Carlo Animato scrive da sempre. Da Il Libraio prendo queste note
"Nato a Napoli, Carlo Animato si è occupato di giornalismo, teatro, scienze ermetiche, agiografia e giochi di società, con una particolare vocazione per la ricerca storica attraverso documenti d’archivio. Da sempre interessato al campo della pseudoepigrafia, al suo quotidiano mestiere di correttore di bozze alterna l’attività di saggista e scrittore. Con Il falsario di reliquie ha vinto il torneo letterario IoScrittore, nel 2015."
Lo leggo questo inverno accanto al caminetto ed ora a Maggio decido di raccogliere tutto per riportarlo sotto forma di pezzo. Un pezzo ricomposto per un omaggio a Carlo che scrive con passione e verità. Il romanzo è vivo quando vive dopo e dopo la lettura e il racconto di Carlo Animato su quelle reliquie su quell'imbroglio sulle reliquie mi parla ancora. Narrato su una storia storia vera Carlo Animato costruisce una storia di suspense e di indagini. Una storia che vi piacerà per quanto lontana e vicina nello stesso tempo. Manipolare è facile, oltre l'apparenza la sostanza non c'è, eppure quell'apparenza creerà sofferenze e tormenti veri, morti e prigionie.
Leggo questo romanzo storico e fantasy insieme e intanto mi sposto quasi in quei luoghi. Siamo a Berna, nel maggio del 1507. Qualcuno fa a pezzi un bambino
Un monaco sente il rantolo, sente i colpi eppure non interviene. Sa anche cosa faranno dopo di quel corpo. Berranno il sangue. Rodolfo fatto a pezzi vive nella luce e il priore che non è intervenuto per salvarlo non riesce più a vivere
Giovedì 20 maggio 1507 due morti accanto ad una fontana con dei fiori fra i glutei
Viene convocato un fornaio per risolvere il giallo. Chi ha ucciso costoro? Chi sono? Due francesi. Strani e francesi. Tutti i francesi sono strani. Come darti torto, Carlo?
Esistono tempeste e tempeste e bagagli spariti
E la statua della Santa Vergine prende a lacrimare sangue
Piange e piange lacrime e sangue...
Leggetelo e poi continueremo a parlarne con Carlo Animato.
Un pezzo ricomposto pezzo a pezzo. Ne farà una reliquia?
Ippolita Luzzo
martedì 30 maggio 2017
lunedì 29 maggio 2017
TerraRossa Edizioni Jenny La Secca di Claudia Lamma
TerraRossa Edizioni al primo Salone del Libro a Torino con uno stand tutto suo. Battesimo di felicità. Riesco ad andare lunedì in chiusura della mia prima visita al Salone del libro, per giunta con accredito Stampa, quindi felicità doppia per il Regno della Litweb. Mi sento un po' la madrina di questa casa editrice che ho visto nascere, leggendo e seguendo Giovanni Turi sul suo Blog.
Trovo al banco due splendidi ragazzi, Alessandra e Angelo, io mi fermo, carico il cellulare, guardo i libri, mangio il mio pezzo di pane e provola e ritorno a casa con Jenny La Secca, il primo romanzo, esordio di Claudia Lamma. Storia di pugni, inizia già con Trip legato ed a me ha ricordato la storia di cronaca di Marco Prato e Manuel Foffo quando uccidono Luca Varani... qui sono amici di vecchia data che legano il protagonista dopo averlo preso a pugni"Non lo sai che ciascuno reagisce alle brutte notizie un po' come gli pare?"
Puoi darmi del cinico se vuoi, non saresti il primo.
La storia a me ha riportato I ragazzi della via Paal, ed è una storia dura. "Se pesco chi un giorno ha detto che il tempo è un gran dottore lo lego ad un sasso stretto stretto e poi lo butto in fondo al mare" così scrive una mano femminile.
Dall'infanzia alla età adulta è un attimo lunghissimo, il sorrisetto strafottente di Bimbo resterà incollato su di lui ed il transito si era trasformato in sosta permanente. Scritto con uno stile deciso e con forma diretta il libro può anche essere fin troppo duro per chi come me chiede alla lettura un compito consolatorio dal difficile stare con gli altri benché riconosca nella trama e nei personaggi sia verità che realtà ed in più un visivo da sceneggiare. Nel libro ho infilato un origami di Delia, un coniglietto dolce, affinché il gioco diventi un foglio di carta.
TerraRossa Edizioni è la casa editrice creata da Giovanni Turi un nuovo marchio editoriale raccontata con le parole di Giovanni Turi dal suo blog.
"Sono trascorsi quasi tre anni da quando Angelo De Leonardis mi contattò su Messenger per chiedermi di cosa mi stessi occupando e invitarmi a fare una chiacchierata.
Pierfrancesco Ditaranto e Giuseppe Moliterno hanno creato la linea grafica, il lavoro di correzione di bozze di Tiziana Giudice, l’ufficio stampa ad Elena Manzari. Questo lavoro svolto in sordina prende ora forma in TerraRossa Edizioni, che ha esordito al Salone del Libro di Torino (18-22 maggio) portando in anteprima i suoi primi volumi.
Il catalogo, per il momento, si articolerà in due collane. Fondanti riproporrà opere contemporanee di autori meridionali Si comincia con Nicola Rubino è entrato in fabbrica di Francesco Dezio, uno dei primi romanzi della letteratura post-industriale, edito da Feltrinelli; Né padri né figli di Osvaldo Capraro Il cadetto, un romanzo duro e ironico che ha rappresentato l’esordio con Marsilio di Cosimo Argentina; Adesso tienimi, opera prima di Flavia Piccinni. Il proposito è quello di delineare un canone della letteratura meridionale
L’altra collana, Sperimentali, pubblicherà inediti che coniugano storie incisive e radicate nel nostro tempo. Fra i primi tre libri Jenny la Secca di Claudia Lamma, un romanzo corale che ci presenta un gruppo di amici alle prese con le conseguenze dei legami adolescenziali e dei compromessi ai quali la vita ci costringe. Aveva vinto il concorso SpiritiLibri ed era stato scelto da CaratteriMobili."
Auguri carissimi da tutto il Regno della Litweb.
Ippolita Luzzo
Trovo al banco due splendidi ragazzi, Alessandra e Angelo, io mi fermo, carico il cellulare, guardo i libri, mangio il mio pezzo di pane e provola e ritorno a casa con Jenny La Secca, il primo romanzo, esordio di Claudia Lamma. Storia di pugni, inizia già con Trip legato ed a me ha ricordato la storia di cronaca di Marco Prato e Manuel Foffo quando uccidono Luca Varani... qui sono amici di vecchia data che legano il protagonista dopo averlo preso a pugni"Non lo sai che ciascuno reagisce alle brutte notizie un po' come gli pare?"
Puoi darmi del cinico se vuoi, non saresti il primo.
La storia a me ha riportato I ragazzi della via Paal, ed è una storia dura. "Se pesco chi un giorno ha detto che il tempo è un gran dottore lo lego ad un sasso stretto stretto e poi lo butto in fondo al mare" così scrive una mano femminile.
Dall'infanzia alla età adulta è un attimo lunghissimo, il sorrisetto strafottente di Bimbo resterà incollato su di lui ed il transito si era trasformato in sosta permanente. Scritto con uno stile deciso e con forma diretta il libro può anche essere fin troppo duro per chi come me chiede alla lettura un compito consolatorio dal difficile stare con gli altri benché riconosca nella trama e nei personaggi sia verità che realtà ed in più un visivo da sceneggiare. Nel libro ho infilato un origami di Delia, un coniglietto dolce, affinché il gioco diventi un foglio di carta.
TerraRossa Edizioni è la casa editrice creata da Giovanni Turi un nuovo marchio editoriale raccontata con le parole di Giovanni Turi dal suo blog.
"Sono trascorsi quasi tre anni da quando Angelo De Leonardis mi contattò su Messenger per chiedermi di cosa mi stessi occupando e invitarmi a fare una chiacchierata.
Pierfrancesco Ditaranto e Giuseppe Moliterno hanno creato la linea grafica, il lavoro di correzione di bozze di Tiziana Giudice, l’ufficio stampa ad Elena Manzari. Questo lavoro svolto in sordina prende ora forma in TerraRossa Edizioni, che ha esordito al Salone del Libro di Torino (18-22 maggio) portando in anteprima i suoi primi volumi.
Il catalogo, per il momento, si articolerà in due collane. Fondanti riproporrà opere contemporanee di autori meridionali Si comincia con Nicola Rubino è entrato in fabbrica di Francesco Dezio, uno dei primi romanzi della letteratura post-industriale, edito da Feltrinelli; Né padri né figli di Osvaldo Capraro Il cadetto, un romanzo duro e ironico che ha rappresentato l’esordio con Marsilio di Cosimo Argentina; Adesso tienimi, opera prima di Flavia Piccinni. Il proposito è quello di delineare un canone della letteratura meridionale
L’altra collana, Sperimentali, pubblicherà inediti che coniugano storie incisive e radicate nel nostro tempo. Fra i primi tre libri Jenny la Secca di Claudia Lamma, un romanzo corale che ci presenta un gruppo di amici alle prese con le conseguenze dei legami adolescenziali e dei compromessi ai quali la vita ci costringe. Aveva vinto il concorso SpiritiLibri ed era stato scelto da CaratteriMobili."
Auguri carissimi da tutto il Regno della Litweb.
Ippolita Luzzo
domenica 28 maggio 2017
Al Cafè Retrò scostumati e no
Passeggiano gli splendidi abitanti di Lamezia Terme sul marciapiede del corso Numistrano. Sullo stesso marciapiede un gruppo musicale si esibisce in una performance organizzata dal Cafè Retrò.
Sono the4TUNES https://www.youtube.com/channel/UCCL-zmHAM2ULZzgvhI-OZZA
Valentina Ielà: Voce
Vittorio Viscomi: chitarra acustica
Emmanuele Sacco: basso
Marco Vinci: batteria
LaLLallà, lallàllà, canta la brava voce solista mentre i miei concittadini, non tutti per la verità, passano e spassano a pochi centimetri dal suo microfono pur di non deviare di qualche centimetro il loro incedere verso la meta.
Lallallà lallalà e la meta è questa qua: L'ineducazione.
Sono the4TUNES https://www.youtube.com/channel/UCCL-zmHAM2ULZzgvhI-OZZA
Valentina Ielà: Voce
Vittorio Viscomi: chitarra acustica
Emmanuele Sacco: basso
Marco Vinci: batteria
LaLLallà, lallàllà, canta la brava voce solista mentre i miei concittadini, non tutti per la verità, passano e spassano a pochi centimetri dal suo microfono pur di non deviare di qualche centimetro il loro incedere verso la meta.
Lallallà lallalà e la meta è questa qua: L'ineducazione.
Noto con piacere invece altri che scendono dal marciapiede e si soffermano ad ascoltare.
