stato ucciso quindici volte in fondo a un
viale…
Senza allegria. Un sud dove
il malocchio, la jella, sono il mercato nero di sentimenti atavici e mostruosi
, dove il bozzo sulla testa, frutto di una noncuranza, segna per sempre e
decide il destino di uno solo e trascina quello di tanti.
Senza allegria- Un sud
tragico da vero e proprio mangia polvere, come le nostre strade che non portano
mai a niente.
Un libro scritto sotto un
tavolo, fra le briciole, scritto a testa in giù, scritto per riscattare i
tanti, i troppi scrittori silenziosi e dolenti che hanno impresso sulla tela pulviscolante
del nulla i geroglifici di anime non
comprese e addirittura modellate dalla
plastilina fino ad assumere l’orrido aspetto del Poeticchio
Un mondo duro, un mondo nero,
e la copertina del libro è nera, con
riquadro sangue, con cuore appeso al gancio ed esposto alla finestra sociale.
Senza pudore e senza
misericordia … il sud che è stato, il sud che ancora è, sotto la coltre del consumo, dei centri commerciali,
dell’arroganza del potere, della sciatteria dei cenacoli che continuano a
lasciare solo polvere alle anime pure.
Un libro denuncia sommessa,
un libro, che fra maledizioni e chianche infestate dalle erbacce dei trulli
pericolanti, trova, nell’asfittico spazio della poesia, il canto e la luce
degli affetti, unica speranza salvifica che nulla venga più scritto sulla
polvere
Scrivere polvere – primo
romanzo di Daniele Semeraro, lo pubblica Incipio –una collana per esordienti
della Lupo editore-
Un inizio non più nella
polvere ma nel foglio, nel libro che apparterrà ai lettori, che leggeranno
tutto quello che una sbadata scopa portò via da sotto il tavolo di tutti noi.
Ippolita Luzzo
interessante analisi che inscrive il testo in un contesto di memorie e di destini collettivi. Più che una recensione, una sottoscrizioone partecipata.
RispondiEliminaCara Ippolita, a due anni dall'uscita di Scrivere polvere, vedo che questa resiste al tempo - inevitabile causa di finitezza, anche della scrittura. Hai colto il senso dell'intuizione poetica dalla quale prende forma la narrazione. L'hai mescolato ai tuoi ricordi, associando il destino del Poeticchio e quello della tarantolata muta alle tante vite dimenticate, perse nell'oblio della noncuranza. La citazione di Lucio Dalla arricchisce la tua "sottosrcizione partecipata", già di per sé potente e illuminata. Un ringraziamento sincero per la condivisione.
RispondiEliminaDaniele Semeraro.