"Marisa Salabelle è una delle animatrici della libreria indipendente Les Bouquinistes di Pistoia" così leggo nel risvolto di copertina, ma io non ho bisogno di leggerlo amando da anni quella libreria e i suoi animatori, amando da anni quelle splendide locandine con cui vengono informati i lettori degli eventi. Come se io ne facessi parte, condividendo anche il dolore per la scomparsa di Sergio Salabelle amatissimo.
L'ultimo dei Santi mi giunge a Luglio, un mese esatto oggi, e mi ritrovo a conservare la suggestione della lettura amando il racconto come se fosse una persona.
Un racconto su un luogo, gli Appennini, sui paesini dell'Appennino, sugli abitanti. Su un giornalista, su degli incidenti che si riveleranno degli omicidi, sulla morte dei fratelli Santi.
Tutti hanno segreti, anche il giornalista: "Presto la bomba sarebbe scoppiata, ormai lui se la sentiva granire, e non aveva un piano, se non quello di temporeggiare il più possibile." Ed eccoci anche noi nel racconto a Tetti, il luogo da dove e per dove si arriva e si parte e si svolgono i fatti.
"Subito dopo la guerra Tetti avrà avuto quanto, cinquecento abitanti. Più altri cento sparsi per le varie borgate. In piazza c’era la bottega di alimentari, che vendeva tutti i generi necessari, la pasta sfusa, che si prendeva con un paletta e si metteva in un foglio di carta gialla, la farina, il riso, lo zucchero, che invece la carta ce l’aveva azzurra e nessuno sapeva perché, e il sapone in polvere, le saponette Palmolive, il sale e le sigarette, che la bottega aveva l’insegna dei Sali e Tabacchi." Tutto il resto, frutta, verdura, uova, veniva prodotto dagli abitanti, tutti avevano le galline e tutti si facevano il pane in casa anche se uno aprirà un forno e molti trovarono comodo comprarlo. Subito dopo la guerra stiamo parlando di più di settanta anni fa. Nulla sembra più come allora tranne forse le saponette Palmolive che hanno potere nel bagno di mia madre da sempre. "Per le scarpe dovevi andare a Porretta." C’era il bar trattoria, la scuola elementare aveva due classi, e infine fu chiusa negli anni settanta perché non c’erano più bambini in paese. Ma ora bisogna fare una mostra sulla storia di Tetti, con pannelli degli ultimi cinquanta anni e con le fotografie degli abitanti. Così ognuno aveva cercato e trovato vecchie foto e tutti si raccontavano gli episodi dimenticati mostrando le persone morte o andate via.
Cara Marisa, io credo invece che della nostra epoca non resterà proprio nulla perché un profilo non è una scatola di cartone ma un evanescente luogo web di cui non siamo proprietari.
"Tutti mettevano le mani dentro la scatola e tiravano fuori le foto, c’erano i genitori di Teresa, il giorno del matrimonio...Tutti si meravigliavano e si passavano le foto l’un l’altro, commentando, neanche non l’avessero mai viste" Siamo già all'inizio della storia.
Leggere è viaggiare. Sono andata a Tetti, Casaccia, Fossalta, con Marisa Salabelle in giro sull’Appennino. Vi invito ad andare a Strapiombo... quattro chilometri in macchina, poi si deve entrare nel bosco... ci vorrà una mezzoretta di cammino, come minimo. Andate a trovare gli Elfi. Io vado ora
Così scrivo con ancora l'amore per una scrittura affettuosa, per un modo di descrivere luoghi e persone che sento familiari, con una vera partecipazione ai fatti e all'inesorabile cambiamento che questi tempi senz'anima stanno portando nei paesi e nelle famiglie.
Credo di essere fortunata nel Regno della Litweb di poter accogliere e parlare, di poter conoscere libri veri, racconti come questo, al quale auguro di raggiungere tutte le librerie, dalle Alpi agli Appennini, comprese le isole.
Un grande applauso dal Regno della Litweb ed un triplice evviva per Marisa.
Ippolita Luzzo
RispondiEliminaQuesto romanzo è intrigante fin dal titolo: chi sono questi santi?
L'inizio spazza questo dubbio, ma non altri: nella piazza di un paesino irrompe la notizia della morte dell'ultimo dei tre fratelli Santi. Comincia così questo giallo, con le indagini che si allargano alle morti apparentemente accidentali degli altri due fratelli.
Tutta da gustare la descrizione del paesino, collocato sull'Appennino toscano: i tetti di ardesia, il borgo principale intorno alla piazzetta , le stradine strette, i borghetti arrampicati nel monte nei dintorni. Delineata con cura la storia del paese, che è la stessa di tanti analoghi piccoli paesi dell'Appennino: la vita dell'anteguerra con le sue fitte relazioni e poi lo spopolamento, che inizia negli anni '50, quando i paesani cominciano ad andarsene per lavoro o per studio e prosegue fino a quel 1999, anno in cui si svolgono i fatti, nella prospettiva di un incerto futuro.
Abile l'intreccio della storia , con le indagini che si aprono in tutte le direzioni,svolte ufficialmente dal maresciallo dei carabinieri e non ufficialmente da un giovane giornalista.
Molta l'attenzione per la varietà del tessuto sociale, pur nel microcosmo del paesino di Tetti. In particolare possiamo trovare, tra le righe della storia, un'attenta analisi della “famiglia”, declinata in una molteplicità di aspetti.
Davvero piacevole la lettura, grazie ad un linguaggio ben aderente alle cose, con frequenti mimesi del parlato. L'attenta autrice sparge qua e là espressioni della parlata locale (O come siete uggioso, babbo; la su' sorella; la mi' figliola; Qui c'è pace e aria bona; Bischero che 'un tu sei altro; Codesto e 'un ci credo (espressioni queste ultime che farebbero riconoscere un toscano in qualsiasi altro luogo della dorsale appenninica e nell'Italia tutta). Emerge la coralità del racconto nel “chiacchiericcio” del paese, che ha anche una sua precisa funzione logistica di ricostruire fatti del passato.
Delineati con cura i personaggi: gli investigatori i morti ammazzati, i paesani.
Potrei insistere a raccontare più particolari, ma, insomma : leggetelo!!! Vi piacerà, come è piaciuto a me.
I
Leggo ora questo commento... praticamente una seconda recensione! Grazie Maria Elena, grazie Ippolita, per aver speso tante belle parole per me!
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