Il pomeriggio e la sera di una domenica qualsiasi sul trespolo del Cafè Retrò, locale che da anni propone eventi vari, di teatro, di musica, di cinema, abbinando poi aperitivi a proposte diverse ad un paese, il mio, che sta nella pianura.
Nella piana piana piana. https://www.facebook.com/retro.bianchi/
Nella piana piana piana. https://www.facebook.com/retro.bianchi/
Sorridendo io del mio leggere come se fosse letteratura ogni incertezza dei miei compaesani se passare o non passare proprio davanti alla cantante, mi diverto a segnalare la gentilezza dei gestori nei miei riguardi, a chiacchierare con Saverio, Silvia, a salutare Mario, e a ritmare con il gruppo: Io l'amavo, la odiavo, ero pazzo di lei, la canzone di Celentano che il gruppo sta cantando quasi in omaggio al mio amore odio verso la città.
Solo me ne vò per la città...
Ippolita
Solo me ne vò per la città...
Ippolita
venerdì 26 maggio 2017
Verso qualcuno: Il libro di Roberto Pallocca
Mi aspetta nella buca della posta, ora in disuso, accanto alla porta di casa, in disuso perché nuove disposizioni imposero cassette della posta fuori dello spazio condominiale. Io diedi facoltà al postino di accedere o farsi aprire cancello e lasciarmi i libri nella precedente cassetta accanto all'ingresso di casa mia. "Verso Qualcuno" non poteva che aver posto migliore e raggiungermi al ritorno dal Salone del Libro di Torino con il suo benvenuto.
Trascorro il pomeriggio leggendolo e comprendo Roberto Pallocca in Verso qualcuno come sia riuscito a far vivere il personaggio nella trama della realtà. Il personaggio vive dentro il libro la sua opportunità del racconto.
Io sono appena di ritorno e sembra di parlare con me leggendo "Sono tanti i motivi per cui si parte. Si parte per amore, si parte per dolore, si parte per curiosità o per caso, per lavoro o per vacanza, per interesse o per studio, per guarire, per capire, per pentirsi o per fuggire... Sono infiniti i motivi per cui si parte... non ho mai capito il motivo per cui si torna, però. Chi torna deve avere innanzitutto un luogo, un posto chiamato casa, nel quale si senta al sicuro." Poi lo scrittore azzarda altro, il ritrovare un amore che aspetti il ritorno. Il tempo del ritorno. "Il tempo di una vita si riassume in uno scarso numero di bivi epocali, in poche scelte fondative, da cui ha preso forma- e consistenza- tutto ciò che è venuto dopo."
Il racconto di Roberto azzera la differenza fra lettore e personaggio, azzera il trascorrere e il passaggio fra gioventù e maturità, azzera il passato e il presente, donandoci di una vita gli attraversamenti. Attraversiamo con l'autore ciò che il protagonista dovrebbe o potrebbe scegliere, ci ritroviamo a dirgli che sta sbagliando, vorremmo intervenire a deviare qualche situazione e già siamo anche noi su una scelta sbagliata.
Mettere a fuoco la nostra di vita, leggendo quella di Giuseppe, il protagonista. Viaggia Giuseppe e poi torna. Viaggiamo con lui e poi torniamo. Lo scrittore usa tempi e modi precisi. Lo stile della scrittura segue il viaggio, un modo di raccontare al presente, come se il presente esistesse, quei verbi all'indicativo presente conservano l'illusione che tutto sia possibile, anche vivere nel presente del racconto, del raccontarsi, del momento in cui noi tutti, con sintesi estreme, doniamo le nostre vite al racconto affinché qualcuno le accolga. Il tempo dell'imperfetto indicativo, il tempo delle favole delle nonna, il tempo del "C'era una volta un uomo... Giuseppe era innamorato di tutto"
Gli avverbi, quante volte, quanto, come, tante volte come, ecco, la vita.
Sono tante le storie che ascoltiamo, moltissime, vere o inventate, sono pochissimi i momenti in cui siamo liberi di consegnare al foglio una storia vera. "E c'è un tempo esatto entro cui è pensabile portare qualcosa in salvo." Una lettura quasi con note bibliche, il tempo poi non c'è più, i confini di questo tempo posseggono margini stretti, strettissimi.
Affabulante, Roberto Pallocca partecipa e ci partecipa della vita di Giuseppe, portando anche noi nello stesso momento in cui lui lo ha incontrato. Ci troviamo con Roberto e insieme partiamo e ritorniamo Verso qualcuno.
Ippolita Luzzo
Trascorro il pomeriggio leggendolo e comprendo Roberto Pallocca in Verso qualcuno come sia riuscito a far vivere il personaggio nella trama della realtà. Il personaggio vive dentro il libro la sua opportunità del racconto.
Io sono appena di ritorno e sembra di parlare con me leggendo "Sono tanti i motivi per cui si parte. Si parte per amore, si parte per dolore, si parte per curiosità o per caso, per lavoro o per vacanza, per interesse o per studio, per guarire, per capire, per pentirsi o per fuggire... Sono infiniti i motivi per cui si parte... non ho mai capito il motivo per cui si torna, però. Chi torna deve avere innanzitutto un luogo, un posto chiamato casa, nel quale si senta al sicuro." Poi lo scrittore azzarda altro, il ritrovare un amore che aspetti il ritorno. Il tempo del ritorno. "Il tempo di una vita si riassume in uno scarso numero di bivi epocali, in poche scelte fondative, da cui ha preso forma- e consistenza- tutto ciò che è venuto dopo."
Il racconto di Roberto azzera la differenza fra lettore e personaggio, azzera il trascorrere e il passaggio fra gioventù e maturità, azzera il passato e il presente, donandoci di una vita gli attraversamenti. Attraversiamo con l'autore ciò che il protagonista dovrebbe o potrebbe scegliere, ci ritroviamo a dirgli che sta sbagliando, vorremmo intervenire a deviare qualche situazione e già siamo anche noi su una scelta sbagliata.
Mettere a fuoco la nostra di vita, leggendo quella di Giuseppe, il protagonista. Viaggia Giuseppe e poi torna. Viaggiamo con lui e poi torniamo. Lo scrittore usa tempi e modi precisi. Lo stile della scrittura segue il viaggio, un modo di raccontare al presente, come se il presente esistesse, quei verbi all'indicativo presente conservano l'illusione che tutto sia possibile, anche vivere nel presente del racconto, del raccontarsi, del momento in cui noi tutti, con sintesi estreme, doniamo le nostre vite al racconto affinché qualcuno le accolga. Il tempo dell'imperfetto indicativo, il tempo delle favole delle nonna, il tempo del "C'era una volta un uomo... Giuseppe era innamorato di tutto"
Gli avverbi, quante volte, quanto, come, tante volte come, ecco, la vita.
Sono tante le storie che ascoltiamo, moltissime, vere o inventate, sono pochissimi i momenti in cui siamo liberi di consegnare al foglio una storia vera. "E c'è un tempo esatto entro cui è pensabile portare qualcosa in salvo." Una lettura quasi con note bibliche, il tempo poi non c'è più, i confini di questo tempo posseggono margini stretti, strettissimi.
Affabulante, Roberto Pallocca partecipa e ci partecipa della vita di Giuseppe, portando anche noi nello stesso momento in cui lui lo ha incontrato. Ci troviamo con Roberto e insieme partiamo e ritorniamo Verso qualcuno.
Ippolita Luzzo
venerdì 19 maggio 2017
I passi perduti della scortesia. La cultura della scortesia
Un passo dietro l'altro
Si andava ad un convegno di grande cultura. La cultura della scortesia.
L'educazione questa sconosciuta. Parcheggio e scendo della macchina.
Incrocio con lo sguardo le due amiche che vanno come me alla stessa riunione.
Le saluto.
Penso che rallenteranno per andare insieme. Anche loro sanno che io andrò proprio alla stesso luogo.
Sono pochi passi da fare.
Nulla di tutto questo. Tirano dritto senza attendermi.
Guardo le due signore e metto un piede dietro l'altro ricordando la telefonata di una delle due solo pochi giorni fa per raccontarmi una scortesia che aveva ricevuto da un'altra ancora e guardo entrambe con un misto di commiserazione e disprezzo.
L'educazione al mio paesello non esiste.
I passi verso l'altro sono difficili da percorrere, vero?
Altro passo.
Anni fa mi invitano ad una cena di beneficenza. Insistono anche. Pago 30 euro. Arrivo. L'organizzatrice mi saluta cordiale ma non ha posto al suo tavolo. La Presidente della benefica associazione alla quale chiedo di poter aver posto al suo tavolo, visto che la conosco, mi promette quel posto. Subito dopo però il posto non c'è più. Non posso andare via, sono andata con gli studenti e non ho macchina. Mi siedo in fondo alla sala, una sedia poggiata ad un muro e li guardo tutti. Mi ripeto di aver sbagliato ad accettare. Avrei dovuto regalare i soldi e non andare, mi ripeto tanto altro quando, due passi e mi si avvicina una splendida signora, il sindaco di un paese vicino, mi prende sottobraccio e mi invita al suo tavolo. Al suo tavolo la figlia, i compagni di classe e noi due. Una vera felicità. Ho riconoscenza verso quella rarità di persona sensibile che si accorse del mio disagio.
La rarità è il passo verso l'altro, la consuetudine invece è tenersi stretta l'ancella e proseguire senza fermarsi verso la meta, la grande cultura dell'ineducazione .
La grande cultura della scortesia
Si andava ad un convegno di grande cultura. La cultura della scortesia.
L'educazione questa sconosciuta. Parcheggio e scendo della macchina.
Incrocio con lo sguardo le due amiche che vanno come me alla stessa riunione.
Le saluto.
Penso che rallenteranno per andare insieme. Anche loro sanno che io andrò proprio alla stesso luogo.
Sono pochi passi da fare.
Nulla di tutto questo. Tirano dritto senza attendermi.
Guardo le due signore e metto un piede dietro l'altro ricordando la telefonata di una delle due solo pochi giorni fa per raccontarmi una scortesia che aveva ricevuto da un'altra ancora e guardo entrambe con un misto di commiserazione e disprezzo.
L'educazione al mio paesello non esiste.
I passi verso l'altro sono difficili da percorrere, vero?
Altro passo.
Anni fa mi invitano ad una cena di beneficenza. Insistono anche. Pago 30 euro. Arrivo. L'organizzatrice mi saluta cordiale ma non ha posto al suo tavolo. La Presidente della benefica associazione alla quale chiedo di poter aver posto al suo tavolo, visto che la conosco, mi promette quel posto. Subito dopo però il posto non c'è più. Non posso andare via, sono andata con gli studenti e non ho macchina. Mi siedo in fondo alla sala, una sedia poggiata ad un muro e li guardo tutti. Mi ripeto di aver sbagliato ad accettare. Avrei dovuto regalare i soldi e non andare, mi ripeto tanto altro quando, due passi e mi si avvicina una splendida signora, il sindaco di un paese vicino, mi prende sottobraccio e mi invita al suo tavolo. Al suo tavolo la figlia, i compagni di classe e noi due. Una vera felicità. Ho riconoscenza verso quella rarità di persona sensibile che si accorse del mio disagio.
