Saranno state cinque o sei volte che Antonio Padellaro è venuto a Lamezia e tutte le volte con grande partecipazione di pubblico. D'altronde lui esordisce così stasera " di esser venuto per ascoltare i lettori, per aver quel contatto con i lettori che manca perché il lavoro del giornalista è stare chiuso in una redazione e sono poche le occasioni di stare con loro."
Tavella, proprietario della libreria che lo ospita, presenta il libro del giornalista " Il Fatto Personale" sottotitolato Giornalisti Rimorsi Vendette, come un libro in cui la fine si specchia nel suo inizio, e il suo autore un giornalista con lo stato d'animo di un sopravvissuto a tanti avvenimenti.
"Un testimone dietro le quinte di quaranta anni di cronaca politica, un io c'ero, un raccontare con un filo che riesca a legare tanti episodi ed il filo è un paese che non cambia mai."
Padellaro non citò il Gattopardo ma è lì che pensammo.
Interrogato da Giandomenico Crapis Antonio Padellaro rispose sui punti fermi del suo vedere il problema italiano. Una continua ripetizione di fatti. Urge quindi uscire dalla ripetitività in politica, che da Craxi a Renzi passando per Berlusconi vede i partiti ormai personificati nel loro condottiero, nel loro leader, nella mutazione antropologica che dal Psi arrivò a Forza Italia ed ora al PD.
Il libro è però anche una autobiografia che fa i conti con i suoi inizi, con la sua potente e influente famiglia, con il suo papà che lo aiutò malgrado vedesse nel figlio nascere ideologia diversa dalla sua. Questa una grande lezione di rispetto, molto rara.
Continua così a scorrere gli anni da quando, a venti anni, va a fare il sostituto all'Ansa, per prova, sotto Sergio Lepri direttore, a quando passò al Corriere della Sera e fu mandato all'idroscalo per la morte di Pasolini.
A lui fra il caso e la curiosità capitarono dunque alcuni momenti topici. Resta fermo che vi sono fatti accantonati che stimolano l'interesse. Come fu l'inizio di ogni momento? come fu che Trump fece il primo milione?
Fatti accantonati.
Racconta e racconta quel suo soffrire alla redazione romana del Corriere della Sera per via della concorrenza con La Repubblica, racconta la direzione dell'Unità con Furio Colombo.
Una ferita per lui ora vedere come sia finita l'Unità.
Racconta quelle mattine a dover litigare con i politici al telefono, quell'interferire, quel premere contro i giornali che poi non porta bene, quelle aggressioni e punizioni, quelle minacce subite di veder tolti i fondi, nel caso dell'Unità.
Poi il desiderio di fondare un giornale senza padroni e l'incontro con Casaleggio, in quattro, lui, Marco Travaglio e Piero Gomez, e la profezia di Casaleggio al termine di un pranzo " Finirete nel lastrico. Dovete fare un giornale in rete e non cartaceo!"
Nella primavera del 2015 Antonio Padellaro lascia la direzione del Fatto Quotidiano a Marco Travaglio e rimane editorialista.
di questo stasera non si parlò.
Mi sarebbe piaciuto che la serata continuasse con il racconto della svolta del giornale su un momento difficile in cui tutto si confonde.
Lui certo finì con la parola "sentimento" nel senso che bisogna sentire quando è il momento di dire quella notizia, quando è il momento di rischiare, rispondendo al bisogno forte di essere veri.
Nel contatto con i lettori.
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