venerdì 31 gennaio 2020

Vladimir Di Prima: Avaria



Intervista a Vladimir Di Prima
"Il 12 novembre del 1990 moriva mio nonno, Francesco Di Prima. Ventinove anni dopo nasce questo. I numeri vorranno pur dire qualcosa...



Da gennaio 2020 in tutte le librerie."


“È questa la vita che mi puoi dare?” Cercando una risposta inseguo Vladimir Di Prima in Sicilia fin sull'Etna noncurante dei presagi nei tarocchi.
La generazione dei quarantenni alla riscossa: Chiedersi se è proprio questa la vita che tu puoi darmi.
Vladimir Di Prima è autore di Avaria, libro di un sopravvissuto, di uno scampato ad un incidente aereo per aver deciso di seguire una voce. Il protagonista si salva e rincorre rive sconosciute, voci sconosciute. Il libro esce il trenta gennaio in libreria, ma noi vogliamo sentire Vladimir proprio ora, che un altro incidente aereo in Iran ci ha così sconvolto.
Conosco Vladimir Di Prima a Zafferana Etnea al Premio Brancati di qualche anno fa, invitata a far parte della giuria dal Direttore Artistico del Premio lo scrittore e giornalista Raffaele Mangano.

Mi trovo quella sera allo stesso tavolo con Giulia Caminito e Vladimir Di Prima, nonché con Renzo Paris che, nel corso della serata, mi aveva fatto un complimento per me bellissimo. Mi aveva detto che il mio modo di fare, di divertirmi con i dettagli, gli ricordavano la stessa ironia e lo stesso modo di divertirsi che aveva Dario Bellezza. Da allora io ho conservato gelosamente questa perla. La serata fu stupenda e sono rimasta legatissima a tutti loro. Vladimir presentava un suo video contro la violenza sulle donne e il tema voluto proprio da Raffaele Mangano era contro il femminicidio. Da allora ad ora Vladimir ha prodotto altri video e scritto romanzi e ora arriva questo Avaria pubblicato da A&B in accordo con l’agenzia letteraria Stradescritte. È così Vladimir?


Vladimir Di Prima: Non potevi dire meglio! 

Ippolita Luzzo: Da Avaria “Sin da ragazzino aveva temuto di precipitare con un aereo; per alcuni anni era stato addirittura il suo sogno ricorrente, solo che nel sogno lui non c’era mai a bordo: lo vedeva prendere quota con qualche difficoltà. Un’avaria improvvisa. A un certo punto l’aereo andava in stallo e precipitava nella campagna di suo zio Epifanio. Poco dopo l’esplosione si svegliava terrorizzato”. Leggo il libro di Vladimir con negli occhi i resti di un aereo distrutto in Iran e sembra che la cronaca si insinui nel libro dove lo stesso disastro fa morire tutti i passeggeri tranne uno, Morando, sceso dall’aereo prima che esso decollasse. Il protagonista si salva per aver seguito una voce e continuerà a cercare quella voce per tutto il libro. Cosa cerca Morando? Davvero così difficile è trovare una motivazione per vivere per un quarantenne oggi?  

Vladimir Di Prima: Morando è un inetto moderno e nella sua inettitudine cerca una risposta all'abbandono improvviso di Romina. Privo di stimoli, confuso da un frainteso mito del successo così come nell'ultimo trentennio ha imposto una certa “didattica” televisiva, egli sconta una drammatica inerzia e solo per caso si ritrova a essere un sopravvissuto.
Ippolita Luzzo: Una storia d’amore troncata bruscamente è il filo conduttore del racconto. Il protagonista aveva ricevuto un solo sì proprio da Romina “La vita, quella cosa piatta e lineare in seno alla concezione di Morando, lo aveva abituato a ricevere troppi “No” ... il suo carattere, già di per sé orientato a un pessimismo di matrice isolana, si era lentamente modellato ai solchi del rifiuto.” Si trovano davvero davanti a un muro di no i quarantenni oggi? I giornalisti, oggi? Morando è un giornalista o almeno vorrebbe fare il giornalista eppure non riesce…
Vladimir Di Prima: I quarantenni di oggi sono quelli che più hanno subito il concetto di privazione del futuro. Una generazione abbandonata al caso e all’espediente, figlia dell'improvvisazione. I "no" che arrivano sono dunque una logica conseguenza. Il personaggio, Morando Carcò, sogna ancora di diventare un grande corrispondente per le maggiori testate nazionali, ma sconta l’incapacità di uscire dal sottobosco della provincia che col tempo inghiotte e frantuma ogni tipo di ambizione.