La rarità è il passo verso l'altro, la consuetudine invece è tenersi stretta l'ancella e proseguire senza fermarsi verso la meta, la grande cultura dell'ineducazione .
La grande cultura della scortesia
giovedì 18 maggio 2017
"Respira" di Roberto Saporito
Stamattina il libro di Roberto Saporito "Respira" in anteprima al Salone del Libro di Torino ci aspetta per una fuga con sorpresa.
L'ilarità che non mi spiego. Mi lascia una allegria questo romanzo ad incastri, tanti sono i pezzi che troveremo ben congegnati, un romanzo sulla fuga, dove il protagonista fugge da sé stesso. Si trova a scegliere e fugge. Più che sparire fugge.
L’unica cosa che riesci a pensare è la parola "sparire".
"Sparire" è una parola magica. "Sparire" è un mantra che ti
accompagna. Sparire, sparire, sparire.
Fermo a un semaforo senti un tizio incollato a una radio che dice che è crollata la torre sud, la numero due, quella di fronte a dove tu dovresti essere in questo preciso momento, quella dove sei sempre. Sono morto, pensi.
Inizia così la storia di un uomo che vuole respirare di nuovo.
Finalmente morto, nelle notizie che daranno del crollo delle torri gemelle a New York c'è anche il protagonista. Avrebbe dovuto trovarsi in quelle torri, per le testimonianze era lì, morto, ed è per lui un pensiero piacevole, un moltiplicatore di futuri, un azzeratore di passati.
Puoi ricominciare come Il Fu Mattia Pascal di Pirandello. Hai altre opportunità. Puoi andare via. Sei sparito. Da New York in Francia. Seguiamo il personaggio che compone e scompone i suoi giorni in una realtà che non esiste, senza creare rapporti e relazioni, vivendo di nulla. Un romanzo di macchine lussuose e di imboscate, di sotterfugi, di corse lungo le autostrade.
si ricomincia:Ormai sono tre anni che vivi a Saint-Rémy-de-Provence.
E adesso?
Non si è mai morti abbastanza, pensi.
Il mondo è troppo piccolo per riuscire a sparire veramente.
Il passato non passa mai completamente, qualcosa si impiglia
sempre in spigoli esistenziali troppo appuntiti, acuminati
per non creare danni, per non avere fastidiose conseguenze,
per non farti sanguinare.
– Un lungo allenamento alla vita.
Quando leggi un libro, di chi è la voce che senti nella testa?
Douglas Coupland
Io, leggendo, sto a guardare il gioco che fa lo scrittore con le sue letture, con i noir, con i polizieschi, con i libri che abbiamo già letto che diventano freschi freschissimi come una leggera brezza da respirare.
Il personaggio lo conosciamo, lo abbiamo letto in tantissimi altri libri, qui però si prende gioco di sé stesso, in un ironico intrecciare avvenimenti storici conosciuti, il crollo delle torri a New York, i locali di Alba, la stazione di Santa Lucia.
Il ritorno a New York
Come in un cerchio si ritorna al primo luogo, al lavoro, al museo dove il protagonista ha trascorso i suoi anni in un'altra finzione. Più che finzione in una condizione dalla quale non può essere riconosciuto, nessuno lo conosce. Di nuovo a New York ad agosto.
"La fine di tutto e di tutti.
È la fine di agosto, sono passati praticamente dieci anni da
quando sei scappato da New York: dieci anni fa la città era
terrorizzata dal crollo delle Twin Towers e oggi da un uragano
e dalle notizie di quello che potrebbe accadere nei prossimi
minuti, ore. Ormai eri convinto di essere l’unico abitante di New York, e l’idea non ti dispiaceva, per niente, anche tu, ormai, dentro un film tutto tuo. Protagonista assoluto di una realtà-finzione personale."
Quando muori e rinasci lo scorrere del tempo acquista un altro significato o forse perde del tutto il suo vero significato, qualunque esso sia.
"Ci riempiamo la vita di cose inutili...
Le cose e le persone sono alibi potentissimi nei confronti
di qualunque cosa."
In una libreria di libri usati compri una copia di La fortezza
della solitudine di Jonathan Lethem, I grandi romanzi nascono da minimi spunti. John Updike
Vai a piedi dalla stazione Santa Lucia alla Punta della Dogana,
alla Fondazione Pinault, perdendoti innumerevoli volte
in strade sempre più strette e buie, scansando piccole pozzanghere da post acqua alta, con un’esile pioggia che cade
e smette di cadere ogni pochi minuti, una pioggia che non
ti bagna quasi, il fantasma della pioggia. Scansando turisti,
pochi, studenti, molti.
Entri, nel museo. Paghi
Sei morto. Finisco di leggere ilare questo racconto, mi lascia sorridente e felice e mi sembra una ottima ragione per leggere questo "Respira" di Roberto Saporito che avrà giocato a far scomparire il suo personaggio dall'America alla Provenza, a Roma ed a Venezia. Morte a Venezia. Non racconto nulla di più per non far perdere la piacevolezza della sorpresa, mi resta una lettura che consiglierò anche ad un mio amico curatore di mostre d'arte.
Come un quadro ci sembra di vedere raffigurato qui i momenti del comparire e scomparire con poche pennellate decise e nitide, nette, eppure questa linearità ci dona anche gli strumenti per giocare anche noi seguendo lui che va e scompare e ricompare in un quadro, ma non ci sarà nessuno a vederlo. Abituata io ad essere fatta scomparire mio malgrado, abituata ad essere cancellata, ho capito l'ilarità e la complicità verso uno scrittore che ci presenta invece l'esatto opposto. Sorrido pensando a chi vorrebbe cancellare il passaggio sulla terra e sarà cancellato nel giudizio universale delle relazioni umane e ben gli sta. Ridendo di me che respiro. "Respira" ci allena al respiro del leggere.
Ippolita Luzzo
L'ilarità che non mi spiego. Mi lascia una allegria questo romanzo ad incastri, tanti sono i pezzi che troveremo ben congegnati, un romanzo sulla fuga, dove il protagonista fugge da sé stesso. Si trova a scegliere e fugge. Più che sparire fugge.
L’unica cosa che riesci a pensare è la parola "sparire".
"Sparire" è una parola magica. "Sparire" è un mantra che ti
accompagna. Sparire, sparire, sparire.
Fermo a un semaforo senti un tizio incollato a una radio che dice che è crollata la torre sud, la numero due, quella di fronte a dove tu dovresti essere in questo preciso momento, quella dove sei sempre. Sono morto, pensi.
Inizia così la storia di un uomo che vuole respirare di nuovo.
Finalmente morto, nelle notizie che daranno del crollo delle torri gemelle a New York c'è anche il protagonista. Avrebbe dovuto trovarsi in quelle torri, per le testimonianze era lì, morto, ed è per lui un pensiero piacevole, un moltiplicatore di futuri, un azzeratore di passati.
Puoi ricominciare come Il Fu Mattia Pascal di Pirandello. Hai altre opportunità. Puoi andare via. Sei sparito. Da New York in Francia. Seguiamo il personaggio che compone e scompone i suoi giorni in una realtà che non esiste, senza creare rapporti e relazioni, vivendo di nulla. Un romanzo di macchine lussuose e di imboscate, di sotterfugi, di corse lungo le autostrade.
si ricomincia:Ormai sono tre anni che vivi a Saint-Rémy-de-Provence.
E adesso?
Non si è mai morti abbastanza, pensi.
Il mondo è troppo piccolo per riuscire a sparire veramente.
Il passato non passa mai completamente, qualcosa si impiglia
sempre in spigoli esistenziali troppo appuntiti, acuminati
per non creare danni, per non avere fastidiose conseguenze,
per non farti sanguinare.
– Un lungo allenamento alla vita.
Quando leggi un libro, di chi è la voce che senti nella testa?
Douglas Coupland
Io, leggendo, sto a guardare il gioco che fa lo scrittore con le sue letture, con i noir, con i polizieschi, con i libri che abbiamo già letto che diventano freschi freschissimi come una leggera brezza da respirare.
Il personaggio lo conosciamo, lo abbiamo letto in tantissimi altri libri, qui però si prende gioco di sé stesso, in un ironico intrecciare avvenimenti storici conosciuti, il crollo delle torri a New York, i locali di Alba, la stazione di Santa Lucia.
Il ritorno a New York
Come in un cerchio si ritorna al primo luogo, al lavoro, al museo dove il protagonista ha trascorso i suoi anni in un'altra finzione. Più che finzione in una condizione dalla quale non può essere riconosciuto, nessuno lo conosce. Di nuovo a New York ad agosto.
"La fine di tutto e di tutti.
È la fine di agosto, sono passati praticamente dieci anni da
quando sei scappato da New York: dieci anni fa la città era
terrorizzata dal crollo delle Twin Towers e oggi da un uragano
e dalle notizie di quello che potrebbe accadere nei prossimi
minuti, ore. Ormai eri convinto di essere l’unico abitante di New York, e l’idea non ti dispiaceva, per niente, anche tu, ormai, dentro un film tutto tuo. Protagonista assoluto di una realtà-finzione personale."
Quando muori e rinasci lo scorrere del tempo acquista un altro significato o forse perde del tutto il suo vero significato, qualunque esso sia.
"Ci riempiamo la vita di cose inutili...
Le cose e le persone sono alibi potentissimi nei confronti
di qualunque cosa."
In una libreria di libri usati compri una copia di La fortezza
della solitudine di Jonathan Lethem, I grandi romanzi nascono da minimi spunti. John Updike
Vai a piedi dalla stazione Santa Lucia alla Punta della Dogana,
alla Fondazione Pinault, perdendoti innumerevoli volte
in strade sempre più strette e buie, scansando piccole pozzanghere da post acqua alta, con un’esile pioggia che cade
e smette di cadere ogni pochi minuti, una pioggia che non
ti bagna quasi, il fantasma della pioggia. Scansando turisti,
pochi, studenti, molti.
Entri, nel museo. Paghi
Sei morto. Finisco di leggere ilare questo racconto, mi lascia sorridente e felice e mi sembra una ottima ragione per leggere questo "Respira" di Roberto Saporito che avrà giocato a far scomparire il suo personaggio dall'America alla Provenza, a Roma ed a Venezia. Morte a Venezia. Non racconto nulla di più per non far perdere la piacevolezza della sorpresa, mi resta una lettura che consiglierò anche ad un mio amico curatore di mostre d'arte.
Come un quadro ci sembra di vedere raffigurato qui i momenti del comparire e scomparire con poche pennellate decise e nitide, nette, eppure questa linearità ci dona anche gli strumenti per giocare anche noi seguendo lui che va e scompare e ricompare in un quadro, ma non ci sarà nessuno a vederlo. Abituata io ad essere fatta scomparire mio malgrado, abituata ad essere cancellata, ho capito l'ilarità e la complicità verso uno scrittore che ci presenta invece l'esatto opposto. Sorrido pensando a chi vorrebbe cancellare il passaggio sulla terra e sarà cancellato nel giudizio universale delle relazioni umane e ben gli sta. Ridendo di me che respiro. "Respira" ci allena al respiro del leggere.
