A Gianni scomparso improvvisamente solo ieri
13 luglio 2011
Col cuore in gola- il libro di Gianni
Non leggo in modo neutro, non leggo in modo obiettivo, non
leggo. Interpreto. Specialmente ora. Specialmente questo libro che appartiene
alla mia città, alla mia adolescenza, ad un tempo vissuto sul corso Numistrano,
ad un tempo reale ma irreale, trasformato dal ricordo.
Lo scrittore non è uno scrittore, è Gianni, il ragazzo di
allora, insieme a Stefania, mano in mano, ed io non sono io, sono sempre la
ragazza liceale di un tempo. Siamo seduti tutti insieme su quella panchina con
un giornale aperto. Fermi nel ricordo.
Leggo ancora avidamente, veloce, saltando le pagine, ritornando
indietro. Poi rileggo. Con calma
IL cuore in gola- Anna e l’attacco di panico-.
Un ostacolo, un ponte alto, sospeso nel vuoto, non puoi
attraversarlo, una galleria buia, ti tremano le gambe, la curva di centuvinti, ti fermi lì e non arrivi allo chalet!
Lo spazio diventa sempre più ristretto, il cuore batte a
mille, la lingua si secca, le mani sudano, le gambe si bloccano. Il panico!
Non avevamo panico
allora. Si andava nella cellula e si veniva indottrinati. Sarò andata qualche
volta anch’io, si andava e poi si gridava “Vogliamo tutto” (Nanni Balestrini) e solo adulti, guardando il film “Le invasioni
barbariche” film canadese che prese l’Oscar, abbiamo capito che non avevamo
capito niente.
Ma è così per tutte le generazioni, è così per tutti i
movimenti, è così anche per i rapporti umani, amichevoli, amorosi, di lavoro.
-Scusa, non ho capito- vedi, forse non hai capito tu-
non ci siamo capiti- non abbiamo capito un ca..o!
E’ per tutti così però è stato bello provarci e non avere il
languore, la nostalgia il rammarico di non aver combattuto, di non aver
litigato, di non aver amato, di non aver potuto mai dire le proprie ragioni.
Gianni, nel darmi il suo primo libro in mano, ha aggiunto:- Hai sempre scritto bene, hai
sempre parlato bene. Poi ti ricordi? ci facevi la testa così col femminismo!-
Io?
Ero io quella donna che Gianni mi riportava? Io non ricordo
o vagamente. Inghiottita nel passato e
dopo che ho fatto? Non ricordo.
Si fa così un
percorso indietro. ”A ritroso” Huysmans.
Le citazioni mi
vengono da sole, non le cerco, mi vengono come alle altre donne o uomini vengono in mente fatti e rifatti di
ogni pettegolezzo cittadino.
Io invece unisco e
collego libri, film, canzoni. A volte
sono quasi irritante, non lo faccio
apposta, mi viene naturale.
La mia città allora
e dopo. La lottizzazione di Magolà, il restauro di via Garibaldi, le
manifestazioni operaie sul corso Numistrano.
La nostra città,
protagonista nel libro, la città che vive e si trasforma, le gru che alzano
palazzi, il verde che non c’è più.
Selvaggia, incontrollata,
l’edilizia cancellò il giardino della chiesa di Santa Maria Maggiore, il
palazzotto dove ora c’è l’ufficio del lavoro, la profumeria Valentino.
La nostra città che non c’è più. Perché... Todo cambia… D’accordo!
Qui il cambiamento è
stato fatto senza educazione, senza rispetto dei luoghi.
Ed i protagonisti del libro, gli uomini cambiano nello
stesso modo.
Sembrano bravi
ragazzi, sembrano innocui, rispettosi, e poi lo scempio. Di tutto. Di tutti. Innocenti. Non c’è violenza in quella
coppia a tre. Solo sguardi. Non ci sono allusioni, solo pensieri.
Ma è più letale
pensare e non fare che fare e non pensarci più.
Tutto quel che non avviene eppur distrugge.
Lo specchio illusorio
confonde, disorienta, ubriaca. Presi al laccio i protagonisti maschili
scompaiono. La donna dovrà elaborare il panico.
I personaggi sono volutamente semplici, banali come è banale
la vita di ogni giorno.
Sono proprio così, penso,
alcuni ceti sociali della media piccola borghesia.
IL mondo della piccineria, delle piccole cose, alla Goldoni,
della noia della villeggiatura.
Vite senza spessore rincorrendo
facili guadagni, la barca senza la passione del mare, l’orologio da venticinquemila euro, l’ultimo modello di
automobile, di scarpe
. -Ceniamo da P? Stasera,
domani, ma sì! -Che bello questo vestito!
