Quando l’ora vacilla di luna- Teatro Franco Costabile
Ho scelto il libro di Francesco Antonio Caporale per affinità elettiva fra le arti.
Ho scelto il libro di Francesco Antonio Caporale per affinità elettiva fra le arti.
Viene così ad avere targa, sul teatro comunale Politeama, il
poeta Franco Costabile, il 15 Maggio del 2015
Il sole splende/ ancor/ su tanti mali/ ma non perderemo la
speranza/ di un bel domani
Il verso ingenuo e ragazzino di un alunno, Lionello Fiore
Melacrins, terza media, segnalato al Premio Costabile che per dieci anni si è
tenuto nella città, grazie alla donazione di un allievo di Franco Costabile.
Mirella Scuro, presidente dell’associazione intitolata al
poeta, mi fa vedere un libro che raccoglie tutti i vincitori del premio,
compreso il verso che ho appena trascritto, e mi racconta una bellissima
storia, quella fra il poeta e professore ad un Liceo di Roma ed un suo allievo, Silvio Cardellini, che ha finanziato per
undici anni il premio. Morto Cardellini, premio non più.
Finito tutto. Mi racconta anche le tante lungaggini, il
tanto disinteresse, il viver vacui che prende questo misero luogo afflitto da
campanilismo e cura del proprio. Un asfittico vivere, ricorda altra grande
poetessa Pina Majone Mauro, ed io capisco quanto tutto questo possa offendere.
Veder tutto finire dopo grandi slanci, dopo atti di generosità pura, come
quello di Cardellini, che solo per amore del suo insegnante volle donare…
Resta la targa stasera, una intitolazione ed un discorso,
una serata dedicata in suo nome, con alla fine i Dissidio, ottimo gruppo, il gesto e la musicalità, a chiudere un Pop Contest,
manifestazione che da qualche anno in nome del poeta si tiene.
Restano gli artisti: Francesco Antonio Caporale, sua la
mostra alcuni anni fa dedicata al poeta “ Quando l’ora vacilla di luna” una
serie di lavori onirici e surreali che amo moltissimo, che mi ripropongo sempre
di scriver su e poi lascio vagare davanti ai miei occhi, nel mare antico di una
adolescenza continua e di una solitudine molto affollata.
Una Transumanza di uomini, mi dice Fernando Cimorelli, mostrandomi
questi bianchi monaci medioevali che abbandonarono, come tutti gli artisti, il
vivere fatto di grazie prego tornerò, il vivere fatto di elezioni e voti, di
favori e ripicche, transumando, appunto, in un altro luogo. Nella fantasia.
Nella spiegazione che Cesare Perri mi dà del nostro tessuto
umano e urbano, composto dal sangue dei tanti mercenari, dei tanti soldati, dei tanti
predatori, che si sono avvicendati su questo territorio rugoso e di faglie, una contro l’altra armata, cerco una ragione a tanta cattiveria e a tanto disinteresse
verso il gesto naturale: Quello del donare, quello dell’amicizia, quello del
sorriso.
E la risata esce amarostica, quel gusto salato di cose
passate, nemmeno esce più, oppure è sempre la risata di Costabile che, nelle
sue passeggiate con Felice Mastroianni, rideva, fuori le righe, rideva con
risatina a volte sciocca, inopportuna, quella risata che solo da una grande
tristezza e verità nasce. La terribile vacuità del tutto… senza il gesto
naturale.
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