Ippolita Luzzo
mercoledì 17 maggio 2017
Alessandro Pedretta da "Dio del cemento" a "È Solo Controllo"
Alessandro Pedretta scrive in versi e in prosa giorni difficili. Una vita difficile, mi viene da ripetere, con il titolo di uno dei film più belli interpretati da Alberto Sordi. In quel film l'Italia usciva dal dopoguerra, la seconda guerra mondiale e sembrava a tanti di poter ritornare a rivivere, se non fosse che questa possibilità non era per tutti. Oggi viviamo in una lunga e nascosta guerra di posizione durante la quale le possibilità di vivere si assottigliano fino a scomparire per alcuni e si dilatano fino alla vergogna di potere qualsiasi cosa per altri, per pochissimi, cerchiamo quindi "quell'asfittico spazio del destino" da un verso di una poetessa, Pina Majone Mauro.
Alessandro prima in poesia ed ora prosa racconta: La nostra guerra apocalittica e integrata vista con lo spaesamento di un altro luogo, il luogo inventato, la distanza dalla città vera da quella immaginata, il fantasy horror di Luxor, il luogo da dove si tenta di fuggire.
Una scrittura decisa e lucida, a me ricorda Saramago nelle sue invenzione del Saggio sulla Lucidità, sulla città dove nessuno vota più ed allora bisogna trovare l'organizzatore del complotto, bisogna controllare.
Anche qui è solo controllo, come in Saramago.
"Luxor è la città del controllo perché chiunque vi viva controlla ed è controllato, consapevolmente e no."
"Su questo consapevolmente e no" dobbiamo riflettere.
Seguiamo l'uomo che vuole fuggire, ha perso il suo amico, scomparso nel tentativo della fuga, vediamo la fuga farsi sempre più difficile, allontanarsi, confondersi e man mano strane figure appariranno.
Vi sentirete fuggitivi così come mi sono sentita io, a fuggire dal natio borgo selvaggio simile negli abitanti a Luxor, Troppo simile per esserne quasi uno specchio.
Nello straniamento del foglio appaiono i disegni di JAB, uomini-polpi giganti, uomini con collo e testa da giraffa, uomini-insetti. Non sembrano i nostri vicini di casa? Scherzo ma non troppo, nel sarcasmo che vorremmo attutire. Nei vicini di casa che non ci salutano e controllano, negli incontri sempre troppo simili al letterario crudele e onirico.È un incubo tutto ciò?
"Sicurezza ed orrore."
"Io sono qui ma sono da un'altra parte"
"Non c'è niente da fare, in questo mondo vivo emozioni altalenanti continue, non esiste uno stato mentale che perduri per più di una manciata di minuti, da una percezione di relativo rilassamento momentaneo ripasso ad un'angoscia terrificante, a una paura che, sempre vigile sottopelle, viene a galla prorompente."
La fantasia come ribellione. Come rivolta. Come fuga, avevo scritto presentando Dio del Cemento, la sua raccolta in versi.
Voglio ricordare due versi sulla crudeltà. Così come è crudele Luxor. Crudele e cattiva.
"Crudele la carne che ti si appressa addosso/ crudele la verità che cambia vestito spesso/ crudele il tempo che s'allunga distratto/ crudele il tratto dismesso tra testa, pancia e petto/ crudelissimi noi"
Fuggiamo dunque verso la lettura di Alessandro Pedretta al quale auguriamo una via di fuga, via dagli uomini-gallo che incontra il protagonista del racconto, via nella Città del sole di Campanella. Anche lì però non scherzavano quanto a controllo!
Vado a rileggermi Alessandro come antidoto alle nostre città, come antidoto a Luxor o Lamezia, i nomi si assomigliano tutti...
Un applauso dalla Litweb ad Alessandro domani in visita al Salone del libro di Torino fra stand e uomini-libri.
Ippolita Luzzo
Alessandro prima in poesia ed ora prosa racconta: La nostra guerra apocalittica e integrata vista con lo spaesamento di un altro luogo, il luogo inventato, la distanza dalla città vera da quella immaginata, il fantasy horror di Luxor, il luogo da dove si tenta di fuggire.
Una scrittura decisa e lucida, a me ricorda Saramago nelle sue invenzione del Saggio sulla Lucidità, sulla città dove nessuno vota più ed allora bisogna trovare l'organizzatore del complotto, bisogna controllare.
Anche qui è solo controllo, come in Saramago.
"Luxor è la città del controllo perché chiunque vi viva controlla ed è controllato, consapevolmente e no."
"Su questo consapevolmente e no" dobbiamo riflettere.
Seguiamo l'uomo che vuole fuggire, ha perso il suo amico, scomparso nel tentativo della fuga, vediamo la fuga farsi sempre più difficile, allontanarsi, confondersi e man mano strane figure appariranno.
Vi sentirete fuggitivi così come mi sono sentita io, a fuggire dal natio borgo selvaggio simile negli abitanti a Luxor, Troppo simile per esserne quasi uno specchio.
Nello straniamento del foglio appaiono i disegni di JAB, uomini-polpi giganti, uomini con collo e testa da giraffa, uomini-insetti. Non sembrano i nostri vicini di casa? Scherzo ma non troppo, nel sarcasmo che vorremmo attutire. Nei vicini di casa che non ci salutano e controllano, negli incontri sempre troppo simili al letterario crudele e onirico.È un incubo tutto ciò?
"Sicurezza ed orrore."
"Io sono qui ma sono da un'altra parte"
"Non c'è niente da fare, in questo mondo vivo emozioni altalenanti continue, non esiste uno stato mentale che perduri per più di una manciata di minuti, da una percezione di relativo rilassamento momentaneo ripasso ad un'angoscia terrificante, a una paura che, sempre vigile sottopelle, viene a galla prorompente."
La fantasia come ribellione. Come rivolta. Come fuga, avevo scritto presentando Dio del Cemento, la sua raccolta in versi.
Voglio ricordare due versi sulla crudeltà. Così come è crudele Luxor. Crudele e cattiva.
"Crudele la carne che ti si appressa addosso/ crudele la verità che cambia vestito spesso/ crudele il tempo che s'allunga distratto/ crudele il tratto dismesso tra testa, pancia e petto/ crudelissimi noi"
Fuggiamo dunque verso la lettura di Alessandro Pedretta al quale auguriamo una via di fuga, via dagli uomini-gallo che incontra il protagonista del racconto, via nella Città del sole di Campanella. Anche lì però non scherzavano quanto a controllo!
Vado a rileggermi Alessandro come antidoto alle nostre città, come antidoto a Luxor o Lamezia, i nomi si assomigliano tutti...
Un applauso dalla Litweb ad Alessandro domani in visita al Salone del libro di Torino fra stand e uomini-libri.
Ippolita Luzzo
lunedì 15 maggio 2017
Arpa e tromba con Paola Testa e Andrea Lombardo
La musica del tango ci parlerà ancora...
Questa sera il Maggio dei libri ci riserva una sorpresa: ascoltare e apprezzare Paola Testa all'arpa e Andrea Lombardo alla tromba. Una Grande Paola e un Grande Andrea ci hanno deliziati con un concerto dall'intensità musicale ed emotiva super.
Paola ci ha raccontato che è inusuale ascoltare Tromba ed Arpa insieme essendo questa più una tradizione dei popoli del nord Europa.
Tanti i brani famosi. La serata è iniziata con la Carmen di Bizet e proseguita con Santa Lucia e la Cumparsita.
Musiche di Musiche di Damase, Schubert, Caramiello, Bizet, Bohme..
Il concerto fu stupendo ed era già finito, tutti, dopo gli applausi, andavano via, quando è arrivata l'insegnante di Paola al Liceo Campanella con una sua amica.
Saluti, abbracci, e Paola rifà a richiesta nostra un tango che prima ero stata lì per lì per chiedere il bis e non avevo osato.
Ma come nelle magie vere ora Paola lo suona solo per noi, con Andrea, ed io batto e ribatto i tasti sentendo e risentendo questo tango El Choclo di Villaldo suonato solo per noi. Fantastico. Meraviglia in Litweb.
Quante volte lo sto ascoltando, per tutte e tante le volte che avrei voluto ascoltare il tango in vita mia! Nella felicità più assoluta di una tromba che dialoga con una arpa, nel respiro di Andrea e nel tatto di Paola che pizzica e accarezza la sua arpa facciamo i passi del tango che incontrano la nostra serata. https://www.facebook.com/ippo.lu/videos/1477697978919272/
Ippolita Luzzo
domenica 14 maggio 2017
I nostri figli non sono i nostri figli
I nostri figli non sono i nostri figli –
Titolo alla maniera di Gibran- 30 settembre 2011-
I figli non sono di chi li genera.
Ogni figlio è un uomo e una donna
Ogni figlio è un essere a sé
Non si fanno figli per noi stessi
Si fanno per tutti - perché così è
Non sono le nostre proiezioni, i nostri desideri non avverati,
le nostre soddisfazioni.
Non sono il nostro ego che si espande.
Sono solo degli altri esseri umani.
Amare i figli-non si può- non si deve-
Amare è un sentimento cannibalesco, una lotta fra pari, fra eguali.
Non si mangiano i figli.
Non si sostituisce un primo piatto con il dessert, con il dolce.
I figli si fanno per un’esigenza vitale,
per appartenere al flusso eterno della sopravvivenza della specie.
Poi certo a loro si vuole bene, molto, moltissimo
Si è responsabili verso di loro, ci richiedono impegno, guida,
vogliono la nostra cura.
E noi siamo sempre lì, presenti, solleciti, pronti.
Noi li allattiamo, li svezziamo, e gli regaliamo l’autonomia.
Non è così? Dov'è che io sbaglio?
Non sono amici, non sono amanti, non sono giochi,
non sono per noi.
Sono solo per loro.
Sbaglia chi vuole da loro un alleato, una vendetta, un riscatto
Sbaglia chi allontana la moglie, il marito,
il suo amore per un essere fragile, appena nato.
Che grande ingiustizia! Che storia sbagliata!
A volte i figli si fanno per tante ragioni,
per ragioni diverse dal semplice atto, del solo piacere di generare.
Si fanno per garantirsi un uomo legato, un patrimonio da ereditare, un habitus da esporre.
Come Cornelia :-Ecco i miei gioielli-
dicono giulivi femmine e maschi
A volte si fanno con una violenza, con uno stupro, senza coscienza
Per un preservativo bucato, per una voglia improvvisa.
Si fanno alla cieca e si continua ad usarli senza una disciplina
Considerandoli solo dei piccoli puffi, dei mostri, dei cicciobelli.
Restano così per anni, bimbetti e bambine, alla mercé di adulti cretini, egoisti, sadici
che rubano loro infanzia e stupore.
