Per LameziaSummertime ritorna Il Caso Spotlight, da me visto all'indomani dell'Oscar. Questo il mio pezzo di quella sera.
Al cinema, al cinema, ore 22, al cinema ieri sera.
La sala al completo.
Molti gli spettatori venuti per vedere Il Caso Spotlight da poco Oscar 2016 come miglior film e migliore sceneggiatura.
Anche io, grazie a Carla, sono al cinema. Grazie di nuovo per avermi dato l'opportunità di vedere un bel film.
Da una storia vera: un’inchiesta premiata col premio Pulitzer.
Un film che dovrebbero dare nelle scuole, nei corsi di giornalismo, nelle redazioni che non ci sono più.
Una lezione di giornalismo investigativo.
Vedo il film con nella testa i racconti di alcuni giornalisti che vanno a chiedere nelle procure atti processuali e nelle cartellette, spariti i fogli, non stanno più documenti importanti, testimonianze. Seguo il ricercare le fonti e fare verifica che siano prove certe e non per sentito dire, vedo l'andare di persona a bussare porta per porta, a chiedere e chiedere ancora senza cercare quella scappatoia del fare come fanno tutti: Copiare quel che si è già detto.
Vediamo i giornalisti sottolineare testi, raffrontarli, selezionare nomi, cercare quelle associazioni che illuminano di verità i fatti. Credo sia quello il momento più importante del film, quella lettura minuziosa dei nomi, delle motivazioni con cui i preti venivano spostati dalle diocesi, a premiare il film, l'inchiesta, ed il giornalismo tutto, se fatto come si deve fare.
Spotlight: luce della ribalta; proiettore, riflettore, faretto. Puntare il riflettore su qualcuno, su qualcosa. Dal vocabolario.
attenzione pubblica, ribalta. Essere al centro dell’attenzione.
Siamo nel 2001 in pieno crollo delle torri, l'inchiesta continua.
Un film in un giornale. Il quotidiano The Boston Globe.
Un film in una stanza di questo giornale, la stanza della squadra di Spotlight, quattro giornalisti "Il caporedattore del team Spotlight, Walter “Robby” Robinson, i cronisti Sacha Pfeiffer e Michael Rezendes e lo specialista in ricerche informatiche Matt Carroll" indagano, su suggerimento del nuovo direttore, ad un caso di abuso sui minori perpetrato da un prete, da molti preti, troppi preti, e coperti dal cardinale Bernard Law autore di un libro sul catechismo. Il catechismo del cardinale mi sembra l'ultima irrisione verso abusi continui che molti hanno subito sotto la grande istituzione della Chiesa. Lo stesso Cardinale ora sta a Roma e compiuti ottanta anni il 21 novembre 2011 è diventato arciprete emerito della Papale Basilica Liberiana di Santa Maria Maggiore.
Al di là quindi se una inchiesta possa cambiare e scalfire un Totem granitico come La Chiesa, nei suoi comportamenti più omertosi, resta la grande lezione giornalistica del gruppo, della validità di credere possibile la verità, se supportato dalla fiducia di un direttore. Sempre il Capo fa un giornale. Nello stesso giornale molti anni prima erano arrivati lettere sui fatti e non erano stati presi in considerazione. Il direttore di un giornale è l'anima di un giornale. Questa la grande verità premiata agli Oscar questo anno.
mercoledì 30 marzo 2016
martedì 29 marzo 2016
Leggo
Leggo negli occhi, nei gesti, nei vestiti, leggo il romanzo che non fu scritto mai.
Leggo da voi, nei vostri messaggi, nelle confidenze, nel silenzio di tutti.
Leggo al di là del vostro vestito, della professione, della famiglia e dell'età.
Leggo e poi chiudo con un sospiro, con rassegnazione, quel libro che scriver non so.
Certo potrei, se mi impegnassi, scriver di quello che ho letto in giro, nelle giornate della pasquetta, nel martedì del carnevale, nel giovedì del capodanno, nel venerdì di ferragosto.
Sarebbe un bel libro in bianco, con frasi e risate, quante risate!, su chi non è presente quel dì, sul parlare e mangiare tanto per fare una bella festa.
Leggo e continuo su quella pagina a fermare il dito, a prender matita e a sottolineare quel verso, quella risata che, all'improvviso, mi appare di scherno su chi la legge e su chi la fa.
Leggere è quell'azione che non si vede, leggere non è come il parlare, il camminare, oppure il mangiare.
Puoi leggere tranquilla ogni persona senza che lei si accorga di niente, puoi fare i tuoi appunti, puoi metter le orecchie a quel suo libro, in ogni momento.
Infatti lo faccio e non mi diverte sgualcire il libro della vostra esistenza.
Mi sto di lato, sto in un canto a leggere soltanto una pagina scritta.
Quella che scrivono i veri autori
Leggo da voi, nei vostri messaggi, nelle confidenze, nel silenzio di tutti.
Leggo al di là del vostro vestito, della professione, della famiglia e dell'età.
Leggo e poi chiudo con un sospiro, con rassegnazione, quel libro che scriver non so.
Certo potrei, se mi impegnassi, scriver di quello che ho letto in giro, nelle giornate della pasquetta, nel martedì del carnevale, nel giovedì del capodanno, nel venerdì di ferragosto.
Sarebbe un bel libro in bianco, con frasi e risate, quante risate!, su chi non è presente quel dì, sul parlare e mangiare tanto per fare una bella festa.
Leggo e continuo su quella pagina a fermare il dito, a prender matita e a sottolineare quel verso, quella risata che, all'improvviso, mi appare di scherno su chi la legge e su chi la fa.
Leggere è quell'azione che non si vede, leggere non è come il parlare, il camminare, oppure il mangiare.
Puoi leggere tranquilla ogni persona senza che lei si accorga di niente, puoi fare i tuoi appunti, puoi metter le orecchie a quel suo libro, in ogni momento.
Infatti lo faccio e non mi diverte sgualcire il libro della vostra esistenza.
Mi sto di lato, sto in un canto a leggere soltanto una pagina scritta.
Quella che scrivono i veri autori
venerdì 25 marzo 2016
Una Via Crucis Continua
Sembrano tante le stazioni che con la croce sulle spalle pellegrini e fedeli stiano facendo stamattina. Più del consueto. Le 15 Stazioni della Via Crucis cominciano davanti al Sinedrio dove Gesù è condannato a morte. Ed il volto di Gesù stamattina è il viso di Giulio Regeni, torturato in Egitto dai servizi segreti per farlo parlare, per sapere da lui qualche verità. Gli avranno chiesto chi lui fosse, cosa sapesse, quali documenti avesse in mano, e nel chiedere gli toglievano le unghie ad una ad una. Ho letto pochissimo sulle torture inflitte, ho letto pochissimo, eppure stamattina Giulio Regeni con il volto di Gesù mi racconta la sua stazione, con la Croce sulle spalle.
Seconda stazione.
Dopo averlo schernito, i soldati spogliarono Gesù della porpora e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.
Dice Gesù: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua".
Seconda stazione.
La croce, simbolo di umiliazione, di scherno e di uomini in mano ad aguzzini, mi porta nelle stanza di Foffo e Prato, questi due che seviziano Varani, lo uccidono perché lui grida, ci mette troppo a morire, nella terza stazione lui cade sotto la croce.
Nel cammino verso il Calvario Gesù incontra il Cireneo, la Veronica che asciuga il suo volto e Gesù cade la seconda e la terza volta accorgendosi che molti godono della sua caduta. Come i tanti commentatori insulsi godono nell'avere carne fresca dilaniata ogni mattina per riempire i loro talk show senza nessun rispetto.
Le nostre stazioni quotidiani continuano così, nei vestiti stracciati dei morti in Siria, nei barconi capovolti in un mare sempre più tomba, nello sguardo sbrecciato delle nostre vie deturpate, stanno qui tutte le stazioni di un dolore senza fine. Esplosioni di un malessere voluto da concentrazioni di interessi a noi sconosciuti. Noi vediamo solo il sangue, la Via Crucis continua senza una Resurrezione.
Quel che mi dispiace è che Regeni non possa resuscitare. Quel che mi dispiace è che dopo tre giorni non possano resuscitare le tante persone uccise e annegate in ogni luogo di questo mondo crudele. Quel che mi dispiace rimane una preghiera silenziosa. Una Via Crucis continua
martedì 22 marzo 2016
The Final XXI Sec Paolo Zardi Romasecretstore
Auguri al libro che compie un anno. XXI Secolo di Paolo Zardi
Auguri cari con mio pezzo in regalo. Non potendo essere a Roma a The Final XXI Sec- Romasecretstore- organizzato da Satellite Libri, sarà come esserci con un post.
