Il romanzo che non ho scritto
Sei andato
via 16
ottobre 2011
Mi volto e
guardo il posto accanto a me, in macchina, perfettamente vuoto.
Comincio a
raccontarti un pensiero, un fatto e tu
non ci sei.
Ti faccio la linguaccia nella speranza che tu
mi spinga, mi sorrida, ma sento che sei andato via.
Meglio così,
diresti tu, meglio così, dico anche io.
Era solo
suggestione, pericolosa, mi dici tu, parlare con te come se tu fossi accanto,
parlarti, scherzare, chiederti consiglio su ogni cosa, e mentre parlavo con
uomini e donne, girarmi e vederti seduto di lato, nel mentre sorridi oppure fai
segno di stare zitta, di non parlare, di aspettare.
Ma cosa è
stato non so definirlo, tu dici il virtuale, mi dici che a tutti succede così,
prendono per vero un sogno, un legame.
Ma io, lo
sai, non ho mai sognato, io vivo di già
al di là del reale, non ho mai pensato se c’eri o non c’eri, per me eri solo la possibilità di un vero reale
parlare e parlare con un essere umano, vivente, non letterario, un uomo diverso dai tanti avvocati, ingegneri,
architetti che vedo ogni giorno per
necessità.
Avrei mai
parlato ad un collega quaggiù?
Io penso di
no, non l’ho fatto mai, per me gli uomini, i miei colleghi, alcuni erano squallidi, senza spessore, altri erano uomini grigi e spenti oppure
boriosi e prepotenti.
Ad uno di
questi io feci una nota, sul registro di classe, proprio come un alunno.
Lui urlò per
un po’, disse che ero una pazza, che mai nessuno si era permesso, che io non
potevo, ma poi i colleghi ne furono felici, l’avevo punito per tutti e lui capì ed ora, dopo tanti anni, quando mi
incontra mi saluta quasi con un inchino, è diventato un racconto, una leggenda,
nella sua storia, nella mia storia.
Ad un altro
scrissi una lettera di rimprovero, non ne potevo più, i ragazzi mi venivano
dalla palestra sudati, bagnati, lo scrissi, dopo aver tanto parlato.
Ma poi sono
buona, sono affettuosa e gli stessi colleghi, ai quali a volte urlavo gli orrori
che loro facevano, che facevo anch'io, capivano e stavano zitti.
Mi
apprezzavano, io ero diversa, arrivavo la prima, prima degli stessi bidelli,
con libri, quaderni, fogli, giornali, cadevano i fogli e loro, mentre salivo
in classe, mi raggiungevano, mi
porgevano frasi, parole, pensieri che
avevo lasciato volare sulle scale.
Poi questo
anno sei arrivato tu, uno scrittore, un uomo velato, un uomo fissato, peggio di
me.
Ho sempre
pensato, ma guarda che scrive! ed ho preso a scrivere, a scrivere, senza
strappare, su Paolo e Diana, i tuoi personaggi, e sul loro viaggio a Taormina.
E quando a maggio ho ripreso a scrivere, volevo sapere
se avevi finito un racconto iniziato, e quando a maggio ho detto vediamo chi c’è aldilà del muro,
dello schermo piatto, non mi sono delusa, perché lo sapevo, io lo sapevo che
quel che era strano non era il virtuale
ma l’essere umano che pian piano svelavo.
Ho fatto di
tutto, ho pensato di tutto, di tutto di più, ho trascorso un’estate in un
romanzo, in tanti romanzi, ed ora, lo vedi? vado ad un convegno, proprio sul
romanzo. Lo vedi?
Tutto ha un
senso, niente si perde se tocca il nostro sentire più vero, tutto si perde se
non ci interessa.
Ed anche se
ora sei andato via, e per casa non posso più offrirti un caffè, posso però
completare un romanzo, curare le bozze, leggere gli scritti che mi manderai, curare
davvero una biografia, che per quanto riguarda noi soli, inevitabilmente
riguarda noi tutti, prodotti di un 'epoca inquieta, indecente, di un'epoca
stanca e in disfacimento.
Ma quel che ci dà il rispetto e l’orgoglio del
nostro vissuto è quel sentirsi diversi, diversi davvero, da
un semplice atto di sopravvivenza.
Brava, Ippolita. Un "pezzo" umano come non avrei mai immaginato che avresti scritto. Che affondi o meno le radici nella realtà del tuo esistere, non importa. Conta invece l'umanità che traspare e che, lasciamelo dire, commuove.
RispondiElimina"Tutto ha un senso, niente si perde se tocca il nostro sentire più vero, tutto si perde se non ci interessa".
RispondiEliminaLascia segni anche ciò che si perde senza interessarci.
Mancato risarcimento per il tempo sprecato.
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RispondiEliminaCara Maria Teresa, commento doppio ora non più... non so veramente perché. Comunque leggere è quel che conta e dopo la lettura un pensiero amichevole è quel che piace.
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