Ne fanno uso, un abuso e vogliono poi il corrispettivo
Vogliono loro, i genitori, essere protetti, vogliono essere amati,
vogliono, vogliono.
Ma non si può! Lasciateli vivere! Lasciateli in pace!
Che possano loro respirare felici,
che possano loro capirci di più,
che possano loro amare la vita
Quella che noi gli abbiamo donato.
Ippolita Luzzo
Titolo alla maniera di Gibran- 30 settembre 2011-
I figli non sono di chi li genera.
Ogni figlio è un uomo e una donna
Ogni figlio è un essere a sé
Non si fanno figli per noi stessi
Si fanno per tutti - perché così è
Non sono le nostre proiezioni, i nostri desideri non avverati,
le nostre soddisfazioni.
Non sono il nostro ego che si espande.
Sono solo degli altri esseri umani.
Amare i figli-non si può- non si deve-
Amare è un sentimento cannibalesco, una lotta fra pari, fra eguali.
Non si mangiano i figli.
Non si sostituisce un primo piatto con il dessert, con il dolce.
I figli si fanno per un’esigenza vitale,
per appartenere al flusso eterno della sopravvivenza della specie.
Poi certo a loro si vuole bene, molto, moltissimo
Si è responsabili verso di loro, ci richiedono impegno, guida,
vogliono la nostra cura.
E noi siamo sempre lì, presenti, solleciti, pronti.
Noi li allattiamo, li svezziamo, e gli regaliamo l’autonomia.
Non è così? Dov'è che io sbaglio?
Non sono amici, non sono amanti, non sono giochi,
non sono per noi.
Sono solo per loro.
Sbaglia chi vuole da loro un alleato, una vendetta, un riscatto
Sbaglia chi allontana la moglie, il marito,
il suo amore per un essere fragile, appena nato.
Che grande ingiustizia! Che storia sbagliata!
A volte i figli si fanno per tante ragioni,
per ragioni diverse dal semplice atto, del solo piacere di generare.
Si fanno per garantirsi un uomo legato, un patrimonio da ereditare, un habitus da esporre.
Come Cornelia :-Ecco i miei gioielli-
dicono giulivi femmine e maschi
A volte si fanno con una violenza, con uno stupro, senza coscienza
Per un preservativo bucato, per una voglia improvvisa.
Si fanno alla cieca e si continua ad usarli senza una disciplina
Considerandoli solo dei piccoli puffi, dei mostri, dei cicciobelli.
Restano così per anni, bimbetti e bambine, alla mercé di adulti cretini, egoisti, sadici
che rubano loro infanzia e stupore.
Ne fanno uso, un abuso e vogliono poi il corrispettivo
Vogliono loro, i genitori, essere protetti, vogliono essere amati,
vogliono, vogliono.
Ma non si può! Lasciateli vivere! Lasciateli in pace!
Che possano loro respirare felici,
che possano loro capirci di più,
che possano loro amare la vita
Quella che noi gli abbiamo donato.
Ippolita Luzzo
giovedì 11 maggio 2017
Il florilegio di Floris
Floris è qui per presentare il suo libro oppure per parlare di bullismo? La domanda si esaurisce ben presto nell'aula convegni della Scuola media che lo ospita davanti agli alunni composti in sedia. Sono presenti anche le terze liceali del Classico e alcune classi dell'Istituto tecnico economico.
Si parlò solo del libro, avete comprato il libro? Chi ha comprato il libro? Quasi tutti avevano comprato il libro. Il libro non è autobiografico anche se alcuni episodi sono successi davvero nella cronaca. Il personaggio alla fine non esiste, o se esiste non lo conosceremo, esiste la mamma, una cattivella, a detta dell'autore.
Il bullismo è dappertutto e tutti possiamo essere bulli e bullizzati a secondo le situazioni.
Queste le interessantissime asserzioni di un convegno iniziato più o meno così: Lascio la parola, do la parola, e via, parola per parola, aspettiamo Floris abbia la parola augurandoci capiscano di aver davanti alunni della scuola media. Mi sorprende sempre come autorità e presentatori parlino nello stesso modo sia abbiano ad ascoltarli bimbi oppure adulti. Interessante cosa disse il sindaco:La perdita dello sguardo. Guardatevi dunque! Ha ragione, guardiamoci. Con chi?
Floris ci disse di apprezzare la molteplicità delle occasioni che si hanno, fu felice quando poté avere queste opportunità dalla scuola pubblica, W La scuola Pubblica, ci raccontò quella volta in cui un giornalista del Messaggero andò nella sua scuola a fare un corso di giornalismo e lui rimase giornalista a vita. Le scelte che segnano. La bellezza delle scelte.
I ragazzi facevano domande sul libro, ad un ragazzo della Terza C Floris fece una battuta che avranno capito in pochissimi. Non sei ripetente, chiese. Il giornalista accanto a me spiegò il significato rimandandomi ad un telefilm degli anni '80.
Il florilegio ad un certo punto mi spinse a raccontare un episodio della mia classe. Prendo il microfono. In una terza media Romeo, alunno dolcissimo e angelico, era continuamente vessato dal suo compagno di banco. Un giorno Romeo trova il coraggio di difendersi e dà uno schiaffo al prepotente che platealmente attira la mia attenzione lamentandosi di aver ricevuto uno schiaffo. Io non rimprovero Romeo, certo argomento che non bisogna alzare le mani, però mi esce dal cuore un Bravo Romeo, per un ragazzo che trova la forza di reagire ai soprusi, finalmente. I compagni sono contrari al mio gesto ed io lo racconto per questo, per dire che in classe non si accetta la violenza ma nel caso di Romeo è difesa. Quindi non punisco. Lui Floris non è d'accordo sul mio gesto, lui avrebbe punito Romeo, il debole, perché l'alunno avrebbe dovuto trovare altre forme per difendersi rivolgendosi all'autorità costituita, in quel caso all'insegnante o al preside. Quindi caro Floris noi tutti per ogni ingiustizia, violenza, offesa, ci rivolgeremo all'autorità costituita? Capisco che sembra difficilissimo difendere un debole che reagisce, capisco che è più facile ornarsi di belle parole e demandare, e così ridò il microfono sconsolata da tanto conformismo al comune sentire. Le autorità dovrebbero quindi risolvere ogni difficile incontro fra i banchi? Mi riesce impossibile non difendere i deboli davvero...
Bravo Floris che avrebbe mandato Romeo dal Preside. Così mi disse. Avete comprato il libro?
Si parlò solo del libro, avete comprato il libro? Chi ha comprato il libro? Quasi tutti avevano comprato il libro. Il libro non è autobiografico anche se alcuni episodi sono successi davvero nella cronaca. Il personaggio alla fine non esiste, o se esiste non lo conosceremo, esiste la mamma, una cattivella, a detta dell'autore.
Il bullismo è dappertutto e tutti possiamo essere bulli e bullizzati a secondo le situazioni.
Queste le interessantissime asserzioni di un convegno iniziato più o meno così: Lascio la parola, do la parola, e via, parola per parola, aspettiamo Floris abbia la parola augurandoci capiscano di aver davanti alunni della scuola media. Mi sorprende sempre come autorità e presentatori parlino nello stesso modo sia abbiano ad ascoltarli bimbi oppure adulti. Interessante cosa disse il sindaco:La perdita dello sguardo. Guardatevi dunque! Ha ragione, guardiamoci. Con chi?
Floris ci disse di apprezzare la molteplicità delle occasioni che si hanno, fu felice quando poté avere queste opportunità dalla scuola pubblica, W La scuola Pubblica, ci raccontò quella volta in cui un giornalista del Messaggero andò nella sua scuola a fare un corso di giornalismo e lui rimase giornalista a vita. Le scelte che segnano. La bellezza delle scelte.
I ragazzi facevano domande sul libro, ad un ragazzo della Terza C Floris fece una battuta che avranno capito in pochissimi. Non sei ripetente, chiese. Il giornalista accanto a me spiegò il significato rimandandomi ad un telefilm degli anni '80.
Il florilegio ad un certo punto mi spinse a raccontare un episodio della mia classe. Prendo il microfono. In una terza media Romeo, alunno dolcissimo e angelico, era continuamente vessato dal suo compagno di banco. Un giorno Romeo trova il coraggio di difendersi e dà uno schiaffo al prepotente che platealmente attira la mia attenzione lamentandosi di aver ricevuto uno schiaffo. Io non rimprovero Romeo, certo argomento che non bisogna alzare le mani, però mi esce dal cuore un Bravo Romeo, per un ragazzo che trova la forza di reagire ai soprusi, finalmente. I compagni sono contrari al mio gesto ed io lo racconto per questo, per dire che in classe non si accetta la violenza ma nel caso di Romeo è difesa. Quindi non punisco. Lui Floris non è d'accordo sul mio gesto, lui avrebbe punito Romeo, il debole, perché l'alunno avrebbe dovuto trovare altre forme per difendersi rivolgendosi all'autorità costituita, in quel caso all'insegnante o al preside. Quindi caro Floris noi tutti per ogni ingiustizia, violenza, offesa, ci rivolgeremo all'autorità costituita? Capisco che sembra difficilissimo difendere un debole che reagisce, capisco che è più facile ornarsi di belle parole e demandare, e così ridò il microfono sconsolata da tanto conformismo al comune sentire. Le autorità dovrebbero quindi risolvere ogni difficile incontro fra i banchi? Mi riesce impossibile non difendere i deboli davvero...
Bravo Floris che avrebbe mandato Romeo dal Preside. Così mi disse. Avete comprato il libro?
domenica 7 maggio 2017
Fabio Strinati Dal Proprio Nido Alla Vita
Edito a novembre 2016 nella collana I Tascabili da Il Foglio Letterario, diretto da Gordiano Lupi, giunge in Litweb nel giorno della Libertà di stampa, questo poemetto, così lo chiama il suo autore ed io lo porto con me alla libreria Ubik di Catanzaro lido dove quella sera leggerò un mio pezzo su Sacro fuoco, Storie di libertà di stampa, in ricordo di Alessandro Bozzo. Parlo con Gianluca Pitari, poeta e narratore, di Fabio Strinati, gli faccio leggere il libro e lui mi dice: Vedi, di queste letture noi possiamo venire a conoscenza solo in coincidenze fortuite come queste.
E si segna il nome dell'autore.
Io sorrido ricordando le parole di Domenico Dara: La coincidenza è una risposta ad una domanda forte.
Mi giungono così le risposte alle mie domande al mondo che ha preso a rispondermi così, con i libri, facendomi recapitare nell'esilio di un luogo solitario la vita di tanti, Dal proprio nido alla loro vita.
