La favola della gabbietta- ultima puntata
La droga ammaliatrice che per giorni e giorni li aveva
oscurati, la droga che alcuni, che tanti avevano bevuto, la droga lasciava una
dipendenza strana e tutti iniziarono di nuovo ad accendere, vogliosi e ansiosi
di sapere ancora che cosa facesse, con chi parlasse, perché era così felice
quell’esserino che intanto pigiava.
Doveva esserci da qualche parte quel mondo senza
psicofarmaci, senza paure, solo di offerte, doveva esserci da qualche parte solo
per noi, solo per loro, solo per tutti, un mondo nuovo, un mondo fatato. Ma
come raggiungerlo?
Di là dallo schermo
potevano tutti vederlo trasmesso in una gabbietta a portata di mano di un
essere strano ma nessuna coordinata, nessuna mappa su Google maps esisteva
ancora.
Guardandosi in faccia e vedendosi alfine prevalse il momento
del mettersi insieme a cercare, dopo essersi dapprima nascosti l’un l’altro con
la vergogna di farsi vedere, con il sospetto di essere fregati, con la
diffidenza e con la malevolenza di voler essere ognuno per primo il solo ad
essere arrivato lassù o … laggiù
Così nel cercare
insieme, nel parlare, NEL MOSTRARSI OGNUNO QUELLA GABBIETTA, SCOPRIRONO CON
VERO ORRORE CHE QUELL’ESSERINO ERA UGUALE PER TUTTI, CHE SCIMIOTTAVA UN MONDO
VERO, CHE RIPETEVA ALL’INFINITO QUELLO CHE VEDEVA FARE DI QUA.
Scoprirono anche che
non esisteva proprio nessuno al di là, che certo era solo e soltanto un gioco e
che c’era sotto la gabbietta un foglio con le istruzioni, un foglio che loro
non avevano visto e che avvertiva in neretto l’uso di non protrarsi oltre due
settimane e mezza altrimenti avrebbe potuto nuocere gravemente alla salute... psichica
Erano stanchi, stanchi
e avviliti, tutti i viandanti dell’anno duemila, erano tutti con il foglietto in
mano e leggevano delusi quel foglietto strano che continuava a dire che, all’improvviso la batteria, all’improvviso la connessione , si sarebbe
esaurita di colpo quando loro stessi avrebbero smesso di guardare fissi, di
desiderare .
Erano loro stessi la
carica alla gabbietta, null’altro c’era
Non c’era mai stato nulla
oltre noi stessi, oltre il nostro coraggio ,la nostra viltà,oltre il nostro
anelare ad un essere amato che ci guardi un po’.
Strapparono rabbiosi
quello strano foglietto, lo appallottolarono e lo lanciarono via dai treni, dai
bus, da navi e traghetti e poi di nuovo, ma ora con grande umiltà, si guardarono
fra loro e tutti insieme in un moto corale sollevarono la gabbietta, la
agitarono in aria e cominciarono a farla danzare per aria lanciandosi uno la
gabbietta dell’altro.
Un nuovo gioco corale,
dicevo, perché l’individuo, perché gli individui possano di nuovo salvarsi e
guarirsi con l’unica pillola che ci salva davvero
Uscire dal guscio,
uscire per strada, parlare e parlare con i nostri simili, tirargli persino i
capelli e farglii sgambetti ma poi di nuovo riderne insieme.
E mentre la gabbietta volteggiava
in aria all’esserino si staccò la connessione e si ripiegò, si afflosciò, si
sgonfiò, si asciugò, scomparve quasi, restando soltanto nella gabbietta un po’di
colla appiccicosa… umida e leggermente grigiastra come una caccola che togliamo
ai bambini dal loro nasino nei giorni
invernali.
Così le gabbiette finirono buttate, lanciate e
schiacciate nei cassonetti della raccolta differenziata.
Ma dove?
Nella plastica, nel
vetro, nella carta?
Nella raccolta dei
sogni inevasi, dei grandi imbrogli, delle illusioni che solo nelle favole
verranno scoperte senza dolore, senza soffrire, come avviene sempre nella vita
vera.
Nella nostra vita, la
vita vera, noi tutti però continuiamo a pigiare a pigiare a pigiare sui tasti
neri convinti di avere nelle nostre mani il nostro domani il nostro sogno
Convinti per sempre di
essere sempre homo faber fortunae sue,sia col computer e con le connessioni
,con il teletrasporto e con un chip.
Avranno tutti i
cittadini nelle loro mani il loro destino e finalmente capito che questa volta saranno loro, loro e soltanto a risedersi davanti un pc a pigiare e pigiare dei
tasti neri senza lo schermo dell’illusorio.
A Bruno Corino
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