mercoledì 9 settembre 2015

Immaginare è sopravvivere


Il romanzo che non ho scritto

Sei andato via                               16 ottobre 2011
Mi volto e guardo il posto accanto a me, in macchina, perfettamente vuoto.
Comincio a raccontarti un  pensiero, un fatto e tu non ci sei.
Ti faccio la linguaccia nella speranza che tu mi spinga, mi sorrida, ma sento che sei andato via.
Meglio così, diresti tu, meglio così, dico anche io.
Era solo suggestione, pericolosa, mi dici tu, parlare con te come se tu fossi accanto, parlarti, scherzare, chiederti consiglio su ogni cosa, e mentre parlavo con uomini e donne, girarmi e vederti seduto di lato, nel mentre sorridi oppure fai segno di stare zitta, di non parlare, di aspettare.
Ma cosa è stato non so definirlo, tu dici il virtuale, mi dici che a tutti succede così, prendono per vero un sogno, un legame.
Ma io, lo sai, non ho mai sognato, io vivo di già  al di là del reale, non ho mai pensato se c’eri o non c’eri, per me  eri solo la possibilità di un vero reale parlare e parlare con un essere umano, vivente, non letterario, un uomo  diverso dai tanti avvocati, ingegneri, architetti che vedo ogni giorno  per necessità.
Avrei mai parlato ad un collega quaggiù?
Io penso di no, non l’ho fatto mai, per me gli uomini, i miei colleghi, alcuni erano  squallidi, senza  spessore, altri erano uomini grigi e spenti oppure boriosi e prepotenti.
Ad uno di questi io feci una nota, sul registro di classe, proprio come un alunno.
Lui urlò per un po’, disse che ero una pazza, che mai nessuno si era permesso, che io non potevo, ma poi i colleghi  ne furono felici, l’avevo  punito per tutti  e lui capì ed ora, dopo tanti anni, quando mi incontra mi saluta quasi con un inchino, è diventato un racconto, una leggenda, nella sua storia, nella mia storia.
Ad un altro scrissi una lettera di rimprovero, non ne potevo più, i ragazzi mi venivano dalla palestra sudati, bagnati, lo scrissi, dopo aver tanto parlato.
Ma poi sono buona, sono affettuosa e gli stessi colleghi, ai quali a volte urlavo gli orrori che loro facevano, che facevo anch'io, capivano e stavano zitti.
Mi apprezzavano, io ero diversa, arrivavo la prima, prima degli stessi bidelli, con libri, quaderni, fogli, giornali, cadevano i fogli e loro, mentre salivo in  classe, mi raggiungevano, mi porgevano  frasi, parole, pensieri che avevo lasciato  volare sulle scale.
Poi questo anno sei arrivato tu, uno scrittore, un uomo velato, un uomo fissato, peggio di me.
Ho sempre pensato, ma guarda che scrive! ed ho preso a scrivere, a scrivere, senza strappare, su  Paolo e Diana, i tuoi personaggi,  e sul loro viaggio a  Taormina.
E quando  a maggio ho ripreso a scrivere, volevo sapere se avevi finito un racconto iniziato, e quando a maggio  ho detto vediamo chi c’è aldilà del muro, dello schermo piatto, non mi sono delusa, perché lo sapevo, io lo sapevo che quel che era strano  non era il virtuale ma l’essere umano che pian piano svelavo.
Ho fatto di tutto, ho pensato di tutto, di tutto di più, ho trascorso un’estate in un romanzo, in tanti romanzi, ed ora, lo vedi? vado ad un convegno, proprio sul romanzo. Lo vedi?
Tutto ha un senso, niente si perde se tocca il nostro sentire più vero, tutto si perde se non ci interessa.
Ed anche se ora sei andato via, e per casa non posso più offrirti un caffè, posso però completare un romanzo, curare le bozze, leggere gli scritti che mi manderai, curare davvero una biografia, che per quanto riguarda noi soli, inevitabilmente riguarda noi tutti, prodotti di un 'epoca inquieta, indecente, di un'epoca stanca e in disfacimento.
Ma  quel che ci dà il rispetto e l’orgoglio del nostro  vissuto  è quel sentirsi diversi, diversi davvero, da un semplice atto  di sopravvivenza.


4 commenti:

  1. Brava, Ippolita. Un "pezzo" umano come non avrei mai immaginato che avresti scritto. Che affondi o meno le radici nella realtà del tuo esistere, non importa. Conta invece l'umanità che traspare e che, lasciamelo dire, commuove.

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  2. "Tutto ha un senso, niente si perde se tocca il nostro sentire più vero, tutto si perde se non ci interessa".
    Lascia segni anche ciò che si perde senza interessarci.
    Mancato risarcimento per il tempo sprecato.

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  3. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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  4. Cara Maria Teresa, commento doppio ora non più... non so veramente perché. Comunque leggere è quel che conta e dopo la lettura un pensiero amichevole è quel che piace.

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