Anche Fabio si fida, come si fidano in tanti, della mia lettura attenta e affettuosa, del mio scrivere senza filtro e di impulso, oggi pomeriggio sono proprio accanto ai pensieri di Fabio e casa mia, silenziosa, ospita Piombino, Il cielo Sopra Piombino, il trailer tratto dal libro di Gordiano Lupi, Miracolo a Piombino, il romanzo presentato al Premio Strega che è stato fonte di ispirazione di questo poema. Non ho ancora letto "Miracolo a Piombino Storia di Marco e un gabbiano" di Gordiano Lupi, edito dalla casa editrice cesenate Historica di Francesco Giubilei, al Premio Strega 2014, non sapevo quasi nulla di Piombino se non le sue coordinate geografiche però ora sfogliando e leggendo vedo le immagini di Claudio Conti, fotografie in bianco e nero, e mi faccio compagnia con questo viaggio personale sui tasti di un pc.
Ho messo al libro tantissime orecchiette "Ho sempre desiderato poter raccontare la mia vita a qualcuno" scrive Fabio a pagina 46, in questa confessione di una vita che vorrebbe volare come una rondine.
Diario di rondine mi viene in mente, della Nothomb, in cui al di là della vicenda che mi rapì, fu un diario sottratto a dare il senso del tutto, ed in questo diario di Fabio "la maturità è quel succoso frutto appeso all'albero, è l'ingresso che ci permette di soffocare i nostri ricordi"
Un diario sincero fino alla naturalità del gesto, all'adesione al vento, all'edera dei campi, al fiorellino di campagna, alla rondine che è quella della poesia e del romanzo inedito, così come è inedita la vita della giovinezza, io aggiungerei la vita che sa ricominciare a qualsiasi età si trovi ad esordire. Non tutti cominciano a vivere con il respiro iniziale ed abbiamo un tempo diverso in cui riusciremo ad andare dal nido alla vita, al volo. "Se riuscissimo a capire il freddo, la sua pungente ironia che sa attraversare le nostre meningi come coltelli nel burro" sarei tentata di continuare a scrivervi ampi stralci di questo diario "Un giorno ricordo che c'era un sole che sembrava essere più grande del solito... il sole mi appariva più grande, più cocente"
Quell'amplificazione del sentire che una condizione di solitudine può regalare, quel sole gigantesco non riesce a riscaldare il freddo, l'enorme cella frigorifera, un ragazzo insicuro, preso di mira dai ragazzi del vicinato.
"Un uomo deve poter essere uomo per poter vedere dentro di sé"
Torniamo sempre a pagina 46 dove i treni fischiano, il dolore è una fitta al cuore, e ogni "uomo deve poter camminare con le sue gambe per poter capire i luoghi." Sentendo la musicalità interiore del canto di una anima, sento il concerto grande di tutta una natura che partecipa al destino individuale di ciascuno di noi, e così ogni passaggio di Fabio rimanda ai miei mille e più pezzi anche essi diario di "offese che creano quella bolla spessa ed invisibile"
Due però sono gli aggettivi che ci appartengono come proprietà privata qualsiasi cosa ci possa succedere nel volo dal proprio nido alla vita e sono l'essere Sincero e l'essere Saggio, ed il vento ci porterà lontano.
Nella vita che ci somiglia pur nella diversità, il mio omaggio a Fabio che a sua volta scrive per Gordiano che a sua volta... nel cerchio magico del nostro volo. Un sacro fuoco ci riscalderà
Ippolita Luzzo
E si segna il nome dell'autore.
Io sorrido ricordando le parole di Domenico Dara: La coincidenza è una risposta ad una domanda forte.
Mi giungono così le risposte alle mie domande al mondo che ha preso a rispondermi così, con i libri, facendomi recapitare nell'esilio di un luogo solitario la vita di tanti, Dal proprio nido alla loro vita.
Anche Fabio si fida, come si fidano in tanti, della mia lettura attenta e affettuosa, del mio scrivere senza filtro e di impulso, oggi pomeriggio sono proprio accanto ai pensieri di Fabio e casa mia, silenziosa, ospita Piombino, Il cielo Sopra Piombino, il trailer tratto dal libro di Gordiano Lupi, Miracolo a Piombino, il romanzo presentato al Premio Strega che è stato fonte di ispirazione di questo poema. Non ho ancora letto "Miracolo a Piombino Storia di Marco e un gabbiano" di Gordiano Lupi, edito dalla casa editrice cesenate Historica di Francesco Giubilei, al Premio Strega 2014, non sapevo quasi nulla di Piombino se non le sue coordinate geografiche però ora sfogliando e leggendo vedo le immagini di Claudio Conti, fotografie in bianco e nero, e mi faccio compagnia con questo viaggio personale sui tasti di un pc.
Ho messo al libro tantissime orecchiette "Ho sempre desiderato poter raccontare la mia vita a qualcuno" scrive Fabio a pagina 46, in questa confessione di una vita che vorrebbe volare come una rondine.
Diario di rondine mi viene in mente, della Nothomb, in cui al di là della vicenda che mi rapì, fu un diario sottratto a dare il senso del tutto, ed in questo diario di Fabio "la maturità è quel succoso frutto appeso all'albero, è l'ingresso che ci permette di soffocare i nostri ricordi"
Un diario sincero fino alla naturalità del gesto, all'adesione al vento, all'edera dei campi, al fiorellino di campagna, alla rondine che è quella della poesia e del romanzo inedito, così come è inedita la vita della giovinezza, io aggiungerei la vita che sa ricominciare a qualsiasi età si trovi ad esordire. Non tutti cominciano a vivere con il respiro iniziale ed abbiamo un tempo diverso in cui riusciremo ad andare dal nido alla vita, al volo. "Se riuscissimo a capire il freddo, la sua pungente ironia che sa attraversare le nostre meningi come coltelli nel burro" sarei tentata di continuare a scrivervi ampi stralci di questo diario "Un giorno ricordo che c'era un sole che sembrava essere più grande del solito... il sole mi appariva più grande, più cocente"
Quell'amplificazione del sentire che una condizione di solitudine può regalare, quel sole gigantesco non riesce a riscaldare il freddo, l'enorme cella frigorifera, un ragazzo insicuro, preso di mira dai ragazzi del vicinato.
"Un uomo deve poter essere uomo per poter vedere dentro di sé"
Torniamo sempre a pagina 46 dove i treni fischiano, il dolore è una fitta al cuore, e ogni "uomo deve poter camminare con le sue gambe per poter capire i luoghi." Sentendo la musicalità interiore del canto di una anima, sento il concerto grande di tutta una natura che partecipa al destino individuale di ciascuno di noi, e così ogni passaggio di Fabio rimanda ai miei mille e più pezzi anche essi diario di "offese che creano quella bolla spessa ed invisibile"
Due però sono gli aggettivi che ci appartengono come proprietà privata qualsiasi cosa ci possa succedere nel volo dal proprio nido alla vita e sono l'essere Sincero e l'essere Saggio, ed il vento ci porterà lontano.
Nella vita che ci somiglia pur nella diversità, il mio omaggio a Fabio che a sua volta scrive per Gordiano che a sua volta... nel cerchio magico del nostro volo. Un sacro fuoco ci riscalderà
Ippolita Luzzo
sabato 6 maggio 2017
Il tempo in Tomasi di Lampedusa negli studi di Maria Antonietta Ferraloro
Ospite dell'Uniter e presentata da Costanza FalvoD' Urso Maria Antonietta Ferraloro, il cinque maggio a Lamezia, ha esordito chiedendosi lo stesso concetto di tempo presente nel lavoro pittorico di Agostino Tulumello. Nell'opera di Agostino la parola tempo scritta con un pennello molto grosso si dilava sulla carta sotto tutta una ragnatela di segni incrociati che segnano la nostra intricata vicenda relazionale col tempo stesso.
Maria Antonietta inizierà la sua ricerca negli anni passati su un periodo della vita di Tomasi Di Lamedusa in cui lui soggiornò a Ficarra, paese di nascita e dell'infanzia di Maria Antonietta. Ficarra è un paese in provincia di Messina e lo scrittore vi soggiornò nell'estate del '43, tra gli ultimi giorni di luglio e la prima decade di agosto, il principe Giuseppe con la moglie, la psicoanalista Licy Wolff Stomersee, moglie con cui ha avuto fino a quel momento soprattutto un legame epistolare. Maria Antonietta si chiederà sempre quanto abbia influito quel soggiorno nello scrittore e se avesse potuto rinvenirne tracce nel suo romanzo Il Gattopardo. Dopo aver vinto il dottorato di ricerca all'Università di Catania, segue, come una Poirot in gonnella, ogni traccia e per un anno intero non trova nulla. Addirittura qualcuno, molto accreditato come studioso di Tomasi, la consiglierà di lasciar perdere.
Ma il tempo si sparge e si allarga e restituisce a chi sa quella traccia cercata perché sotto i vari lavaggi di un tessuto restano sempre impresse le tracce. Così poi per caso e all'improvviso ma frutto di tanto cercare Maria Antonietta può raccogliere testimonianze e riscontri precisi scoprendo anche per caso di aver scritto un libro. Un vero libro. Forte della concezione etica della letteratura diffonde il suo sapere e ce lo dona con semplicità e dolcezza. Ed eccola a mostrarci tutti coloro che parlarono di Tomasi dopo il successo del Gattopardo, da Spinazzola che lo definì romanzo ottocentesco a Calvino che ne rinvenne le raffinate esperienze di letteratura moderna. a Bazlen che scrisse: Una pagina brutta del Gattopardo vale tutti "I Gettoni"
E continua a parlarci delle lezioni che Tomasi teneva a pochissimi allievi, due, massimo cinque allievi, lezioni memorabili, mille e più pagine di sterminata cultura. Con Auerbach impariamo a non stravolgere il senso del testo analizzato ma a prendere ognuno di noi quel che ci piace e ci sembra consono, così anche questi miei appunti seguono la stessa linea, senza cambiare il senso. Con Maria Antonietta siamo a Ficarra, nel periodo della guerra della seconda guerra mondiale, allo sbarco degli alleati, a Brolo, e poi nel giardino di Lucio Piccolo, il cugino di Tomasi, giardino dove un soldato viene abbandonato morente dai tedeschi in fuga. Sarà lo stesso soldato, borbonico nel romanzo, che ritroviamo nelle prime pagine e del Gattopardo, scorto da Don Fabrizio durante la passeggiata. Siamo con Maria Antonietta da Montale e siamo in quella lettera in cui Tomasi scrive che non esistono i miracoli in letteratura o almeno pur se a volte accadono sono rarissimi. In realtà ogni nuovo vissuto letterario ha già vissuto nel tempo e ci viene restituito in altre forme attraverso quel reticolo di studi che aggangia saldamente uno studioso ad un altro nel bene immenso della letterarietà salvifica.