Ippolita Luzzo: quanto è difficile oggi farsi conoscere nel mondo dell’editoria?
Vladimir Di Prima: Credo che in generale ci sia una gran confusione dettata dalle leggi del mercato. Oggi si va più alla ricerca del personaggio che all’autore di qualità. Tuttavia ritengo che ogni epoca abbia le sue difficoltà e i suoi paradossi. All’inizio del secolo scorso erano in pochi a saper leggere e scrivere, di conseguenza i lettori erano davvero pochi. Oggi i lettori rimangono ugualmente pochi benché tutti sappiano leggere e scrivere; sembrerebbe strano, ma non lo è affatto. Il mondo dell’editoria poi, a bassi livelli, è pervaso da gente improvvisata che non ha nulla a che vedere con la sacralità di un libro: mi riferisco a quegli editori che chiedono contributi per la pubblicazione di un testo e a quegli scriventi che pur di soddisfare un misero impulso dell’anima, chiamiamolo velleità, si piegano al balordo sistema dell’editoria a pagamento. Per mia fortuna ho sempre avuto a che fare con editori sì piccoli, ma estremamente raffinati, seri e intellettualmente onesti.

Ippolita Luzzo: Conosco l’asfittico spazio concesso alla piccola e media editoria eppure queste difficoltà che mi hanno spinto, come dice Laborit nell’Elogio della fuga, verso rive insospettabili, non conosciute, verso un regno della Litweb che intercetta i bravi per davvero, direbbe Emanuele Pettener. "Quando non può lottare contro il vento e il mare per seguire la sua rotta, il veliero ha due possibilità: l'andatura di cappa che lo fa andare alla deriva, e la fuga davanti alla tempesta con il mare in poppa e un minimo di tela. La fuga permette di scoprire rive sconosciute che spuntano all'orizzonte delle acque tornate calme”
E ricordiamo il tuo recente video creato a dicembre 2019 con Francesco De Luca, voce e autore dei versi, un canto alla generazione dei quarantenni, dal titolo 1979 (Scritta a Roma, il 28 Maggio 2019, in onore del Roman Poetry Festival e di Castelporziano)
“Sono nato nel Millenovecentosettantanove
quando è crollato un sogno
ma ancora vado chiedendo
Che Paese sarà mai l'Italia senza la Poesia?
E chiediamo insieme se sia questa la vita che puoi darmi…

Ippolita Luzzo qui con Bitetto, Ferraloro, Cerri e Di Prima, in affettuosa compagnia 


mercoledì 22 gennaio 2020

La multa ai parcheggi gestiti dalle società private a Lamezia Terme

Oggi parcheggio sulle strisce blu e come sempre pago la sosta autorizzata. Questa mattina pago fino alle 10,07 convinta di sbrigarmi e invece mi attardo fino alle 10,35. Trovo la multa in quanto ho violato l'articolo 7, che disciplina la sosta dei veicoli in area a pagamento. Vedo la splendida addetta che mi ha fatto una onerosa multa e mi offro di pagare subito la sosta in più, senza ovviamente dover pagare multa, scusandomi del contrattempo. Ma lei è dipendente privata, lei ha fatto una multa incancellabile, lei è qui, per la strada, solo per certificare l'errore, la sosta in più. Mi prende lo sconforto e la rabbia, scomposta reagisco al vedere gli umani diventati robot, butto all'aria la multa e poi la raccolgo e vado alla Polizia Municipale. 
Qui mi dicono che alcuni comuni hanno fatto ordinanza proprio per impedire che vengano fatte multe a chi ritarda in una sosta di qualche minuto, una tolleranza di mezz'ora o più a seconda le circostanze, ma il comune di Lamezia non ha fatto questa ordinanza e quindi la ditta privata ha il permesso di fare multe se qualcuno ritarda anche e solo di dieci minuti. 
Incrocio perfetto di pubblico e privato che non va incontro ai cittadini ma preferisce andare alla multa. E multa sia 
Pago la multa e a mia volta multo un servizio  pubblico e privato insensibile.

