domenica 3 marzo 2024

Stefania Nardini L'ultimo treno da Kiev Les Flâneurs Edizioni


 Stefania Nardini candidata al Premio Strega per L'ultimo treno da Kiev, credo sia questa la notizia più interessante nelle candidature al Premio Strega nel 2024. Non perché non vi siano moltissime proposte valide ma per l'inusualità del tema.                                                       Un romanzo civile, lo chiamo io, questo di Stefania Nardini, giornalista pubblicista dal 1980, che ha lavorato per il quotidiano «Paese Sera» e il settimanale «L'Europeo».     Poi da giornalista professionista  per il giornale, «Il Mattino», si è occupata di inchieste nelle terre di camorra e di temi sociali. 

Stefania Nardini in questo suo romanzo, scritto in prima persona,  narra la vicenda di una badante ucraina, nel suo paese insegnante di lettere non più pagata da tempo dallo Stato per le vicende storiche del post comunismo. Nel disfacimento dell'impero russo e dopo il crollo del muro di Berlino vedremo arrivare in Italia moltissime donne, soprattutto donne, per cercare un lavoro e una paga che per quanto misera a volte era sempre con maggiore valore di quella percepita o non percepita affatto nel loro paese. 

Irina arriva in Italia da clandestina, e la sua fortuna sarà incontrare Rosa, una giornalista che sarà la sua datrice di lavoro, ed in Rosa quasi io ho immaginato di vedere Stefania a raccogliere la testimonianza di Irina. 

Un romanzo verità. Leggo accanto a mia madre, allora in vita, leggo accanto alla gentile Rodrica che le fa compagnia ogni pomeriggio, e Rodrica, mi ascolta raccontare le vicende di Irina e le mescola con le sue. Hanno lasciato entrambe la loro casa, entrambe hanno lasciato una figlia, e hanno affrontato l'incerto per garantire un futuro certo alle loro figlie. Irina va a Kiev da una agenzia che si occupa di organizzare questi viaggi in Italia ma ben presto si accorgerà di quanto siano imbrogliate e trattate come merce dai componenti di queste organizzazioni mafiose.

Rodrica mi racconta storie orribili, mi racconta di solitudine assoluta in un paese senza conoscere la lingua, in un albergo recluse, lei e le  altre, senza poter bere un caffè, senza poter scendere al bar, in attesa di chi le avrebbe poi portate dove avrebbero lavorato. 

Una storia traumatizzante, una storia che lascia queste donne ferite per sempre, ricordo perfettamente le parole di Rodrica dirmi:- Dopo aver attraversato tutto questo non sono più quella che ero prima. - ed in effetti non si può, anche se lei poi ha incontrato un uomo buonissimo, si è sposata, ma il trauma ha portato una trasformazione irreversibile. 

Capiranno dunque i giurati del Premio Strega di non avere il solito romanzo che racconta una malattia individuale per quanto dolorosa  ma una malattia storica che riguarda tutti su come la storia universale trasforma e sconvolge i destini dei singoli? 

Vorrei riportare la motivazione di Gianni Maritati a proporre il libro: "Con uno stile aderente alla crudezza della realtà raccontata, il romanzo ricostruisce in modo doloroso la fuga di tante donne ucraine dalla fame e dalla guerra. Con gli occhi di Irina, la protagonista costretta a lasciare il suo Paese per cercare in Italia un nuovo futuro insieme a sua figlia, possiamo vedere le piaghe dell’immigrazione clandestina, lo strapotere delle mafie, le scosse terribili dello sradicamento culturale. Un viaggio, quello di Irina, verso la libertà e l’emancipazione. I personaggi sono memorabili. Da sottolineare la partecipazione affettuosa ma mai invadente dell’autrice a un grande dramma del nostro tempo."

Intanto il libro sta qui nel Regno della Litweb con gli auguri più cari e con il desiderio di vederlo come libro utile per conoscere questi anni così grevi che dalla caduta del muro di Berlino continuarono a cadere nell'abiezione più profonda di guerre senza fine.         Nell'anno di Gaza, del genocidio di un popolo, L'ultimo treno da Kiev è la storia che si fa nei nostri destini. 

Ippolita Luzzo      

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