" Il giorno in cui trovò il telefono" forse il titolo sarebbe stato questo se l'urgenza di universalizzare a tutto un secolo la mutevolezza e la distanza fra pulsioni e realtà non avesse avuto la meglio. Quindi il particulare, la vicenda di Eleonore, in coma, e del marito, che trovò il suo telefono e vide nella memoria centinaia di foto salvate, e l'universale, il mondo intorno che erutta croste e cacche di cani, al guinzaglio di imbecilli, questi due elementi si incontrano e animano il romanzo nella mente di un venditore di filtri per l'osmosi inversa. Un depuratore. Il protagonista è un uomo di quarantacinque anni, padre di due figli, sposato, con mamma ottantenne, sorella e cognato, ed una moglie in coma.
Intorno tutto sbrecciato; "nel momento in cui la sua vita si era trasformata in una lunga, macchinosa indagine" nessun poliziesco lo aiuterà a trovare risposta ai suoi dubbi. Lo soccorrerà l'infanzia, la ricerca di luoghi abitati da Eleonore, con segni tali da aprire un pianeta sconosciuto. E Poi?
Sconosciuti. Con una scrittura essenziale e con un tono narrativo sempre teso, seguiamo il marito alla ricerca di rapporti amicali, intrattenuti dalla moglie. Rapporti con sconosciute, per lui. Ci siamo interrogate, un giorno, con mia sorella, su cosa sapessimo una dell'altra, oltre ai legami familiari. Era pochissimo, eppure viviamo a cinquanta metri di distanza. Così per tutti, ed il libro chiede una seria e composta riflessione su affetti, attenzioni e rispetto di identità e scelte. Dove vogliamo e con cosa vogliamo riempire un vuoto che il secolo in corso ci mostra con una crudezza impietosa.
Nel coma di un secolo che stenta a vivere con dignità ci sta la tragica coscienza di essere, come individui, preda di inconfessabili verità. Nel film recente anche Paolo Genovese, regista, nel sottotitolo di Perfetti sconosciuti ha usato una frase di Marquez: "Ognuno di noi ha tre vite, una vita privata , una vita pubblica e una vita segreta" continuando "C'è in tutti noi una parte inconfessabile, qualcosa di noi che non vogliamo far conoscere agli altri, e oggi questa parte passa attraverso i cellulari." Sembra lo stesso dialogo che si faceva un anno fa Paolo Zardi nel dare a noi lettori il suo romanzo da leggere. Un altro titolo di un libro di Zardi " Il giorno che diventammo umani" sembra essere il perfetto sigillo di chiusura del libro XXI secolo, con l'augurio che libri così possano sempre trovare lo spazio per giungere nel particulare delle case di ognuno di noi.
Auguri cari con mio pezzo in regalo. Non potendo essere a Roma a The Final XXI Sec- Romasecretstore- organizzato da Satellite Libri, sarà come esserci con un post.
" Il giorno in cui trovò il telefono" forse il titolo sarebbe stato questo se l'urgenza di universalizzare a tutto un secolo la mutevolezza e la distanza fra pulsioni e realtà non avesse avuto la meglio. Quindi il particulare, la vicenda di Eleonore, in coma, e del marito, che trovò il suo telefono e vide nella memoria centinaia di foto salvate, e l'universale, il mondo intorno che erutta croste e cacche di cani, al guinzaglio di imbecilli, questi due elementi si incontrano e animano il romanzo nella mente di un venditore di filtri per l'osmosi inversa. Un depuratore. Il protagonista è un uomo di quarantacinque anni, padre di due figli, sposato, con mamma ottantenne, sorella e cognato, ed una moglie in coma.
Intorno tutto sbrecciato; "nel momento in cui la sua vita si era trasformata in una lunga, macchinosa indagine" nessun poliziesco lo aiuterà a trovare risposta ai suoi dubbi. Lo soccorrerà l'infanzia, la ricerca di luoghi abitati da Eleonore, con segni tali da aprire un pianeta sconosciuto. E Poi?
Sconosciuti. Con una scrittura essenziale e con un tono narrativo sempre teso, seguiamo il marito alla ricerca di rapporti amicali, intrattenuti dalla moglie. Rapporti con sconosciute, per lui. Ci siamo interrogate, un giorno, con mia sorella, su cosa sapessimo una dell'altra, oltre ai legami familiari. Era pochissimo, eppure viviamo a cinquanta metri di distanza. Così per tutti, ed il libro chiede una seria e composta riflessione su affetti, attenzioni e rispetto di identità e scelte. Dove vogliamo e con cosa vogliamo riempire un vuoto che il secolo in corso ci mostra con una crudezza impietosa.
Nel coma di un secolo che stenta a vivere con dignità ci sta la tragica coscienza di essere, come individui, preda di inconfessabili verità. Nel film recente anche Paolo Genovese, regista, nel sottotitolo di Perfetti sconosciuti ha usato una frase di Marquez: "Ognuno di noi ha tre vite, una vita privata , una vita pubblica e una vita segreta" continuando "C'è in tutti noi una parte inconfessabile, qualcosa di noi che non vogliamo far conoscere agli altri, e oggi questa parte passa attraverso i cellulari." Sembra lo stesso dialogo che si faceva un anno fa Paolo Zardi nel dare a noi lettori il suo romanzo da leggere. Un altro titolo di un libro di Zardi " Il giorno che diventammo umani" sembra essere il perfetto sigillo di chiusura del libro XXI secolo, con l'augurio che libri così possano sempre trovare lo spazio per giungere nel particulare delle case di ognuno di noi.
sabato 19 marzo 2016
Veronica Montanino al Marca. Paint it black
Al Marca con Veronica Montanino Paint it black
Senza confini se non lo smalto, la vernice lucida e nera che cola uniforme su tutto. Entriamo nel mondo nero, nerissimo di Veronica, La canna da pesca e l'amo, in evidenza, i tubi, i salvagenti, l'ombrello, e sembra che il mondo sia tutto nero come nella famosa canzone dei Rolling Stones
poi andiamo oltre, senza confini, nel colore che rutilante ci accoglie nelle altre sale e giungiamo al suo video, alle stanze dei bottoni di un potere che colorare ci può, tanto, troppo, per far diventare tutto nero.
Una scatola di bottoni in una merceria coloratissima. Molte scatole di bottoni rovesciate su un piano smaltato e lucido.
Tantissimi smarties sui volti dei bambini al cioccolato, sui corpi spennellati per essere preparati al sacrificio del rito. Era così un tempo il colorare i visi, i corpi, nel sacro offrire al Dio un corpo disegnato.
Entriamo nella stanza dei giochi, nella festa di compleanno dei tanti adolescenti, nelle bamboline messe in ordine in una ciotola,
nel telefono e nel braciere in rosa fucsia dei tantissimi blog letterari, nel cerchio e nelle spirali, nelle torte e nei piatti su tavole sempre più smaltate. Antologia di segni. Insieme alla soffitta che, svuotata dai mille oggetti, sta qui colorata, come pavimento.
Il trionfo del non color. Oltre il color.
La profusione dello smalto, della vernice, mi ricorda le unghie super lavorate che donne in nero mostrano ad ogni cerimonia. Il troppo raggiunge il nero e così mi si svela forse il gioco dell'artista nel mettere il nero in prima pagina. Dal titolo dei giornali della cronaca. Sbatti il mostro in prima pagina.
" Vedete?" Sembra ci dica Veronica, " Il mondo è tutto nero, sempre. Con il gioco dei colori poi possiamo spennellare e divertirci sia sui corpi che sui luoghi per prepararci al nulla. Perché festa non ci sarà."
E nessuna letizia giunge da quei colori, nessuna liberazione, nessuna voglia di combattere. Sazi e scontenti.
Alan Jones, newyorchese, scrittore, critico e curatore di mostre d’arte, uno dei massimi conoscitori della scena della Pop Art, questa sera con noi parla di fantasia, di fantasmagoria e poi lancia la provocazione che l'arte vada cercata nelle osterie, perché nei musei, l'arte non è più arte è ideologia.
Mi soccorre Pessoa stamattina e con lui un grazie infinito ad Antonio Pujia Veneziano che, strappandomi alla monotonia della mia esistenza, ieri sera mi portò al Marca, regalandomi una bellissimo incidente, non di certo insignificante.
Alan Jones nelle presentazioni gli disse:" Veneziano? Stamattina ero con i veneziani a Venezia e stasera sono con un Veneziano." Sorridendo della coincidenza con noi.
Evviva l'amore per l'arte che ci unisce e che ci meraviglia.