Nei miei appunti partecipati accanto a Maria Antonietta avrei scritto su tante altre meraviglie ascoltate ma rimando ognuno di coloro che mi leggerà ai due libri di Maria Antonietta nella felicità della Litweb. Il tempo ci sia clemente e misericordioso dai tempi dei tempi e non permetta il dilavamento delle conoscenza nel nome della pietas e di una letteratura etica
Ippolita Luzzo
Maria Antonietta Ferraloro autrice nel 2014 di Tomasi di Lampedusa e i luoghi del Gattopardo, finalista al premio Brancati, la studiosa siciliana pubblica nel mese di gennaio 2017 L’opera-orologio. Saggi sul Gattopardo, sempre per Pacini Editore
Maria Antonietta inizierà la sua ricerca negli anni passati su un periodo della vita di Tomasi Di Lamedusa in cui lui soggiornò a Ficarra, paese di nascita e dell'infanzia di Maria Antonietta. Ficarra è un paese in provincia di Messina e lo scrittore vi soggiornò nell'estate del '43, tra gli ultimi giorni di luglio e la prima decade di agosto, il principe Giuseppe con la moglie, la psicoanalista Licy Wolff Stomersee, moglie con cui ha avuto fino a quel momento soprattutto un legame epistolare. Maria Antonietta si chiederà sempre quanto abbia influito quel soggiorno nello scrittore e se avesse potuto rinvenirne tracce nel suo romanzo Il Gattopardo. Dopo aver vinto il dottorato di ricerca all'Università di Catania, segue, come una Poirot in gonnella, ogni traccia e per un anno intero non trova nulla. Addirittura qualcuno, molto accreditato come studioso di Tomasi, la consiglierà di lasciar perdere.
Ma il tempo si sparge e si allarga e restituisce a chi sa quella traccia cercata perché sotto i vari lavaggi di un tessuto restano sempre impresse le tracce. Così poi per caso e all'improvviso ma frutto di tanto cercare Maria Antonietta può raccogliere testimonianze e riscontri precisi scoprendo anche per caso di aver scritto un libro. Un vero libro. Forte della concezione etica della letteratura diffonde il suo sapere e ce lo dona con semplicità e dolcezza. Ed eccola a mostrarci tutti coloro che parlarono di Tomasi dopo il successo del Gattopardo, da Spinazzola che lo definì romanzo ottocentesco a Calvino che ne rinvenne le raffinate esperienze di letteratura moderna. a Bazlen che scrisse: Una pagina brutta del Gattopardo vale tutti "I Gettoni"
E continua a parlarci delle lezioni che Tomasi teneva a pochissimi allievi, due, massimo cinque allievi, lezioni memorabili, mille e più pagine di sterminata cultura. Con Auerbach impariamo a non stravolgere il senso del testo analizzato ma a prendere ognuno di noi quel che ci piace e ci sembra consono, così anche questi miei appunti seguono la stessa linea, senza cambiare il senso. Con Maria Antonietta siamo a Ficarra, nel periodo della guerra della seconda guerra mondiale, allo sbarco degli alleati, a Brolo, e poi nel giardino di Lucio Piccolo, il cugino di Tomasi, giardino dove un soldato viene abbandonato morente dai tedeschi in fuga. Sarà lo stesso soldato, borbonico nel romanzo, che ritroviamo nelle prime pagine e del Gattopardo, scorto da Don Fabrizio durante la passeggiata. Siamo con Maria Antonietta da Montale e siamo in quella lettera in cui Tomasi scrive che non esistono i miracoli in letteratura o almeno pur se a volte accadono sono rarissimi. In realtà ogni nuovo vissuto letterario ha già vissuto nel tempo e ci viene restituito in altre forme attraverso quel reticolo di studi che aggangia saldamente uno studioso ad un altro nel bene immenso della letterarietà salvifica.
Nei miei appunti partecipati accanto a Maria Antonietta avrei scritto su tante altre meraviglie ascoltate ma rimando ognuno di coloro che mi leggerà ai due libri di Maria Antonietta nella felicità della Litweb. Il tempo ci sia clemente e misericordioso dai tempi dei tempi e non permetta il dilavamento delle conoscenza nel nome della pietas e di una letteratura etica
Ippolita Luzzo
Maria Antonietta Ferraloro autrice nel 2014 di Tomasi di Lampedusa e i luoghi del Gattopardo, finalista al premio Brancati, la studiosa siciliana pubblica nel mese di gennaio 2017 L’opera-orologio. Saggi sul Gattopardo, sempre per Pacini Editore
lunedì 1 maggio 2017
Ho un altro sud in testa
Ho un altro sud in testa
il sud che ho conosciuto io
senza le tavolate e senza parenti intorno.
Il sud del silenzio e della monotonia.
Ho un altro sud da raccontarvi
dove la vita non ha colore
nemmeno al sole dell'estate,
senza mare e comitive, senza inviti.
Il sud della solitudine.
Un sud che non vuole far nascere
e se è nato non vuole far vivere quel corpo
che anelerebbe vita.
Uccisi dall'indifferenza
al sud si asciugano i giorni dietro un balcone.
Le buche, le cacche dei cani, le bottiglie vuote di birra,
le erbacce lungo i muri delle case, la spazzatura gigante,
ed il silenzio dei rapporti morti.
I vivi sono morti più dei morti,
di chi non ci sta più,
i vivi ci stanno da fantasmi e
il cimitero sembra il luogo più social di tutto il sud.
Ho un altro sud in testa
e mi spiace molto non averlo abbandonato al suo destino.
Un sud dove non vorrei mai ritornare,
sono stata qui ad espiare
non essendo riuscita ad andare via.
Ho un altro sud in testa
il sud della disperazione
e una faccia è l'inferno quotidiano.
il sud che ho conosciuto io
senza le tavolate e senza parenti intorno.
Il sud del silenzio e della monotonia.
Ho un altro sud da raccontarvi
dove la vita non ha colore
nemmeno al sole dell'estate,
senza mare e comitive, senza inviti.
Il sud della solitudine.
Un sud che non vuole far nascere
e se è nato non vuole far vivere quel corpo
che anelerebbe vita.
Uccisi dall'indifferenza
al sud si asciugano i giorni dietro un balcone.
Le buche, le cacche dei cani, le bottiglie vuote di birra,
le erbacce lungo i muri delle case, la spazzatura gigante,
ed il silenzio dei rapporti morti.
I vivi sono morti più dei morti,
di chi non ci sta più,
i vivi ci stanno da fantasmi e
il cimitero sembra il luogo più social di tutto il sud.
Ho un altro sud in testa
e mi spiace molto non averlo abbandonato al suo destino.
Un sud dove non vorrei mai ritornare,
sono stata qui ad espiare
non essendo riuscita ad andare via.
Ho un altro sud in testa
il sud della disperazione
e una faccia è l'inferno quotidiano.
Fare Pubblico al Tip
In collaborazione con Primavera dei teatri il 28,29 e 30 aprile
Fare Pubblico / nuove dialettiche del fare e del vedere a Teatro
Pubblico · Organizzato da Scenari Visibili e TIP Teatro.
Tre giorni nel teatro.
Il teatro a Lamezia ha una tradizione forte ed ottime compagnie da molti anni sperimentano nuove forme di espressione e coinvolgono il pubblico e gli studenti con laboratori e proposte.
Il Tip Teatro, nato da pochi mesi, in un palazzo del centro storico cittadino, è uno dei luoghi dove è possibile assistere al teatro partecipato.
Così mi iscrivo felice a questa tre giorni di seminari e studio.
Gli appunti presi cominciano con le parole di Dario Natale, regista e attore della compagnia Scenari Visibili: Esigenza del presente.
Questi due giorni di seminari sono una esigenza del presente. E ci troviamo in una sede piccola, in una realtà nata da poco dopo che i teatri a Lamezia furono vinti per bando da una associazione di tecnici. Con noi alcuni alunni del Liceo Campanella e del Liceo Scientifico che frequenteranno i corsi sul teatro.
Albano, Pisano,Toppi, come Zoff, Burgnich e Facchetti. La difesa del nostro teatro declinata come i mitici tre di una nazionale di calcio
Ho segnato con un solo lemma a volte tutto un lungo raccontare di Settimio Pisano su Primavera dei Teatri a Castrovillari, realtà che compie 18 anni, nata nel '99, dal nulla.
Verginità di un territorio, teatro diverso e alto, qualità e poi quella prima volta con l'Orlando Furioso. Una scommessa difficile in un territorio lontano dalle vie di comunicazioni più accessibili e con un teatro cittadino chiuso da tempo. Ora invece le compagnie debuttano per la loro prima messa in scena proprio a Castrovillari davanti ad un pubblico eterogeneo fatto di persone che si fidano delle proposte. Un teatro legato al testo scritto, un teatro che deve parlare delle contraddizioni e dare un motivo a chi viene di sopportare il disagio del viaggio ed ai residenti l'orgoglio di parteciparvi.
Vincenzo Albano organizza a Salerno altra splendida realtà e stagione teatrale. E di lui mi piace ricordare le sue parole: "Siamo abituati a pensare in piccolo. Noi dobbiamo cambiare linguaggio e metodo per convincere i privati a sponsorizzare le nostre iniziative." Partendo dal dato di fatto che la manna dei contributi pubblici vada nel mare della nullità, chiunque voglia far teatro dovrà rivolgersi altrove con numeri alla mano e lavorare sulla visibilità e convenienza di quella iniziativa.
Conferma AlessandroToppi che i soldi pubblici vanno a Napoli, per esempio, ad un certo Alfredo Balsamo presidente di circuiti teatrali che dovrebbe circuitare e circuitizza un bel nulla.
Toppi ci racconta la sua formazione di critico partendo da Roberto De Monticelli, suoi pezzi di critica raccolti nel Le mille notti di un critico, e da Franco Quadri fino a Giulio Baffi che rappresenta gli anni ottanta novanta della critica. Una critica fatta senza slanci, anzi la prima frase che Baffi disse a Toppi fu: "La critica è morta." Per Toppi, come pure per me in altri campi, la funzione della critica è testimonianza. Veniamo da anni di sciupio incredibile, il ventennio berlusconiano ha dissolto troppo e tanto ma le radici di un territorio sopravvivono anche al fuoco e al gelo. Là dove non c'era nulla ora c'è una splendida realtà e il vincolo della fiducia fra noi si riforma nel riportare tutto ad un senso.
Dalla novella di Cechov " La legge del fucile" Toppi racconta con Cechov di quel fucile appeso ad un muro e descritto dal narratore all'inizio e conclude con l'esigenza che il fucile alla fine spari. Ogni cosa si riunisce al suo inizio in una circolarità che forma l'idea del tempo: esserci. L'esigenza del presente.
Paola Abenavoli ci raggiunge sabato mattina e racconta di una rinascita. il teatro che rinasce dalle periferie, ci racconta di una ricerca per un nuovo linguaggio contro la massificazione dei grandi teatri nazionali appannaggio di compagnie ormai consolidate.
Dalle periferie la voglia di recuperare il dialetto come diversità non come scimmiottamento, l'uso cambia, rispetto alle compagnie dialettali che sempre hanno portato in scena un modello stereotipato di dialetto, ora in queste nuove commistioni fra italiano e dialetto, in un dialetto ritrovato e rispettato ci sta tutta la carica rivoluzionaria di una conquista. Paola ricorda Dissonorata di Saverio la Ruina, la vita difficile al sud di donne sacrificate, Patres di Saverio Tavano, recitato da Dario Natale e GianLuca Vetromilo, l'avvelenamento dei rapporti padre figlio e l'avvelenamento di un territorio. Un dialetto che diventa una musica e quindi universale. Un dialetto come riscatto.