giovedì 9 gennaio 2020

Ceniamo insieme

“E poi le belle amiche...
Ritorni dopo una vita al paese natio ed una sera, così, senti una tipa che legge "io non sono una donna del sud"....
All'inizio ho pensato, fosse una matta, una di quelle che va in giro a rompere le palle ai tranquilli cittadini che sentono Chopin nei loro salotti, leggendo Stendhal, poi...
Me ne sono subito innamorata, Ippolita Luzzo la Regina della Litweb.
E stasera, una cena nata senza accordarci prima, una cena semplice e perfetta, senza i famosi pipponi, a cosa sei allergica, ma cosa non puoi o cosa puoi mangiare...ti va? Andiamo.
Stasera ho avuto il grande onore di visitare il castello della regina.
C'ero già stata da lei, ma stasera ho visitato tutto il castello, fin sulla torre merlata da cui si vedono le stelle ed il mare.
Anche il boudoir colorato ed allegro della regina, accanto alla sua camera da letto in stile semplice ciliegiosità dei legni pregiati e libri ovunque, sui comodini, sul comò, perfino la libreria a fronte letto ed una pila d'essi sul pavimento.
Giusto come mi immaginavo le vestigia del maniero.
Allora, Evviva evviva e lunga vita mia cara Ippolitina.
Ah....
Buonanotte❤.                                                                                                                                                Io Rispondo a Daniela ricordando Daniela: Mi sembra bellissimo “Dopo una vita di onorato silenzio” poter “Dirlo a tutti per non dirlo a nessuno” Pezzi di noi in “Immaginare è sopravvivere”. Rispondo a lei che una sera mi ha detto:- Incontro troppe Daniele da quando sono tornata da Roma. Qui- Forse è un nome molto amato. Come Dino Campana, come leggere, come conservare ogni testo di giorni e giorni. In quel comizio di molti anni fa, su quei cavalletti trasformati in tavole lunghissime dove arrivavano enormi insalate di pomodori, in quelle estati che non conosco, su tutto l’arte, Roma bellissima, il lungotevere amato appoggiandosi ad un parapetto. Guardarlo scorrere. Ed il fiume era in cucina. Scorreva e luccicava il Tevere, con la camminata di Natale Proto, grande amante della vita, della conoscenza, della bellezza, lui stesso bellissimo, lui stesso arte vivente. Camminava Natale Proto, è passato spiegandoci come si deve capire un quadro, le dimensioni e la prospettiva, l’intensità della pennellata. Il dolore di Van Gogh. E c’era anche Van Gogh alla nostra tavola. Una tavola affollata e affettuosissima “con il sole e la notte” con la straordinaria storia d’amore fra Liliana e Vittorino. Camminano sul
Corso Numistrano come si usava allora, negli anni settanta, che ci sono stati, è vero che ci sono stati? La nostra serata finisce così da domani chi lo sa... faceva una canzone di allora, intanto ora la conservo in un pezzo

mercoledì 1 gennaio 2020

Io speriamo che me la cavo Discorso di Capodanno 2020

Mi viene così nel salutare mio figlio che mi augura un dolcissimo Buon Anno, mi viene questa frase rivolta un po' a tutti noi, un io noi, noi speriamo di cavarcela, e corro subito sui tasti a ricordare quel libro del maestro Marcello D'Orta, quei temi dei ragazzi di una scuola elementare di Arzano del 1990.
Sono passati trent'anni da Io speriamo che me la cavo. 
Trent'anni compirà mio figlio a Marzo, giorno otto marzo, sessanta sono gli anni di mia sorella, settanta di mio fratello, ottanta di mio zio. 
A dieci a dieci. 
"Io speriamo che me la cavo" è l'augurio a tutti noi che abitiamo un corpo problematico, che aspettiamo biopsia, che stiamo facendo chemioterapia, che tagliamo e togliamo pezzi del corpo pur di cavarcela una volta di più. 
L'anno che è andato via è stato un "Annus horribilis", come disse una volta la regina Elisabetta, e come scrisse Giorgio Bocca nel 2010, parlando del 2009. 
Bocca si riferiva ad una deriva politica che ci riguarda tutti e che mi auguro possa un giorno arrestarsi, io invece più semplicemente rimango ferma sui rapporti fra noi e il nostro corpo, fra noi e il nostro umore, fra noi e lo slancio che va via, l'entusiasmo che va via, la difficile arte del vivere che va via. 
Io speriamo che me la cavo, ora al sole e al vento del mare di Gizzeria, dove una banchina sepolta dalla sabbia da almeno quarant'anni è stata ridata al ricordo di chi ricorda un tempo in cui i lidi erano di legno e si arrivava in mare con le 850 Fiat in dieci in auto, senza prendere la multa. 
Io speriamo che me la cavo all'alba livida di un divenire, di una cifra tonda che possa togliere la sabbia, che possa ridarci ancora il cerchio di ogni cosa.
Il tondo del numero zero, inizio e fine. Trovare il cerchio delle cose, Platone considerava il cerchio come la figura geometrica perfetta per il Buddismo Zen il cerchio significa illuminazione.
Noi speriamo semplicemente di cavarcela come quel bimbo del novanta.
Dal Regno della Litweb un buon anno con Laure Cambau in La ragazza dipinta di blu, perché si userà il blu quest'anno: 
"Dopo di me metti il GPS per domani 
dopo me per concludere
metti il GPS"
"Tra sogno e fumo
tra vapore e chimera
un sogno al riparo del sogno
dopo di me metti il GPS"
"aspettando la consegna del miracolo"
"Il diario della ragazza dipinta di blu" circolare 

Ippolita Luzzo