Saggio è colui che rende monotona l’esistenza, poiché in questo modo ogni incidente insignificante offre il privilegio della meraviglia
Fernando Pessoa
Senza confini se non lo smalto, la vernice lucida e nera che cola uniforme su tutto. Entriamo nel mondo nero, nerissimo di Veronica, La canna da pesca e l'amo, in evidenza, i tubi, i salvagenti, l'ombrello, e sembra che il mondo sia tutto nero come nella famosa canzone dei Rolling Stones
poi andiamo oltre, senza confini, nel colore che rutilante ci accoglie nelle altre sale e giungiamo al suo video, alle stanze dei bottoni di un potere che colorare ci può, tanto, troppo, per far diventare tutto nero.
Una scatola di bottoni in una merceria coloratissima. Molte scatole di bottoni rovesciate su un piano smaltato e lucido.
Entriamo nella stanza dei giochi, nella festa di compleanno dei tanti adolescenti, nelle bamboline messe in ordine in una ciotola,
nel telefono e nel braciere in rosa fucsia dei tantissimi blog letterari, nel cerchio e nelle spirali, nelle torte e nei piatti su tavole sempre più smaltate. Antologia di segni. Insieme alla soffitta che, svuotata dai mille oggetti, sta qui colorata, come pavimento.
Il trionfo del non color. Oltre il color.
La profusione dello smalto, della vernice, mi ricorda le unghie super lavorate che donne in nero mostrano ad ogni cerimonia. Il troppo raggiunge il nero e così mi si svela forse il gioco dell'artista nel mettere il nero in prima pagina. Dal titolo dei giornali della cronaca. Sbatti il mostro in prima pagina.
" Vedete?" Sembra ci dica Veronica, " Il mondo è tutto nero, sempre. Con il gioco dei colori poi possiamo spennellare e divertirci sia sui corpi che sui luoghi per prepararci al nulla. Perché festa non ci sarà."
E nessuna letizia giunge da quei colori, nessuna liberazione, nessuna voglia di combattere. Sazi e scontenti.
Alan Jones, newyorchese, scrittore, critico e curatore di mostre d’arte, uno dei massimi conoscitori della scena della Pop Art, questa sera con noi parla di fantasia, di fantasmagoria e poi lancia la provocazione che l'arte vada cercata nelle osterie, perché nei musei, l'arte non è più arte è ideologia.
Mi soccorre Pessoa stamattina e con lui un grazie infinito ad Antonio Pujia Veneziano che, strappandomi alla monotonia della mia esistenza, ieri sera mi portò al Marca, regalandomi una bellissimo incidente, non di certo insignificante.
Alan Jones nelle presentazioni gli disse:" Veneziano? Stamattina ero con i veneziani a Venezia e stasera sono con un Veneziano." Sorridendo della coincidenza con noi.
Evviva l'amore per l'arte che ci unisce e che ci meraviglia.
Saggio è colui che rende monotona l’esistenza, poiché in questo modo ogni incidente insignificante offre il privilegio della meraviglia
Fernando Pessoa
giovedì 17 marzo 2016
Il libro passerà di moda
Passerà questa moda di pubblicare un libro per raccontare la nostra infanzia, adolescenza e maturità.
Passerà la moda di scrivere del nonno morto, dello zio, del marito, della moglie e del figlio, sono morti tutti.
Passerà la moda di raccontare al mondo la nostra separazione dal primo matrimonio, dal secondo e via
Passerà, cara signora, come sono passate le mode di possedere e farsi regalare una pelliccia dopo essere state cornificate.
Passerà, cara ragazza, come passarono i canti della rivoluzione, la democrazia e il voto
passerà, caro signore, come si perse l'abitudine del pranzo domenicale dai suoceri, come passano tutte le mode, compresa quella di declamare versi e pubblicarne i libri, di parlare con gli astanti accomodati.
Passerà la moda di sventolare il premio ottenuto al festival di Pincopalla e ben riportato sulle pagine locali del giornale cittadino, regionale, con il titolone del giornalista più vicino, sia un cugino, un parente del parente.
Passerà questo elemosinare un riconoscimento, perché non sarà più di moda il titolo di scrittore, scrittrice, poeta, poetessa, autore, autrice, esordiente, capolavoro, eccellenza nel mestiere.
Passerà di moda riunire le associazioni, doppie, triple e quadruple, intorno al desco di Santa madre libro, divenne madre il libro, nel cambiamento dei ruoli sempre ben codificato dal nuovo letterario che finirà.
Finirà, me lo ripeto come un mantra, finirà il mio libro.it, anobi, le recensioni a comando, e ogni altra editoria a pagamento, perché non tutti quelli che pubblicano a pagamento sono Dino Campana, Calogero e Chissacchì.
Passerà la moda di ogni cantante, ogni presentatore, ogni cuoco, ogni prestigiatore, ogni attore con il libro scritto da chi non si sa.
Resterà il piacere di leggere un bel libro, senza la smania di pubblicarne uno, dieci, cento, mille.
Resterà il gusto di capire se un libro è scritto bene, se è scritto male, se ne sentiamo il suono, il ritmo, se sorridiamo leggendo, se ci fa compagnia, se è un libro onesto e ci libera dal nostro fastidio quotidiano.
Vedrete passerà questa moda come scomparvero i fotoromanzi, il principe azzurro, la cabina telefonica e il forno a legna.
Questa moda finirà, care signore, e tornerete a fare centrini, come disse una mia amica all'uditorio, quella volta, e tornerete a fare bricolage, cari signori, e tornerete a fare torte e pizze, e poi la sera prenderete in mano un libro vero e leggerete. Oh Leggerete! Perché leggere tornerà di moda
Passerà la moda di scrivere del nonno morto, dello zio, del marito, della moglie e del figlio, sono morti tutti.
Passerà la moda di raccontare al mondo la nostra separazione dal primo matrimonio, dal secondo e via
Passerà, cara signora, come sono passate le mode di possedere e farsi regalare una pelliccia dopo essere state cornificate.
Passerà, cara ragazza, come passarono i canti della rivoluzione, la democrazia e il voto
passerà, caro signore, come si perse l'abitudine del pranzo domenicale dai suoceri, come passano tutte le mode, compresa quella di declamare versi e pubblicarne i libri, di parlare con gli astanti accomodati.
Passerà la moda di sventolare il premio ottenuto al festival di Pincopalla e ben riportato sulle pagine locali del giornale cittadino, regionale, con il titolone del giornalista più vicino, sia un cugino, un parente del parente.
Passerà questo elemosinare un riconoscimento, perché non sarà più di moda il titolo di scrittore, scrittrice, poeta, poetessa, autore, autrice, esordiente, capolavoro, eccellenza nel mestiere.
Passerà di moda riunire le associazioni, doppie, triple e quadruple, intorno al desco di Santa madre libro, divenne madre il libro, nel cambiamento dei ruoli sempre ben codificato dal nuovo letterario che finirà.
Finirà, me lo ripeto come un mantra, finirà il mio libro.it, anobi, le recensioni a comando, e ogni altra editoria a pagamento, perché non tutti quelli che pubblicano a pagamento sono Dino Campana, Calogero e Chissacchì.
Passerà la moda di ogni cantante, ogni presentatore, ogni cuoco, ogni prestigiatore, ogni attore con il libro scritto da chi non si sa.
Resterà il piacere di leggere un bel libro, senza la smania di pubblicarne uno, dieci, cento, mille.
Resterà il gusto di capire se un libro è scritto bene, se è scritto male, se ne sentiamo il suono, il ritmo, se sorridiamo leggendo, se ci fa compagnia, se è un libro onesto e ci libera dal nostro fastidio quotidiano.
Vedrete passerà questa moda come scomparvero i fotoromanzi, il principe azzurro, la cabina telefonica e il forno a legna.
Questa moda finirà, care signore, e tornerete a fare centrini, come disse una mia amica all'uditorio, quella volta, e tornerete a fare bricolage, cari signori, e tornerete a fare torte e pizze, e poi la sera prenderete in mano un libro vero e leggerete. Oh Leggerete! Perché leggere tornerà di moda
mercoledì 16 marzo 2016
Sul Soffitto Éric Chevillard
Evviva la sedia e chi la inventò. Evviva la sedia e le persone sedute, nelle chiese, nelle scuole, negli uffici. Una civiltà seduta. Seduta alle tante presentazioni di libri. Umani seduti che sembrano tutt'uno con la sedia, ho sempre pensato, mentre sulle sedie io mi agito, faccio movimenti circolari, manifesto il mio disappunto oppure il mio entusiasmo. Leggo "Sul soffitto" segnalato da un amico molto caro, lo leggo da ieri sera. Non è un racconto lungo,144 pagine, eppure sono pagine che voglio rileggere e gustare come se fossi io ad averle scritte. La storia comincia con una riflessione sul colore grigio, un colore che è invisibile, tanto da farci dire di un uomo spento un uomo grigio. Ed invece non è così: "rimane il pregiudizio secondo cui il grigio sarebbe la più sottile manifestazione del visibile, ciò che si distingue appena dal nulla o se ne avvicina di più, un pregiudizio così tenace, d'altronde, che ha finito con l’accecare per davvero i popoli: quanti uomini e quante donne restano giorni, mesi, anni interi senza vedere un elefante, né un ippopotamo, come se bestie talmente imponenti fossero veramente diventate impercettibili per loro? Oggi, la sensibilità al grigio caratterizza alcuni rari esteti che possiedono un’anima da musicista. Loro lo sanno, esistono tante sfumature di grigio quanti colori schietti, ogni sua sfumatura corrisponde precisamente a uno di quei colori di cui esprime tutti i valori, solo con maggiore delicatezza e finezza, con un’esattezza e una purezza assolute."
