giovedì 20 giugno 2013

Il Rinascimento che noi non vedremo



Il duemila e cinquecento- Il Rinascimento che noi non vedremo

Ottimisti e pessimisti a Trame- festival dei libri sulle mafie 2013 a Lamezia Terme-

Piazzetta di San Domenico.

La Sicilia è una fogna- dice Pietrangelo Buttafuoco- non cambierà mai-

Cambierà- obietta Francesco Merlo- è già cambiata. 
Nel  consiglio regionale ci sono persone perbene, ora.
Merlo e Buttafuoco insieme discutono su
La storia della mafia- di Leonardo Sciascia  
scritta nel 1972, ripubblicata nel 1976 ed ora dalla Barion nella collana Pugni
prima però 

A ciascuno il suo- scrisse lui- lo scrisse con una amarezza infinita, lo scrisse con uno scetticismo lucido su avvenimenti storpiati e modellati per farli calzare meglio a ignari protagonisti.
A ciascuno il suo

La frase stampata sulla lettera minatoria viene ricevuta da un farmacista che pensa sia una burla.

Il suo amico, professor Laurana, ne è molto incuriosito.

Intanto viene ucciso il farmacista ed un suo amico, bersaglio dei sicari.

Il professore troppo vicino a scoprire il vero  sarà irretito, sedotto e fatto sparire.

A ciascuno il suo

Mimmo Gangemi prova a portare il rigore di numeri, sollecitato dalla fluida parlata di Arcangelo Badolati, nelle statistiche degli appartenenti alle cosche mafiose, nell'ammontare dei beni delle stesse.
Numeri diversissimi dall'ufficialità.

Gangemi e Sciascia provano a dire quanto sia diffusa la mistificazione, quanto, nel buio delle connivenze umane, tanto  venga cambiato, trascritto e riportato lasciando solo che trionfi il conveniente.

Seguiremo questi cinque giorni e sentiremo in un solo momento quanto sia complesso vivere in Frontiera, in luoghi periferici e desolati, senza un principe illuminato che ci ridica ancora una volta- La Sicilia sarà bellissima-

Ci provò Borsellino e lo uccisero- cadde tra spine- volarono in cielo i suoi pensieri

Illuminando le finzioni, i tradimenti, gli stessi inganni di una corte quasi medicea.

Ci riproverà qualcuno altro a darci un rinascimento  
nel duemila e cinquecento.
Ippolita Luzzo 


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