Portai e lessi- Io Uccido- nel reparto, allora
Letterarietà 9
giugno 2011
Se ci fermassimo ad ascoltare, se provassimo a stare zitti,
se placassimo il nostro turbinio potremmo iniziare a conoscere. Senza fretta
senza domande aspettando con attenzione. Abbiamo tutti bisogno di attenzione.
Ricchi, poveri. Poi tutti raccontiamo. A
me raccontano di tutto.
Tu scrivi- mi dicono- racconta la mia storia
Così un fiume
incontrollato di sensazioni, di sogni e di realtà mi immerge in un mondo che
prima conoscevo solo letterariamente. Se
scrivo vuol dire che ho tanto letto, molto, di tutto, anche, come ci ha
raccontato Faletti, l’altra sera, il
cartone dei detersivi. Se scrivo viene da sé, dopo aver ascoltato, dopo aver
digerito il malessere o l’allegria del momento. Scrivo su pezzi di carta che
poi perdo, sulle agende degli anni passati, sulle buste della posta che poi
dimentico di aprire, scrivo ora da poco sul computer, pigiando i tasti ad uno
ad uno, con un solo dito. Ma tutti scriviamo. Ho spesso strappato ciò che ho
scritto. Poi ho dovuto difendermi ed
invece di urlare, litigare, andare per vie legali, ho preferito letterarizzare
la mia vita, leggere in pubblico quello
che scrivo. Nella biblioteca comunale, al circolo di riunione, all’uniter, in
televisione privata, in negozi, così, col foglio in mano la mia vita prende le
sue ragioni. Le scrivo, le leggo, che voglio di più? Scrivo ora di altro, di film
visti, di spettacoli, di racconti di altri.
– Ma almeno ti
pagano?- mi ha chiesto una volta qualcuno. No, non mi pagano
- ed allora perché lo fai?- Mi ascoltano- ho risposto. Ha
scosso la testa sulla stranezza di una donna che invece di preparare cibi, stirare, lavare e stare zitta,
scrive. Alcuni eliminerebbero le donne che scrivono, la scrittura poi, così faticosa!
Ma non è vero che scrivo e basta, faccio compere, la spesa, cucino, metto in
ordine i cassetti, telefono e ritelefono
all’agronomo che è sparito lasciandomi i registri aziendali in macchina, al
geometra che non si decide di mandarmi la planimetria ed ora vado a prepararmi.
S’è fatto tardi e l’architetto mi aspetta per le dieci sul cantiere per scegliere i colori del
complesso in costruzione. Ma non sono
ricca. Neanche tu probabilmente lo sarai altrimenti non insisteresti su una
casa in cooperativa, bella sicuramente, ma che qui qualsiasi professionista ha
comprato con un mutuo quindicennale. Neanche tu mi ascolti, non puoi diventare
più profondo se non ti fermi ad ascoltare. Non perderti in mille rivoli,
fermati e ascolta
20 Maggio
2012
Questo
scrivevo alloraconvinta che esistesse l'ascolto
Poi ho visto
il mio errore sulle pagine sempre più bianche di un dialogo interrotto.
Questo ora
ridico con l’illusione sempre viva di essere un essere umano fra esseri umani.
Reale ed
irreale … è solo un sogno
Nessuno
ascolta e scrivere diventa solo un bisogno
Morto l'architetto, morto Faletti
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