Rispondo così ad amico che mi sollecita un pensiero sui tanti e tanti che pubblicano e pubblicano in una bella frenesia chiamata libro. Anche io farei uguale se sapessi scrivere ma non so scrivere.
Ho strappato tutto quello che ho scritto fino al 2009, tutto.
Fogli, diario, lettere ricevute e qualsiasi cartaceo mi riguardasse.
Ho regalato tutti i libri posseduti al Sistema Bibliotecario di Lamezia, alle scuole, alle colleghe, senza nemmeno chiedere una targhetta.
Ho riscritto da allora su blog, siti letterari, in mail, su Tiscali, su portali, scrivendo scrivendo.
"Ma non so scrivere. Lo vedi anche tu" dico al mio amico.
Scrivo come parlo, come penso, senza disciplina, senza una grammatica.
Riconosco i limiti e già mi sembra di essere molto avanti.
Lo affermo senza nessuna umiltà. Seriamente.
Penso che oggi il libro faccia status, più di un tempo, anche se a scorrer le doglianze, Leopardi si lagnava che al suo tempo fosse uguale.
Tutti sono presi da questo bel desiderio di vedere il nome proprio stampato su una bella copertina, sentirsi autori o autrici, trovare il critico o il docente compiacente che li faccia sentire Tasso e far inchiostrare pagine e pagine di stampa locale inneggiante l'opera. Mi sembra di essere a teatro. magari un teatro dilettante, di amatori che fanno le prove a reggere il confronto con il mondo delle lettere, a volte a loro sconosciuto.
Sono però fautrice del libero scrivere in libero regno, basti che ognuno non si senta Dante. Comunque anche se si sentisse Dante ne sarei felice lo stesso.
Su me penso di essere una che usa la lettura per vivere e la scrittura come relazione. Mi sembra di essere riuscita a far l'uno e l'altro, mi occupo il tempo leggendo e faccio della scrittura un mio divertimento.
Che abbia chi mi legga mi sorprende e mi rallegra tanto quanto io sia contenta nel legger tutti coloro che scrivono davvero.
" Su me penso di essere una che
RispondiEliminausa la lettura per vivere e la
scrittura come relazione.
Mi sembra di essere riuscita
a far uno e l'altro, mi occupo
il tempo leggendo e faccio
della scrittura un mio divertimento.
Che abbia chi mi legga mi sorprende
e mi rallegra tanto quanto io sono
contenta nel legger tutti coloro
che scrivono davvero."
Lunga citazione, da eccepire la chiusa:
divertimento? Palazzeschi, insomma?
L'idea è che siano i lettori a godersi
la cosa, meglio che lo scrittore assuma
una filosofia stoica del mettere penna
(o del tastare).
vedi Barthes su piacere e godimento.
Caro Orazio, intanto correggo gli errori di grammatica che ho appena fatto. Passato il tempo in cui credevo nella scrittura come forma di giustizia, ho avuto anche quel periodo, passato il tempo in cui mi sembrava di essere nella legge del contrappasso, continuavo a dire di non essere una penna, poi ti spiegherò perché, ora sono nel momento del gioco. Un gioco serio, ma proprio gioco. Quello che in effetti è stato il gioco che ho scelto dall'infanzia. Mi rileggerò Barthes.
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