domenica 28 dicembre 2014

Lamezia Wine Fest- Guida Slow Wine 2015





Tutto il vino che ho vissuto. Da astemia
Lunghi filari, negli anni settanta, cantavano al sole i grappoli amati, magliocco, malvasia, greco e terracina, filari bianchi e neri, nella campagna dei miei.
Nella vigna le donne riempivano panieri di vimini,  ed il mio compito era di riaccompagnarle a fine lavoro a Maida, il loro paese. 
 Vendemmia coi piedi a pestare quegli acini, ed il torchio, la pressa e le botti di rovere. Di tante misure. Ogni botte il suo vino. 
Poi la grande sconfitta, nessuno vinse in quella guerra, il vino non si vendeva, non si sapeva vendere, nessuno lo voleva e si offriva quasi regalato ai grossi rivenditori che lo usavano per tagliare, diceva papà, le schifezze vere.
 Costretti, avvenne la grande estirpazione di vigneti autoctoni l’impianto di produzione diretta, uva scadente, incoraggiata dalla regione Calabria, che diede soldi ai suoi vignaioli per distruggere il tesoro che avevano.
Due mondi- Lucio Battisti.
Voglio quel mondo che non esiste più.
Guardo Danila Lento, giustamente orgogliosa di produrre vino con il magliocco, ascolto Stefania Mancuso, spostata su anfore e cratere, su corredo che dimostra una lunghissima storia di trasporto e produzione del vino, una storia  offesa dalle tante scellerate decisioni in anni passati.
Negletta e vilipesa la campagna è stata, difficile la vita di proprietari e contadini, di operai e venditori insieme, difficilissima, troppe competenza in una sola figura e tutto sparì.
Ora Slow Wine rilancia eccellenza, dignità e sentore, con antenne fatte di relazioni umane, sul vino, in generale e sul vino  calabro che tanto ha sofferto.
Presentazione di Guida Slow Wine 2015  a Palazzo Nicotera stasera, Lamezia Wine Fest quarta edizione.
Giancarlo Rafele ha curato la parte relativa alle aziende calabre che fanno vino, buono, pulito e giusto.
Dei 223 additivi che sono permessi per fare vino ci auguriamo che ne usino cinque, quelli che bastano, puntualizza Danila, e  Giancarlo  chiede vi siano etichette obbligatorie  su ogni bottiglia.
Il vino è un vivente, il vino ha un volto, diceva il mio papà, ogni botte dà un sapore e un profumo diverso per tempo e per legno. Non vini ingessati, ogni vino è unico, continua Giancarlo Rafaele, contro omologazione, contro massificazione.
Sembra di sentire papà e mio zio, ed allora cosa ci vinse? Il litigio, sicuro, fra coltivatori, lo sparlare, il non esser coesi, non aver fiducia.
Valorizziamo, come fa lui, ora i Cirò boys, i ragazzi di Cirò che hanno riportato  il loro vitigno, valorizziamo Librandi ed il moscato di Saracena, e poi ancora fino al Greco di Bianco.  
Vado a memoria non ho preso appunti, non ricordo i premi, ma non ha importanza, conta soltanto quell’entusiasmo che avremmo dovuto avere negli anni settanta e che ora vedo negli occhi e nei gesti dei protagonisti della serata.

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