Mentre si racconta la stranezza del protagonista che non può fare a meno di una sedia sulla testa, seguiamo i pensieri e le difficoltà di passare sotto le porte, di infilare vestiti, di andare in giro senza voler e poter cedere la sedia ad una vecchia signora. Intanto che i pensieri diventano universali, sui gruppi, sulle necessità di alcune minoranze, sul chiedere o meno che della diversità se ne occupino architetti, stilisti, esperti vari, ci viene da sorridere sulle nostre difficoltà a stare in mezzo agli altri. Tutti diversi con o senza sedia. Tutti bisognosi di aiuto, eppure tutti pronti ad essere falsamente caritatevoli verso altri ancora, individuati come soggetti a parte, e donando loro quello che non serve.Ah la carità! La carità pelosa! diceva la mia mamma. Basterebbe solo rialzare i soffitti.
L'uomo con la sedia in testa ha una fidanzata, Méline, vive in un cantiere in disuso di una biblioteca mai terminata " ma questa in realtà è un’opera del vicino Kolski" una opera simbolo di una civiltà disgustata. Con altri vicini di casa: La signora Stempf, Malton e Lanson, Topouria, Kolski, gli altri alloggi sono tutt'ora disponibili.Volete trasferirvi? Io chiedo asilo.
Nel voler sfuggire alla noia la signora Stempf racconta la storia del principe ranocchio e del bacio ai suoi piccoli mai partoriti, perché incompleti.
Sorridendo leggo le immagini che non vi racconterò. Ognuno di noi dovrà trovare il sortilegio da disinnescare, ognuno di noi dovrà fermarsi e tornare indietro nella lettura. Mentre leggo, le mie due sedie, in cantina, aspettano di essere impagliate, nello stesso modo della sedia in testa, rovesciata.
"Applichiamoci per prima cosa a risolvere dei modesti enigmi se auspichiamo di svelare infine i misteri della nostra propria condizione" Intanto Kolski si fa la doccia. Ma come? Non doveva lavarsi mai più? Non doveva fare arte del suo odore puzzolente? Questo domanderò allo scrittore se mai lo incontrerò. Un applauso al surreale che ci appartiene, al mondo rovesciato, al viaggio ludico e sferzante del Luciano di Samosata dei nostri giorni.
La traduzione di Gianmaria Finardi tiene il gioco fin quaggiù, dalla Francia allo stivale italico. Una musica per noi. «Quel che funziona sulla carta,per me, ha sempre costituitola sola realtà possibile.» Éric Chevillard
Ippolita Luzzo
martedì 15 marzo 2016
Una ragione di più: La ragione dell'informale
Sai c'è una ragione di più per dirti che vado via, cantava Ornella Vanoni, e porto anche con me la tua malinconia, continuava il testo di Califano e Reitano ed io stamani la sento in testa con altre canzoni e fra queste
Una ragione vera non c'è... della Formula tre su testi di Mogol Battisti.
"Ma che disperazione nasce da una distrazione era un gioco non era un fuoco."
Nelle canzoni la ragione ha un bel dire, la ragione ci chiede un comportamento, una azione, una scelta.
Alberto Badolato sceglie proprio questa ragione per dare il titolo alla mostra ancora in corso da Be Cause a Lamezia Terme. La Ragione dell'Informale.
Avevo in testa anche un'altra canzone, che ora si perse nel tragitto dalla cucina al computer, per appuntare le mie suggestioni sui quadri e sull'incontro tra amici che avverrà nella stessa galleria Be Cause giovedì 17 Marzo alle ore 18, una chiacchierata amichevole sul tema della Ragione, sul tema dell'Informale nei quadri di Alberto.
Intanto la scelta che l'artista fa dei materiali; carta da parati, sacchi di canapa, gesso, foglia d'oro, corda, stucco. Colori Colori, Colori a volontà, perché è il colore la ragione di tutto il dipingere, quand'anche fosse un semplice bianco.
Alberto mi dice che uno dei suoi quadri più ammirati è quello bianco, bianco e viso insieme, secondo Mario Maruca, attore e regista. Lui, guardandolo, vide un bianco riflettente il viso di una donna. Un bianco che ridona ai fruitori una soddisfazione tale da far dire: Mi piace.
Sono tanti i colori che, informali, ci attendono, appesi in un bianco pulito, lungo le pareti della galleria. Una galleria da sembrare una stazione di treni con gli orari e i tabelloni di arrivi e partenze sulle pareti all'ingresso e alla fine il saluto. Il saluto del colore.
Mi sono imposta di non cercare forme nei colori appesi, altrimenti, mi ha spiegato Alberto Badolato, sarebbe quasi un fallimento, per l'arte, se nell'informale noi vediamo una forma, e vogliamo trasformare quel verde in una caverna di Platone,
oppure nell'orecchio di Dionisio, quel rosso caldo nei divani Frau,
quel giallo oro nei capelli platino di Marilyn Monroe.
Giovedì saremo quindi immersi nei colori che gioia e sapore danno alla vita, dal piatto fumante del rosso pomodoro al golfino viola, dalla gestualità colorata dell'artista alla materia lavorata per donarci informale.
Una ragione vera non c'è
Un tuffo dove l'acqua è più blu, niente di più
Una ragione vera non c'è... della Formula tre su testi di Mogol Battisti.
"Ma che disperazione nasce da una distrazione era un gioco non era un fuoco."
Nelle canzoni la ragione ha un bel dire, la ragione ci chiede un comportamento, una azione, una scelta.
Alberto Badolato sceglie proprio questa ragione per dare il titolo alla mostra ancora in corso da Be Cause a Lamezia Terme. La Ragione dell'Informale.
Avevo in testa anche un'altra canzone, che ora si perse nel tragitto dalla cucina al computer, per appuntare le mie suggestioni sui quadri e sull'incontro tra amici che avverrà nella stessa galleria Be Cause giovedì 17 Marzo alle ore 18, una chiacchierata amichevole sul tema della Ragione, sul tema dell'Informale nei quadri di Alberto.
Intanto la scelta che l'artista fa dei materiali; carta da parati, sacchi di canapa, gesso, foglia d'oro, corda, stucco. Colori Colori, Colori a volontà, perché è il colore la ragione di tutto il dipingere, quand'anche fosse un semplice bianco.
Alberto mi dice che uno dei suoi quadri più ammirati è quello bianco, bianco e viso insieme, secondo Mario Maruca, attore e regista. Lui, guardandolo, vide un bianco riflettente il viso di una donna. Un bianco che ridona ai fruitori una soddisfazione tale da far dire: Mi piace.
Sono tanti i colori che, informali, ci attendono, appesi in un bianco pulito, lungo le pareti della galleria. Una galleria da sembrare una stazione di treni con gli orari e i tabelloni di arrivi e partenze sulle pareti all'ingresso e alla fine il saluto. Il saluto del colore.
Mi sono imposta di non cercare forme nei colori appesi, altrimenti, mi ha spiegato Alberto Badolato, sarebbe quasi un fallimento, per l'arte, se nell'informale noi vediamo una forma, e vogliamo trasformare quel verde in una caverna di Platone,
oppure nell'orecchio di Dionisio, quel rosso caldo nei divani Frau,
Giovedì saremo quindi immersi nei colori che gioia e sapore danno alla vita, dal piatto fumante del rosso pomodoro al golfino viola, dalla gestualità colorata dell'artista alla materia lavorata per donarci informale.
Una ragione vera non c'è
Un tuffo dove l'acqua è più blu, niente di più
martedì 8 marzo 2016
La Forma Fragile Del Silenzio Fabio Ivan Pigola
Oggi otto marzo compleanno di mio figlio.
Augurando a lui buon compleanno regalo a me e a tutti noi La Forma Fragile Del Silenzio.
Un titolo che mi ricorda un altro libro da me molto amato: La forma minima della felicità.