Con Albano tracciamo parabole e ricomponiamo frammenti a Salerno, la parola scritta compie una parabola e immaginiamo tutti questa linea andare da noi a loro, dal teatro alla strada, dal teatro all'interno dell'autore stesso in un attraversare che ci fa camminare e giocare insieme. Ci parla di scouting e di competenze trasversali affinché un testo venga letto tramite le fotografie e le musiche, con il retroterra di pensiero, nostra ricchezza.
E con il ritmo del verso modulato secondo il rumore delle onde del mare che Mimmo Borrelli, drammaturgo della zona Flegrea, di Bacoli, di Torre del Greco, insegna a contare ad Alessandro Toppi, sulle dita della mano, ci lasciamo cullare dal rumore del mare.
Un teatro amato.
Ippolita Luzzo
~ Settimio Pisano: Responsabile organizzativo di Scena Verticale e del festival Primavera dei Teatri (Premio Speciale UBU 2009, Premio G.Bartolucci 2001).
~ Alessandro Toppi: Critico teatrale, direttore responsabile del magazine online ilpickwick.it
~ Vincenzo Albano: Ideatore e direttore artistico del festival Mutaverso Teatro (Salerno)
~ Paola Abenavoli: Giornalista e critico teatrale, collabora con il Sole 24 Ore, con il trimestrale di teatro Hystrio, suo il blog culturalife.it
Il programma:
28 aprile
● 10:00-11:00: "Il teatro contemporaneo, i suoi codici, i suoi festival" incontro a cura di Settimio Pisano (Scena Verticale - Primavera dei Teatri)
● 11:00-13:00: "Responsabilità dello spettatore, fruizione e traduzione di un'opera. La scena meridionale"
a cura di Alessandro Toppi (Il Pickwick, Napoli)
● 15:30-18:00: "Stati generali del teatro calabrese" assemblea plenaria costituente del Coordinamento Teatri Calabresi
● 21:00: "Come un granello di sabbia - Giuseppe Gulotta, storia di un innocente" (Mana Chuma Teatro, finalista In Box 2016)
/ 29 aprile /
● 10:00-11:00: "Teatri a Sud: nuova drammaturgia meridiana" incontro a cura di Paola Abenavoli (Hystrio, Cultural Life)
● 11:00-12:00: "Il teatro contemporaneo, i suoi codici, i suoi festival" incontro a cura di Vincenzo Albano (Mutaverso, Salerno)
● 12:00-13:00: "Responsabilità dello spettatore, fruizione e traduzione di un'opera. Forum recensioni partecipanti"
a cura di Alessandro Toppi (Il Pickwick, Napoli)
● 21:00: "Postit" (Studio) Scenari Visibili
/ 30 aprile /
● 10:00-12:00: "Responsabilità dello spettatore, fruizione e traduzione di un'opera. Forum recensioni partecipanti 2"
a cura di Alessandro Toppi (Il Pickwick, Napoli)
____________
FARE PUBBLICO è rivolto a studenti, operatori, artisti e pubblico.
Fare Pubblico / nuove dialettiche del fare e del vedere a Teatro
Pubblico · Organizzato da Scenari Visibili e TIP Teatro.
Tre giorni nel teatro.
Il teatro a Lamezia ha una tradizione forte ed ottime compagnie da molti anni sperimentano nuove forme di espressione e coinvolgono il pubblico e gli studenti con laboratori e proposte.
Il Tip Teatro, nato da pochi mesi, in un palazzo del centro storico cittadino, è uno dei luoghi dove è possibile assistere al teatro partecipato.
Così mi iscrivo felice a questa tre giorni di seminari e studio.
Gli appunti presi cominciano con le parole di Dario Natale, regista e attore della compagnia Scenari Visibili: Esigenza del presente.
Questi due giorni di seminari sono una esigenza del presente. E ci troviamo in una sede piccola, in una realtà nata da poco dopo che i teatri a Lamezia furono vinti per bando da una associazione di tecnici. Con noi alcuni alunni del Liceo Campanella e del Liceo Scientifico che frequenteranno i corsi sul teatro.
Albano, Pisano,Toppi, come Zoff, Burgnich e Facchetti. La difesa del nostro teatro declinata come i mitici tre di una nazionale di calcio
Ho segnato con un solo lemma a volte tutto un lungo raccontare di Settimio Pisano su Primavera dei Teatri a Castrovillari, realtà che compie 18 anni, nata nel '99, dal nulla.
Verginità di un territorio, teatro diverso e alto, qualità e poi quella prima volta con l'Orlando Furioso. Una scommessa difficile in un territorio lontano dalle vie di comunicazioni più accessibili e con un teatro cittadino chiuso da tempo. Ora invece le compagnie debuttano per la loro prima messa in scena proprio a Castrovillari davanti ad un pubblico eterogeneo fatto di persone che si fidano delle proposte. Un teatro legato al testo scritto, un teatro che deve parlare delle contraddizioni e dare un motivo a chi viene di sopportare il disagio del viaggio ed ai residenti l'orgoglio di parteciparvi.
Vincenzo Albano organizza a Salerno altra splendida realtà e stagione teatrale. E di lui mi piace ricordare le sue parole: "Siamo abituati a pensare in piccolo. Noi dobbiamo cambiare linguaggio e metodo per convincere i privati a sponsorizzare le nostre iniziative." Partendo dal dato di fatto che la manna dei contributi pubblici vada nel mare della nullità, chiunque voglia far teatro dovrà rivolgersi altrove con numeri alla mano e lavorare sulla visibilità e convenienza di quella iniziativa.
Conferma AlessandroToppi che i soldi pubblici vanno a Napoli, per esempio, ad un certo Alfredo Balsamo presidente di circuiti teatrali che dovrebbe circuitare e circuitizza un bel nulla.
Toppi ci racconta la sua formazione di critico partendo da Roberto De Monticelli, suoi pezzi di critica raccolti nel Le mille notti di un critico, e da Franco Quadri fino a Giulio Baffi che rappresenta gli anni ottanta novanta della critica. Una critica fatta senza slanci, anzi la prima frase che Baffi disse a Toppi fu: "La critica è morta." Per Toppi, come pure per me in altri campi, la funzione della critica è testimonianza. Veniamo da anni di sciupio incredibile, il ventennio berlusconiano ha dissolto troppo e tanto ma le radici di un territorio sopravvivono anche al fuoco e al gelo. Là dove non c'era nulla ora c'è una splendida realtà e il vincolo della fiducia fra noi si riforma nel riportare tutto ad un senso.
Dalla novella di Cechov " La legge del fucile" Toppi racconta con Cechov di quel fucile appeso ad un muro e descritto dal narratore all'inizio e conclude con l'esigenza che il fucile alla fine spari. Ogni cosa si riunisce al suo inizio in una circolarità che forma l'idea del tempo: esserci. L'esigenza del presente.
Paola Abenavoli ci raggiunge sabato mattina e racconta di una rinascita. il teatro che rinasce dalle periferie, ci racconta di una ricerca per un nuovo linguaggio contro la massificazione dei grandi teatri nazionali appannaggio di compagnie ormai consolidate.
Dalle periferie la voglia di recuperare il dialetto come diversità non come scimmiottamento, l'uso cambia, rispetto alle compagnie dialettali che sempre hanno portato in scena un modello stereotipato di dialetto, ora in queste nuove commistioni fra italiano e dialetto, in un dialetto ritrovato e rispettato ci sta tutta la carica rivoluzionaria di una conquista. Paola ricorda Dissonorata di Saverio la Ruina, la vita difficile al sud di donne sacrificate, Patres di Saverio Tavano, recitato da Dario Natale e GianLuca Vetromilo, l'avvelenamento dei rapporti padre figlio e l'avvelenamento di un territorio. Un dialetto che diventa una musica e quindi universale. Un dialetto come riscatto.
Con Albano tracciamo parabole e ricomponiamo frammenti a Salerno, la parola scritta compie una parabola e immaginiamo tutti questa linea andare da noi a loro, dal teatro alla strada, dal teatro all'interno dell'autore stesso in un attraversare che ci fa camminare e giocare insieme. Ci parla di scouting e di competenze trasversali affinché un testo venga letto tramite le fotografie e le musiche, con il retroterra di pensiero, nostra ricchezza.
E con il ritmo del verso modulato secondo il rumore delle onde del mare che Mimmo Borrelli, drammaturgo della zona Flegrea, di Bacoli, di Torre del Greco, insegna a contare ad Alessandro Toppi, sulle dita della mano, ci lasciamo cullare dal rumore del mare.
Un teatro amato.
Ippolita Luzzo
~ Settimio Pisano: Responsabile organizzativo di Scena Verticale e del festival Primavera dei Teatri (Premio Speciale UBU 2009, Premio G.Bartolucci 2001).
~ Alessandro Toppi: Critico teatrale, direttore responsabile del magazine online ilpickwick.it
~ Vincenzo Albano: Ideatore e direttore artistico del festival Mutaverso Teatro (Salerno)
~ Paola Abenavoli: Giornalista e critico teatrale, collabora con il Sole 24 Ore, con il trimestrale di teatro Hystrio, suo il blog culturalife.it
Il programma:
28 aprile
● 10:00-11:00: "Il teatro contemporaneo, i suoi codici, i suoi festival" incontro a cura di Settimio Pisano (Scena Verticale - Primavera dei Teatri)
● 11:00-13:00: "Responsabilità dello spettatore, fruizione e traduzione di un'opera. La scena meridionale"
a cura di Alessandro Toppi (Il Pickwick, Napoli)
● 15:30-18:00: "Stati generali del teatro calabrese" assemblea plenaria costituente del Coordinamento Teatri Calabresi
● 21:00: "Come un granello di sabbia - Giuseppe Gulotta, storia di un innocente" (Mana Chuma Teatro, finalista In Box 2016)
/ 29 aprile /
● 10:00-11:00: "Teatri a Sud: nuova drammaturgia meridiana" incontro a cura di Paola Abenavoli (Hystrio, Cultural Life)
● 11:00-12:00: "Il teatro contemporaneo, i suoi codici, i suoi festival" incontro a cura di Vincenzo Albano (Mutaverso, Salerno)
● 12:00-13:00: "Responsabilità dello spettatore, fruizione e traduzione di un'opera. Forum recensioni partecipanti"
a cura di Alessandro Toppi (Il Pickwick, Napoli)
● 21:00: "Postit" (Studio) Scenari Visibili
/ 30 aprile /
● 10:00-12:00: "Responsabilità dello spettatore, fruizione e traduzione di un'opera. Forum recensioni partecipanti 2"
a cura di Alessandro Toppi (Il Pickwick, Napoli)
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FARE PUBBLICO è rivolto a studenti, operatori, artisti e pubblico.