domenica 2 settembre 2012

La favola della gabbietta-terza puntata



Il cittadino, ma tutti con lui, ormai cominciarono a non vivere più, ma no, ma che dico? A vivere una vita straordinaria.
Nell’altrove!
Ridevano sempre, parlavano da soli, guardavano il sedile della loro automobile e prendevano per mano l’immaginario incontrato laggiù, nella stanza fatata dove il loro nick pigiava e pigiava.
Chissà chi aveva incontrato stamane! Chissà che cosa era successo su quello schermo tanto intrigante, tanto volubile, tanto cangiante.
Parlavano intanto i cittadini nella loro mente, per giorni e giorni, con l’altro da loro, uguale preciso, identico e solo, una vera affinità, due anime gemelle.
Magari non erano sempre le stesse, tutto mutava al sorger del sole, tutto veloce tornava a rinascere al tramontar del sole.
Ma, mentre in quella stanza il piccolo si dava tanto da fare, la realtà  si polverizzava, uomini adulti lasciavano le mogli e donne incazzate cercavano altrove, nel gioco degli incontri e degli scontri, del togli uno e metti un po’ quello, restando alla fine scornate e deluse dell’ennesimo giro in una giostra infernale.
Tutti oramai non vivevano più o vivevano troppo, prendendo per vero quello che faceva quell’esserino che  stava con loro.
Urgeva trovare di corsa un rimedio.
Chi aveva per primo inventato il gioco non aveva pensato alle conseguenze, voleva distrarre, voleva ingannare, ma leggermente per un solo momento, voleva soltanto vendere un sogno, un tanto al tempo, con la durata, convinto che poi chiunque avrebbe potuto svegliarsi di colpo e senza pretese.
Ma i sogni sono pericolosi, sono più disturbanti di una realtà, i sogni ti portano sempre per mano e non ti lasciano andare di là
I sogni ci nutrono e ci danno lo slancio per dismettere un vivere  che non piace più
Così in quella città una grande malia invase le case, un girovagare per un aldilà che  portava tutti di qua e di là
Il rimedio, il rimedio, ma quale?
Dove trovare una risposta ad una domanda così impellente, così urgente?
Decisero dunque di rivolgersi tutti a quell’esserino che intanto pigiava




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