Un titolo che mi ricorda un aggettivo molto amato, scritto sulle cose che devono essere maneggiate con cautela: Fragile.
Un titolo che mi ricorda un sostantivo che accompagna gli anni, i mesi, i giorni, le ore, i minuti, dilatando la forma del nostro tempo.
"Il silenzio fa entrare nella vita degli altri come aria."
Strana la storia del suo arrivo da me. Prima ho conosciuto il personaggio poi l'autore. Infine ho letto il libro, una volta, due volte e, ora, nel giorno della donna, mi regalo la rilettura di questo racconto diversamente abile.
Lo scrivo sorridendo.
Amo questa forma di scrittura che associa rughe al cielo, che avvicina concetti e crea coordinate dove sembra che non ce ne stiano.
Scrittura così "finché la donna spoglia il volto da un sorriso sbagliato"
Leggendo annoto i pensieri dell'adolescente "Cerco attrezzature per immergermi nell'illusione, le narrative sottomarine di zio Baldo mi aiutano. Ci sento colonne sonore, e le rare canzoni dalle note emotive delle pubblicità; è come avere un canale che comunica con ciò che si nasconde. Abbiamo sempre qualcosa che resta assopito dentro di noi, con cui non si riesce a entrare in confidenza."
Questa lettura è un dono per la mia festa, non in quanto donna, ma in quanto genitrice di unico figlio. Oggi compie ventisei anni. Dieci in meno ne ha il protagonista, di sedici anni, e soffre di un mio stesso problema, una difficoltà che io risolvo sedendomi al primo posto negli spettacoli teatrali, piantando gli occhi attenti nelle conversazioni, quasi in bocca al parlante, e vedendo film con sottotitoli oppure rileggendomi la sceneggiatura.
Sedici anni, non sentire ed accorgersi di avere un senso che sta per scomparire " Allora vado per esclusione, consulto, scavo avido nei disaccordi, nei paroloni, e per democrazia scelgo il più frequente, aplasia, cioè una malformazione dell’orecchio interno.
E ancora non so cosa porterò nel futuro afono. La misura di quel luogo mi spaventa, circola attorno"
"Devo fare memoria dei suoni, ne avrò bisogno quando perderanno lingua e traduzione. Ho cercato sui libri e nelle notti sul web una guida, un libretto d’istruzioni, ma il popolo degli audiolesi sembra tanto variegato da avere scarse indicazioni per chiunque."
"Ho bisogni da niente, roba di rincalzo, con la chitarra però sono attento. È lei a darmi le coordinate.Nicola è d’accordo: «Il vero musicista è lo strumento, tu sei solo quello che spinge gli interruttori.» I tasti, le corde sono come l’inchiostro dei libri, ciò che permette di leggere le idee." Suonare la chitarra nonostante ci sia questa diminuzione. Restare con amici e frequentare la compagnia, con Sugar, per esempio.
" Sugar odia le cose durevoli. Le piace tutto ciò che ai normali disorienta: il colore dei petali sfioriti, la testa spettinata, gli occhiali privi di lenti, la cornice dei quadri, rompere le noci senza mangiarle, la scialuppa tra i motoscafi. Il bacio sulla guancia piuttosto che in bocca, più morbido e meno ansioso. Ha una frangetta Siamo uniti su Gallagher"
Mentre leggiamo noi conosciamo il protagonista del racconto con i suoi amici e le sua passione per la musica, prende vita il non luogo dove abita e osserviamo con lui in alto.
"Guardo le nuvole pigre, mentre il cielo sembra invecchiare sotto le rughe del vento. Poi crolla sull'orizzonte, rovesciando rotoli celesti come sbuffi di fumo."
Con nella testa le note della canzone La voce del silenzio, cantata da Mina, io continuo a leggere "La mia grande opportunità è poterlo sondare, esplorare, quel silenzio che agli altri spaventa.
Ha parole che mi cadono davanti minuscole e non ho ragionevoli piani per schivarle, né la voglia di arrendermi alla loro assenza di mete.Vedo le patate che si arrossano, sento l’aroma dialogare coi visceri: manca solo il crepitare dell’olio, lo scoppiettio delle ricette che mamma insegna nei giorni invernali, quando il freddo abbrevia le distanze. I sentimenti sono una lunga costruzione che spesso rallentiamo per farla durare nel tempo, ed alzare il costo del preventivo. Ci adoperiamo a insidiarli nell'animo, perché abbiamo bisogno di guai. E se il guaio non c’è, lo inventiamo. L’ostacolo del silenzio è una parete alta e troppo liscia, ogni tentativo di scavalcarla con gli occhi si spegne prima di scoprire un appiglio."
Amare uno stile narrativo vuol dire questo continuo copia e incolla dal testo per farvi conoscere un passaggio, un accostamento, una musica. Amare è far sentire una musica che vi entrerà in testa con suono e parole, immagini e personaggi.
"Tutte le note hanno melodia, è inutile perseguitarle in un elenco riassuntivo destinato all'addio."
"La vita è musica, mi va bene anche mutilata, ma ogni tanto cado in questi sconforti, vuoti d’aria interiori in cui perdo quota, velivolo senza ali."
Continuo a leggere imponendomi di non continuare a farvi assaggiare i passaggi, la bellezza di un costrutto linguistico personale, continuo a seguire i percorsi, dalla cantina buia dove noi, con Lucio Battisti in testa. Cantine dove si sono riuniti sempre gruppi di adolescenti a suonare il bel suono dell'entusiasmo.
Nel gruppo che è forma, da formazione, La Forma Fragile Del Silenzio mi ricorda tutto un Regno degli amici, quel paese che io conosco leggendo e leggendo sullo schermo del PC.
Sotto il segno dei pesci che nuoteranno felici sulle note di un libro, sulle note di mio figlio e di ogni fantasia azzurra. Sincera, come l'acqua di un fiume di sera... Cantando e suonando, non Bruno Lauzi ma Gallagher; aspettando il 30 marzo quando uscirà in libreria.
Ne saremo felici perché più bella cosa non c'è nel regno della Litweb
Con Paolo, il protagonista del libro, che di sé stesso scrive così " Ecco, sono qua per colpa sua, e siccome dovrò starci del tempo, vorrei tanto chiedervi aiuto. In fondo ho solo 16 anni, mi hanno scelto carattere, epoca, luogo e destino senza chiedere nulla. Così. Il fatto che li abbia in un libro mi fa venire il sospetto che restino tali a lungo. Spero non troppo. Abito in una città della pianura padana ma vengo dal sud; sono figlio di genitori separati, suono la chitarra e mi domando ogni giorno perché accidenti Mercury e Justin Bieber siano uno morto e l'altro nato per la mancanza di un profilattico. Ho degli amici; alcuni suonano con me, altri sono compagni di scuola, di vacanze, di sciocchezze.
Sto scoprendo la letteratura di Verga, i primi amori, il lavoro con lo zio. C'è chi, per una sola di queste cose, dice lo strano tipo che m'ha creato, si sente già troppo occupato così.
Di una cosa però sono certo: il viaggio andrà bene se troverò qualcuno con cui parlare, scrivere, scambiare i sogni come compagni di gioia o di malinconia."
Augurando a lui buon compleanno regalo a me e a tutti noi La Forma Fragile Del Silenzio.
Un titolo che mi ricorda un altro libro da me molto amato: La forma minima della felicità.
Un titolo che mi ricorda un aggettivo molto amato, scritto sulle cose che devono essere maneggiate con cautela: Fragile.
Un titolo che mi ricorda un sostantivo che accompagna gli anni, i mesi, i giorni, le ore, i minuti, dilatando la forma del nostro tempo.
"Il silenzio fa entrare nella vita degli altri come aria."
Strana la storia del suo arrivo da me. Prima ho conosciuto il personaggio poi l'autore. Infine ho letto il libro, una volta, due volte e, ora, nel giorno della donna, mi regalo la rilettura di questo racconto diversamente abile.
Lo scrivo sorridendo.
Amo questa forma di scrittura che associa rughe al cielo, che avvicina concetti e crea coordinate dove sembra che non ce ne stiano.
Scrittura così "finché la donna spoglia il volto da un sorriso sbagliato"
Leggendo annoto i pensieri dell'adolescente "Cerco attrezzature per immergermi nell'illusione, le narrative sottomarine di zio Baldo mi aiutano. Ci sento colonne sonore, e le rare canzoni dalle note emotive delle pubblicità; è come avere un canale che comunica con ciò che si nasconde. Abbiamo sempre qualcosa che resta assopito dentro di noi, con cui non si riesce a entrare in confidenza."
