lunedì 18 novembre 2013

la cucina Rizzoli



Il polpettone che molti mangiano e io no

De gustibus non est disputandum
La casa editrice Rizzoli non è slow food
Nel corso della mia insignificante vita sono sempre stata bastian contraria. Quindi, da ragazza, non mi piaceva il ragù, pezzi di carne fatti bollire per ore in una salsa rossa di pomodoro con una cipolla, che veniva usato per condire bucatini, altro orrore, e perciatelli.
Non mi piaceva la parmigiana di melanzane e quella di zucchine, nemmeno il polpettone, una grande fetta di fesa di vitello, arrotolata e farcita con mollica di pane, aglio tritato uovo bollito sminuzzato, prezzemolo e salsiccia. Da grande i gusti si sono ancora più assottigliati, non mi piacciono  pasta, fagioli,  patate, dolci.
Questi comunque sono affari miei.
Adoro invece il riso, la zucca, gli arrosti al sangue, il pesce all'arancia.
Riconosco che anche i cibi che non piacciono a me sono buonissimi, so capire però se un cibo è artefatto oppure no.
Da astemia so a naso se un vino è ottimo, questo mi è stato confermato, così al palato mi basta un assaggio da esterna.
Questo per quanto riguarda la cucina di casa mia
Ora passiamo alla cucina Rizzoli
Quando una casa editrice è sul mercato deve vendere e per vendere deve seguire il gusto del pubblico. Il pubblico legge e mangia polpettoni? Tutti i suoi autori devono cucinare polpettoni.
Così ho capito come mai Carofiglio, che è un autore stimato, bravissimo nelle Manomissioni delle parole e in Ragionevoli dubbi, Testimone inconsapevole di Un passato è una terra straniera, si sia messo in cucina a preparare per la Rizzoli un simile pasticcio.
Nessuno se ne accorgerà, il pubblico compra il suo nome, al pubblico piace il suo stile e un polpettone fa sempre una buona figura in tavola.
Anche la mia amica Eli, con cui condivido letture, nel porgermi Il bordo vertiginoso delle cose, mi fa:- Ti piacerà tanto. Bellissimo. Parla tanto di filosofia e poi lui, sai, da alunno si è innamorato della sua professoressa di filosofia che spiegava, Oh come spiegava!, ogni sua parola incantava la classe.  Sai, parla di Bari, della sua adolescenza, in fondo racconta di sé, non credi?-
Così, giuro, mi misi a leggere questo libro con l’acquolina in bocca.
Più leggevo e più mi irritavo, riconoscevo frasi già dette, in altri suoi libri, ripetute stancamente, come se lui, Gianrico, stesse svolgendo un compito di malavoglia.
Anzi ne sono sicura, nemmeno lui si è divertito a scriverlo questo romanzo.
Poi  guardo il catalogo della Rizzoli e l’odore della cipolla mi assale.
In cucina comando io, campeggia un titolo, oppure Io ti vedo, ti sento, ti parlo, ti lecco, della Cao, anzi visto che ancora non c’è io suggerisco di  scrivere Io ti digerisco, massimo dell’erotismo Rizzoli
Della cucina Rizzoli solo piatti per palati decisi… sanno quello che vogliono!
Una vera festa dell'insignificanza, caro Kundera, non per niente Adelphi, cucina raffinata, la tua.
Ippolita Luzzo 

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