E’ di Prada?-
Vanno a sentire musica ma non amano un genere musicale, forse
si, Gianni Morandi, Massimo Ranieri – Bravi, per carità-.
Vanno a sentire le
conferenze perché – Sai… siamo sponsor-.
Vanno, chissà dove
vanno! E poi come Gino la fanno franca, spariscono, stanno sempre dalla parte
vincente . E lasciano i cocci.
Ernesto muore. Povero Ernesto. Che pena mi fa! Gino è una
lumaca, lumaca fino alla fine, non si vive ai margini di una coppia, non si beve
senza sporcare le labbra, non si guarda
e si è innocenti.
E seppur donna non capisco lei che nel benessere non riesce
a recuperare i suoi studi, come anestetizzata dal ruolo, in un gioco di
specchi fra due uomini in sfida.
Io l’ho vista così, per
ora, senza nemmeno il sollievo che il bravo psicologo sia riuscito a guarirla
dal panico. Sono rimasta lì smarrita davanti alla malattia di Ernesto, alla sua
morte, ad affetti cancellati, ad una bimba senza il papà, ad una donna senza il
suo uomo. Chi darà loro più quel che hanno
perso?
Ed ho capito che
questo libro è una tragedia greca solo che al posto del deus ex machina ora abbiamo
la tripla dissociazione! Voglio finire
scherzosamente. Non me ne volere! E’
stato bello leggerti.
Il cuore in gola-seconda parte alla rilettura
Ora non siamo nell’antica
Grecia! Tutte ‘ste tragedie! Non ne possiamo più.
Ora le discipline psicologiche sono attrezzate. Tecniche
diverse si attivano per lenire il
disagio, il dolore di non essere riconosciuti, di non avere una identità, di
essere un nulla, un niente, solo una pedina sullo scacchiere della vita.
Tutto si cura ed è
una cura fatta con la parola. Una parola
per riprendere il cammino. Una parola condivisa perché anche lo psicologo ha
bisogno di parole, ha le sue incertezze, i suoi dubbi, i suoi momenti no.
Non ci sono farmaci
per il malessere dell’anima, non ci sono ricoveri, ma respiri, attenzione, fiducia. L’attacco di
panico è solo la spia del disagio, ci inchioda nell’incapacità di reagire, ci
inchioda per paura che poi liberi possiamo correre. Correre lontano dalla
noi stessa che non piace più.
Una bella corsa, ma non lo sapremo fino a quando non
proveremo
Lo psicologo termina di raccontare la storia dicendo:- Ci
sono dei momenti in cui la vita impone
dei cambiamenti e se non siamo pronti il nostro corpo reagisce ammalandosi-
Comincia il folle giro dei medici di famiglia, dello specialista, dello
psichiatra, non me ne vogliano gli amici, ma ho sentito troppi psichiatri dare
facilmente farmaci terribili per situazioni non patologiche, ho visto troppe persone private della loro
individualità per una goccetta di troppo.
Non esistono farmaci
per la felicità! Le minacce del mondo esterno sono create dalla nostra
conoscenza, lo diceva anche Platone, l’uomo guarda le ombre riflesse nella caverna e pensa che sia tutto
lì .Così facendo si rimane intrappolati nello stesso pensiero e per anticipare
la sofferenza tutti ci avvitiamo in un
gorgo che col tempo ci trascina alla disperazione e alla depressione. Non se ne
può veramente più!
Ragazzi nel momento più bello, donne giovani alle prime
delusioni amorose, cinquantenni
impauriti dalla defaillance, donne mature abbandonate alle cure della casa e con
i figli ormai lontani.
Tutti soffrono. Tutti prendono il Prozac, un po’ di Control,
gli uomini una pillolina blu e tutto va. Ma dove va? Nel panico, appunto!
Aiuto!
Dobbiamo andare dallo psicologo che ora in un luogo aranciato, solare, verde muschio, ci ascolta con attenzione, donandoci quello
specchio che ostinatamente ci viene negato.
Così nel vedere la nostra immagine riflessa e nel sentire le
nostre stesse parole, ma sì, insomma, tanto male non siamo, anzi a dir la verità, siamo
proprio in gamba, capaci, forti. Consapevoli che la vita è una, che noi ci
siamo e che tutto ci appartiene.
E nel ridare a Gianni
in mano lo specchio che gentilmente ha sempre porto,nel ridare a lui la
possibilità di rivedersi in noi, c’è tutta la verità delle nostre relazioni.
Noi siamo gli altri, noi esistiamo se ci sono gli altri, noi amiamo per essere
amati, per vivere insieme una realtà
vera e non virtuale.
Vedrai com’è bello
vivere con piacere in mondo di sogno
tutta luce e libertà!
Vero, Gianni?
Con affetto
Ippolita
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