Questa lettura è un dono per la mia festa, non in quanto donna, ma in quanto genitrice di unico figlio. Oggi compie ventisei anni. Dieci in meno ne ha il protagonista, di sedici anni, e soffre di un mio stesso problema, una difficoltà che io risolvo sedendomi al primo posto negli spettacoli teatrali, piantando gli occhi attenti nelle conversazioni, quasi in bocca al parlante, e vedendo film con sottotitoli oppure rileggendomi la sceneggiatura.
Sedici anni, non sentire ed accorgersi di avere un senso che sta per scomparire " Allora vado per esclusione, consulto, scavo avido nei disaccordi, nei paroloni, e per democrazia scelgo il più frequente, aplasia, cioè una malformazione dell’orecchio interno.
E ancora non so cosa porterò nel futuro afono. La misura di quel luogo mi spaventa, circola attorno"
"Devo fare memoria dei suoni, ne avrò bisogno quando perderanno lingua e traduzione. Ho cercato sui libri e nelle notti sul web una guida, un libretto d’istruzioni, ma il popolo degli audiolesi sembra tanto variegato da avere scarse indicazioni per chiunque."
"Ho bisogni da niente, roba di rincalzo, con la chitarra però sono attento. È lei a darmi le coordinate.Nicola è d’accordo: «Il vero musicista è lo strumento, tu sei solo quello che spinge gli interruttori.» I tasti, le corde sono come l’inchiostro dei libri, ciò che permette di leggere le idee." Suonare la chitarra nonostante ci sia questa diminuzione. Restare con amici e frequentare la compagnia, con Sugar, per esempio.
" Sugar odia le cose durevoli. Le piace tutto ciò che ai normali disorienta: il colore dei petali sfioriti, la testa spettinata, gli occhiali privi di lenti, la cornice dei quadri, rompere le noci senza mangiarle, la scialuppa tra i motoscafi. Il bacio sulla guancia piuttosto che in bocca, più morbido e meno ansioso. Ha una frangetta Siamo uniti su Gallagher"
Mentre leggiamo noi conosciamo il protagonista del racconto con i suoi amici e le sua passione per la musica, prende vita il non luogo dove abita e osserviamo con lui in alto.
"Guardo le nuvole pigre, mentre il cielo sembra invecchiare sotto le rughe del vento. Poi crolla sull'orizzonte, rovesciando rotoli celesti come sbuffi di fumo."
Con nella testa le note della canzone La voce del silenzio, cantata da Mina, io continuo a leggere "La mia grande opportunità è poterlo sondare, esplorare, quel silenzio che agli altri spaventa.
Ha parole che mi cadono davanti minuscole e non ho ragionevoli piani per schivarle, né la voglia di arrendermi alla loro assenza di mete.Vedo le patate che si arrossano, sento l’aroma dialogare coi visceri: manca solo il crepitare dell’olio, lo scoppiettio delle ricette che mamma insegna nei giorni invernali, quando il freddo abbrevia le distanze. I sentimenti sono una lunga costruzione che spesso rallentiamo per farla durare nel tempo, ed alzare il costo del preventivo. Ci adoperiamo a insidiarli nell'animo, perché abbiamo bisogno di guai. E se il guaio non c’è, lo inventiamo. L’ostacolo del silenzio è una parete alta e troppo liscia, ogni tentativo di scavalcarla con gli occhi si spegne prima di scoprire un appiglio."
Amare uno stile narrativo vuol dire questo continuo copia e incolla dal testo per farvi conoscere un passaggio, un accostamento, una musica. Amare è far sentire una musica che vi entrerà in testa con suono e parole, immagini e personaggi.
"Tutte le note hanno melodia, è inutile perseguitarle in un elenco riassuntivo destinato all'addio."
"La vita è musica, mi va bene anche mutilata, ma ogni tanto cado in questi sconforti, vuoti d’aria interiori in cui perdo quota, velivolo senza ali."
Continuo a leggere imponendomi di non continuare a farvi assaggiare i passaggi, la bellezza di un costrutto linguistico personale, continuo a seguire i percorsi, dalla cantina buia dove noi, con Lucio Battisti in testa. Cantine dove si sono riuniti sempre gruppi di adolescenti a suonare il bel suono dell'entusiasmo.
Nel gruppo che è forma, da formazione, La Forma Fragile Del Silenzio mi ricorda tutto un Regno degli amici, quel paese che io conosco leggendo e leggendo sullo schermo del PC.
Sotto il segno dei pesci che nuoteranno felici sulle note di un libro, sulle note di mio figlio e di ogni fantasia azzurra. Sincera, come l'acqua di un fiume di sera... Cantando e suonando, non Bruno Lauzi ma Gallagher; aspettando il 30 marzo quando uscirà in libreria.
Ne saremo felici perché più bella cosa non c'è nel regno della Litweb
Con Paolo, il protagonista del libro, che di sé stesso scrive così " Ecco, sono qua per colpa sua, e siccome dovrò starci del tempo, vorrei tanto chiedervi aiuto. In fondo ho solo 16 anni, mi hanno scelto carattere, epoca, luogo e destino senza chiedere nulla. Così. Il fatto che li abbia in un libro mi fa venire il sospetto che restino tali a lungo. Spero non troppo. Abito in una città della pianura padana ma vengo dal sud; sono figlio di genitori separati, suono la chitarra e mi domando ogni giorno perché accidenti Mercury e Justin Bieber siano uno morto e l'altro nato per la mancanza di un profilattico. Ho degli amici; alcuni suonano con me, altri sono compagni di scuola, di vacanze, di sciocchezze.
Sto scoprendo la letteratura di Verga, i primi amori, il lavoro con lo zio. C'è chi, per una sola di queste cose, dice lo strano tipo che m'ha creato, si sente già troppo occupato così.
Di una cosa però sono certo: il viaggio andrà bene se troverò qualcuno con cui parlare, scrivere, scambiare i sogni come compagni di gioia o di malinconia."
lunedì 7 marzo 2016
La notte in cui gli animali parlano Sante Roperto
In effetti sarebbe meglio non sapere il nostro domani, cosa si pensa di noi, cosa in realtà abbiamo fatto capire.
Mi sembra questo il cuore del racconto che, con due storie parallele, segue un nonno ed un nipote, uno soldato, costretto andare in Africa, nel deserto africano, ad El Alamein, per conquistare Tripoli, bel suol d'amore, cantava la canzone dei tempi, e l'altro di ritorno, come ogni anno, a Conflenti, da Roma dove lavora ad una radio.
Due storie che avranno spinto l'autore con l' urgenza di testarsi in un genere narrativo dopo essere stato corrispondente di Superbasket e aver lavorato per le reti di Lunaset.
Una storia parallela che, anche se le rette non si incontrano mai, poi si riunisce nel racconto che il nonno fa al nipote sulla leggenda della notte dell'Epifania.
" Una notte magica, l'unica nella quale gli animali avevano il dono della parola. Chi aveva animali, quella notte, li accudiva molto bene, per paura che annunciassero disgrazie. Un fattore, però, volle ad ogni costo ascoltare cosa dicessero i suoi animali e si nascose nella stalla del bue e dell'asino.
Loro due erano intenti nella siffatta conversazione: avrebbero dovuto lavorare tanto l'indomani, perché costretti a trasportare su un carro il padrone al cimitero. Nel sentire quelle parole il fattore, terrorizzato, giunto a casa, morì"
Qualcuno raccontava che altri prodigi avvenissero quella notte ma essendovi divieto di uscire per le strade nessuno poté vederli. Vero è che si è sempre creduto che i morti si incarnassero negli animali, vedi il film Fluke, di Carlo Carlei, e affidassero a loro i messaggi per i loro cari viventi.
Resta quindi, sempre in tutti noi, questo desiderio di raccontare storie, di conservarle e ripeterle a nipoti ed amici, come tentativo a volte riuscito, a volte no, di aver ascolto e di tramandare quel messaggio di esserci stati.
Essere stati in un luogo che all'autore sembra bellissimo, un paese in festa, nella processione della Madonna, a fine agosto, una Chiesa dell'Immacolata che stava proprio di fronte la finestra del nonno.
Ogni luogo raccontato diventa altro ed io ho stentato a riconoscere quella Conflenti che, pochi mesi fa, avevo io intravisto, di passaggio.
Una Conflenti sciupata, sedie di plastica di fronte la facciata della chiesa e la quercia tagliata o bruciata e non sostituita. Una Chiesa di San Nicola in lacrime e strade e balconi riadattati a infissi che stridevano, come strideva il senso di abbandono dei luoghi, ben descritto da Vito Teti, ne Il Senso dei luoghi.
Ma qui siamo in una esperienza personale che, anche se non contiene autobiografia, se non nella storia del nonno, continua a vedere il paese come il paese che avrebbe dovuto essere o almeno quello che piace vedere. Con un guardare d'amore. Nella trasfigurazione dell'innamorato.
Infatti il libro inizia con una citazione di Georgi Gospodinov "Gli amori che non sono successi durano tutta una vita" contemplando in questi amori anche l'amore per il proprio paese
Mi sembra questo il cuore del racconto che, con due storie parallele, segue un nonno ed un nipote, uno soldato, costretto andare in Africa, nel deserto africano, ad El Alamein, per conquistare Tripoli, bel suol d'amore, cantava la canzone dei tempi, e l'altro di ritorno, come ogni anno, a Conflenti, da Roma dove lavora ad una radio.
Due storie che avranno spinto l'autore con l' urgenza di testarsi in un genere narrativo dopo essere stato corrispondente di Superbasket e aver lavorato per le reti di Lunaset.
Una storia parallela che, anche se le rette non si incontrano mai, poi si riunisce nel racconto che il nonno fa al nipote sulla leggenda della notte dell'Epifania.
" Una notte magica, l'unica nella quale gli animali avevano il dono della parola. Chi aveva animali, quella notte, li accudiva molto bene, per paura che annunciassero disgrazie. Un fattore, però, volle ad ogni costo ascoltare cosa dicessero i suoi animali e si nascose nella stalla del bue e dell'asino.
Loro due erano intenti nella siffatta conversazione: avrebbero dovuto lavorare tanto l'indomani, perché costretti a trasportare su un carro il padrone al cimitero. Nel sentire quelle parole il fattore, terrorizzato, giunto a casa, morì"
Qualcuno raccontava che altri prodigi avvenissero quella notte ma essendovi divieto di uscire per le strade nessuno poté vederli. Vero è che si è sempre creduto che i morti si incarnassero negli animali, vedi il film Fluke, di Carlo Carlei, e affidassero a loro i messaggi per i loro cari viventi.
Resta quindi, sempre in tutti noi, questo desiderio di raccontare storie, di conservarle e ripeterle a nipoti ed amici, come tentativo a volte riuscito, a volte no, di aver ascolto e di tramandare quel messaggio di esserci stati.
Essere stati in un luogo che all'autore sembra bellissimo, un paese in festa, nella processione della Madonna, a fine agosto, una Chiesa dell'Immacolata che stava proprio di fronte la finestra del nonno.
Ogni luogo raccontato diventa altro ed io ho stentato a riconoscere quella Conflenti che, pochi mesi fa, avevo io intravisto, di passaggio.
Una Conflenti sciupata, sedie di plastica di fronte la facciata della chiesa e la quercia tagliata o bruciata e non sostituita. Una Chiesa di San Nicola in lacrime e strade e balconi riadattati a infissi che stridevano, come strideva il senso di abbandono dei luoghi, ben descritto da Vito Teti, ne Il Senso dei luoghi.
Ma qui siamo in una esperienza personale che, anche se non contiene autobiografia, se non nella storia del nonno, continua a vedere il paese come il paese che avrebbe dovuto essere o almeno quello che piace vedere. Con un guardare d'amore. Nella trasfigurazione dell'innamorato.
Infatti il libro inizia con una citazione di Georgi Gospodinov "Gli amori che non sono successi durano tutta una vita" contemplando in questi amori anche l'amore per il proprio paese
mercoledì 2 marzo 2016
Il ponte che arriverà. Con Giorgio Lupattelli
Sono passati più giorni dalla domenica del 21 febbraio, quando io, in macchina con Silvia Pujia, felice, mi avvio al Marca di Catanzaro per assistere alla costruzione del ponte con mattoncini Lego.
Il viaggio, in allegria, racconta la duplicità dell'arrivo di due bimbi a maggio, e i due gemelli Plutino volteggiano in auto con le loro ellissi e coordinate simmetriche.
Silvia lavora al Marca e si ferma al suo tavolo, mentre io salgo le scale e raggiungo la mostra, l'autore, i ragazzi presenti e i responsabili del luogo.
Saluto Giorgio e gli altri, comincio a prendere appunti.
L'idea è di costruire un ponte, in omaggio, quasi, al ponte di Catanzaro.
In realtà il ponte avrebbe dovuto essere pronto per l'inaugurazione della mostra, il 16 gennaio, però, quando furono richiesti i mattoncini, si era già nelle prossimità del periodo delle festività natalizie e la Lego aveva esaurito le scorte. Solo il primo febbraio avrebbe potuto accettare nuovi ordini.
Questi mattoncini, provenienti dalla Danimarca, sono stati ordinati a Londra, dagli organizzatori della mostra, Michele Prencipe e Gerardo Tenza.
Arrivata presto vedo aprire lo scatolo con i mattoncini, rossi, blu, bianchi, vedo i ragazzi dell'Accademia delle Belle Arti di Catanzaro consultare il tablet di Lupattelli e fotografare l'immagine del ponte già disegnato sul loro cellulare.
Un ponte un po' diverso dall'originale. Ha per base i due lobi del cervello, un emisfero blu, razionale, e uno rosso, irrazionale, istintivo, ed insieme questi due dovrebbero sorreggere il filo bianco dell'irrazionale.
Il titolo dell'opera è "Il ponte sopra le acque torbide"da una citazione di un brano di Samuel Garfunkel
Mac, il cane di Giorgio, gironzola per la sala, si inizia.
Il problema è l'inizio...
Bisogna far star fermi i primi due o tre piani...
In sintonia con l'imperfezione...
perché una cosa è disegnare sulla carta e un'altra cosa è la sua realizzazione...
Speriamo che bastino questi mattoncini...
Questo ponte potrebbe cadere ma...
Importante è che non cada quello vero.
Ora la responsabilità va ai ragazzi...
Sono queste le frasi che io carpisco a Giorgio ascoltandolo.
Daniele, al primo anno della specialistica Grafic design, viene investito della carica di direttore artistico da Giorgio.
Le ore trascorrono ed è arrivata Anna Russo, direttrice dell'Accademia delle Belle Arti,e subito dopo il direttore del museo Racco Guglielmo.
Vedo nelle mani di una giornalista la colla MultiPattex che servirà per fermare i mattoncini a rischio crollo, vedo il fotografo posizionare i suoi scatti verso le fasi della realizzazione, e dei bimbi unirsi all'opera. Uno di loro, Antonio, mi dice la mamma, sta costruendo, a casa sua, con i mattoncini Lego uno stadio.
Devo andare via, siamo già alle 13 e con Silvia torniamo a casa.
Al Marca riprenderanno nel pomeriggio, il ponte per quel pomeriggio crollerà, ma non ha importanza, è l'imperfezione del momento, poi arriverà il 4 marzo, incollato con un'altra colla, la colla del tempo per fare: Le ore trascorse a studiare gli incastri, le ore che si poggiano sui due lobi del nostro cervello chiedendo quell'equilibrio che tutti sappiamo si regge su fili. Che ondeggiano.
Oggi 5 Marzo e ora il ponte con noi
Il viaggio, in allegria, racconta la duplicità dell'arrivo di due bimbi a maggio, e i due gemelli Plutino volteggiano in auto con le loro ellissi e coordinate simmetriche.
Silvia lavora al Marca e si ferma al suo tavolo, mentre io salgo le scale e raggiungo la mostra, l'autore, i ragazzi presenti e i responsabili del luogo.
Saluto Giorgio e gli altri, comincio a prendere appunti.
L'idea è di costruire un ponte, in omaggio, quasi, al ponte di Catanzaro.
In realtà il ponte avrebbe dovuto essere pronto per l'inaugurazione della mostra, il 16 gennaio, però, quando furono richiesti i mattoncini, si era già nelle prossimità del periodo delle festività natalizie e la Lego aveva esaurito le scorte. Solo il primo febbraio avrebbe potuto accettare nuovi ordini.
Questi mattoncini, provenienti dalla Danimarca, sono stati ordinati a Londra, dagli organizzatori della mostra, Michele Prencipe e Gerardo Tenza.
Arrivata presto vedo aprire lo scatolo con i mattoncini, rossi, blu, bianchi, vedo i ragazzi dell'Accademia delle Belle Arti di Catanzaro consultare il tablet di Lupattelli e fotografare l'immagine del ponte già disegnato sul loro cellulare.
Un ponte un po' diverso dall'originale. Ha per base i due lobi del cervello, un emisfero blu, razionale, e uno rosso, irrazionale, istintivo, ed insieme questi due dovrebbero sorreggere il filo bianco dell'irrazionale.
Il titolo dell'opera è "Il ponte sopra le acque torbide"da una citazione di un brano di Samuel Garfunkel
Mac, il cane di Giorgio, gironzola per la sala, si inizia.
Il problema è l'inizio...
Bisogna far star fermi i primi due o tre piani...
In sintonia con l'imperfezione...
perché una cosa è disegnare sulla carta e un'altra cosa è la sua realizzazione...
Speriamo che bastino questi mattoncini...
Questo ponte potrebbe cadere ma...
Importante è che non cada quello vero.
Ora la responsabilità va ai ragazzi...
Sono queste le frasi che io carpisco a Giorgio ascoltandolo.
Daniele, al primo anno della specialistica Grafic design, viene investito della carica di direttore artistico da Giorgio.
Le ore trascorrono ed è arrivata Anna Russo, direttrice dell'Accademia delle Belle Arti,e subito dopo il direttore del museo Racco Guglielmo.
Vedo nelle mani di una giornalista la colla MultiPattex che servirà per fermare i mattoncini a rischio crollo, vedo il fotografo posizionare i suoi scatti verso le fasi della realizzazione, e dei bimbi unirsi all'opera. Uno di loro, Antonio, mi dice la mamma, sta costruendo, a casa sua, con i mattoncini Lego uno stadio.
Devo andare via, siamo già alle 13 e con Silvia torniamo a casa.
Al Marca riprenderanno nel pomeriggio, il ponte per quel pomeriggio crollerà, ma non ha importanza, è l'imperfezione del momento, poi arriverà il 4 marzo, incollato con un'altra colla, la colla del tempo per fare: Le ore trascorse a studiare gli incastri, le ore che si poggiano sui due lobi del nostro cervello chiedendo quell'equilibrio che tutti sappiamo si regge su fili. Che ondeggiano.
Oggi 5 Marzo e ora il ponte con noi
martedì 1 marzo 2016
Lettere alle amiche Céline Adelphi
Casa editrice Adelphi mi piace fin dalla consistenza della carta scelta per la copertina, quel granuloso che mi appoggio sulla guancia per sentirne lo spessore. Piccola Biblioteca 683
Louis-Ferndinand Céline Lettere Alle Amiche
Sei donne consegnano le lettere ricevute da Céline, durante la frequentazione e conoscenza, alla storia letteraria.
Erika, una studentessa tedesca che poi diventerà giornalista e romanziera, N, ebrea austriaca, insegnante di ginnastica, che frequentava i circoli studiosi di psicoanalitica, Eveline, letterata belga, Karen, ballerina danese, Lucienne, pianista francese, ed Elisabeth Porquerol, giornalista, che fu semplicemente amica. Costoro hanno raccolto e consegnato le lettere facendo, suppongo, una prima scelta.
"Purtroppo sì, sono io!" una lettera a Simone Saintu, nel 1932, apre l'epistolario di Céline.
Purtroppo, vorrei rispondergli, noi chi siamo non sappiamo.
Inizio a leggere queste lettere e mi sento defraudata delle 15 euro che ho speso. Chiudo per qualche giorno. Riprendo a leggere dalla fine verso l'inizio e stavolta ne rimango conquistata. Cosa era successo?
Ciascuno di noi diventa a secondo del rapporto che ha con un'altra persona, cambia cambiando interlocutore e le ultime lettere a Lucienne mi hanno consegnato l'uomo e lo scrittore insieme, completando il puzzle che io avevo visto frammentato nelle prime pagine. A pezzetti.
26 agosto 1935 lui scrive: " La normalità della vita, la realtà della vita mi schiaccia" ed ancora "per me la realtà è un incubo continuo e lo sa Dio se la vita m'ha trattato bene come esperienze! se la realtà m'ha favorito!"
Ricordando la mamma sempre intenta su una montagna di trine da riparare per pochi franchi, scrive:" ho sempre sul mio tavolo come lei un enorme mucchio d'Orrore in sospeso che vorrei rappezzare prima di finirla."
" S'aggiusta tutto, niente è essenziale, si sostituisce tutto, tranne il povero rifugio dove viene traslato e dimenticato tutto" e continua consigliando a Lucienne, come se parlasse con sé stesso, difatti è questo che facciamo tutti scrivendo, di evitare i calabroni, gli impostori, gli sbaciucchioni. Un artista non sa che farsene di queste melensaggini.
Una grande ammirazione e tenerezza in questo uomo nei riguardi di Lucienne, tanto da consegnarle il suo impossibile desiderio di uscire dall'incubo piatto e banale del detto e fuggire via nella perfezione sfuggente dell'arte, della musica.
Attraverso lo sguardo dell'artista la realtà è nuda come nella scena della Szymborska " All"Aeroporto"
Sarà quell'essere nudi che Céline usava, esprimendo pensieri non mediati, che tanto infastidì il suo tempo?
Cara amica, scrive a Lucie Porquerol, nel giugno del '33, quando ha 39 anni "Lei mi informa che raccontano delle cose su di me. Credevo m'avessero dimenticato. Io non vedo nessuno. Non leggo nulla. Non so. E non parlo. La mia vita è finita Lucie, il mio non è un esordio, è un epilogo nella letteratura una cosa ben diversa-o piuttosto le mie vite, poiché insomma ne ho avute tre o quattro."
Ed ancora ad Evelyne Pollet, agosto del '33 " Siamo destinati al tedio. La nostra vita non è che una morte senza slancio. Insomma questa è, mi rileggo, una bruttissima lettera. Un'altra sarà più frivola"
Non ho finito...
Louis-Ferndinand Céline Lettere Alle Amiche
Sei donne consegnano le lettere ricevute da Céline, durante la frequentazione e conoscenza, alla storia letteraria.
Erika, una studentessa tedesca che poi diventerà giornalista e romanziera, N, ebrea austriaca, insegnante di ginnastica, che frequentava i circoli studiosi di psicoanalitica, Eveline, letterata belga, Karen, ballerina danese, Lucienne, pianista francese, ed Elisabeth Porquerol, giornalista, che fu semplicemente amica. Costoro hanno raccolto e consegnato le lettere facendo, suppongo, una prima scelta.
"Purtroppo sì, sono io!" una lettera a Simone Saintu, nel 1932, apre l'epistolario di Céline.
Purtroppo, vorrei rispondergli, noi chi siamo non sappiamo.
Inizio a leggere queste lettere e mi sento defraudata delle 15 euro che ho speso. Chiudo per qualche giorno. Riprendo a leggere dalla fine verso l'inizio e stavolta ne rimango conquistata. Cosa era successo?
Ciascuno di noi diventa a secondo del rapporto che ha con un'altra persona, cambia cambiando interlocutore e le ultime lettere a Lucienne mi hanno consegnato l'uomo e lo scrittore insieme, completando il puzzle che io avevo visto frammentato nelle prime pagine. A pezzetti.
26 agosto 1935 lui scrive: " La normalità della vita, la realtà della vita mi schiaccia" ed ancora "per me la realtà è un incubo continuo e lo sa Dio se la vita m'ha trattato bene come esperienze! se la realtà m'ha favorito!"
Ricordando la mamma sempre intenta su una montagna di trine da riparare per pochi franchi, scrive:" ho sempre sul mio tavolo come lei un enorme mucchio d'Orrore in sospeso che vorrei rappezzare prima di finirla."
" S'aggiusta tutto, niente è essenziale, si sostituisce tutto, tranne il povero rifugio dove viene traslato e dimenticato tutto" e continua consigliando a Lucienne, come se parlasse con sé stesso, difatti è questo che facciamo tutti scrivendo, di evitare i calabroni, gli impostori, gli sbaciucchioni. Un artista non sa che farsene di queste melensaggini.
Una grande ammirazione e tenerezza in questo uomo nei riguardi di Lucienne, tanto da consegnarle il suo impossibile desiderio di uscire dall'incubo piatto e banale del detto e fuggire via nella perfezione sfuggente dell'arte, della musica.
Attraverso lo sguardo dell'artista la realtà è nuda come nella scena della Szymborska " All"Aeroporto"
Sarà quell'essere nudi che Céline usava, esprimendo pensieri non mediati, che tanto infastidì il suo tempo?
Cara amica, scrive a Lucie Porquerol, nel giugno del '33, quando ha 39 anni "Lei mi informa che raccontano delle cose su di me. Credevo m'avessero dimenticato. Io non vedo nessuno. Non leggo nulla. Non so. E non parlo. La mia vita è finita Lucie, il mio non è un esordio, è un epilogo nella letteratura una cosa ben diversa-o piuttosto le mie vite, poiché insomma ne ho avute tre o quattro."
Ed ancora ad Evelyne Pollet, agosto del '33 " Siamo destinati al tedio. La nostra vita non è che una morte senza slancio. Insomma questa è, mi rileggo, una bruttissima lettera. Un'altra sarà più frivola"
Non ho finito...