martedì 9 giugno 2020

Olimpio Talarico Cosa rimane dei nostri amori

L'Infinito di Leopardi dal Castello Di Caccuri.
"L'incanto del panorama mi emozionava. Sembrava un quadro di Enzo Loria, quando osava mischiare i colori affettuosi dell'autunno caccurese con le meste nebbie della sua laguna. Lo sguardo navigò. Dal castello scivolò lungo il tappeto di colline, si attardò sulla valle taciturna del Neto, per poi risalire sulle casupole del paese, appoggiate l'una contro le altra e che parevano fare fatica per non scivolare verso la campagna, come se un destino volesse allontanarle da quella terra tirchia, avara, e loro si opponessero con tutta la loro forza"
Siamo a Caccuri, in Calabria, nell'altopiano della Sila, dove lo sguardo smisurato vaga, infinito, dal castello. 
Olimpio Talarico è nato a Caccuri e vive a Bergamo e ama di amore autentico entrambi i luoghi ma solo a Caccuri le strade gli parlano, solo a Caccuri sente l'impronta di chi è passato prima di lui, delle storie e dei sospiri.
Perciò dedica a Caccuri i momenti più elegiaci del suo scrivere nella grande fratellanza con le storie e gli abitanti del luogo.
Luogo magico, in effetti, per chi ha la ventura di visitarlo, luogo che reciterà con noi i versi di Leopardi:
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. 

A Caccuri però il cor non si spaura  ma il verdeggiare intorno e la linea vicina  fra il cielo e la terra conforta e abbraccia.
Cosa rimane dei nostri amori nasce come un'ode a Caccuri, poi l'autore ha costruito una trama e dei personaggi ma il primo personaggio vivente è proprio il paese. 
Olimpio in una sua dichiarazione ci dice:
"La piazza di Caccuri ha ispirato quasi tutte le mie storie.
Quando d'estate si ritornava in Calabria, Nicola a 5 anni si intrufolava fra le gambe di uomini che conosceva appena e seguiva per ore le partite a carte degli anziani del mio paese. Quanta magia c'è nel codice genetico"
C'è una foto del maestro Giuseppe Marino e un post di Francesco Stirparo, che ricordano che 56 anni fa, il 19 marzo del 1964, a Caccuri  durante la processione di San Giuseppe, aveva inizio la storia di "Cosa rimane dei nostri amori".
Il racconto inizia proprio con la festa di San Giuseppe e con due ragazzi, un ragazzo e una ragazza, della banda spariti. 
Dalla festa alla tragedia alla morte, il corpo di uno ritrovato subito, il corpo dell'altra dopo molti anni. 
Nella trama le omertà, le accuse ingiuste, un innocente in carcere, e la ricerca della verità.
Il protagonista  Jacopo Jaconis, musicista, autore di colonne sonore, torna a Caccuri nel 1992 per un suo dialogo interiore e nel mentre avviene il ritrovamento del corpo della ragazza scomparsa nella festa di San Giuseppe del 1964. Viene inquisito suo padre, preside della scuola locale, accusato dell'omicidio dalla
testimonianza del prete della parrocchia don Marcello Poli.
Il maresciallo Nisticò però non crede al prete e affianca Jacopo, è sicuro che Amilcare Jaconis non sia un assassino.
Seguiremo il disvelare fra verità e menzogne, come se fosse un giallo, un noir, convinti che il profumo ci guiderà.
Il profumo dei soldi.  
Pezzi di noi, Pezzi di Storie.
Ed è per questo che il libro di Olimpio ha inaugurato la rubrica Pezzi di Calabria, una  rubrica sui borghi calabresi narrati dalla penne degli scrittori: Caccuri in Rivìentu.
Non posso non tacere del piacere di aver letto la dedica che Olimpio fa a tutti noi lettori, a quella lettrice della Pasticceria di Crotone che stava leggendo il suo primo libro,"Il due di bastoni" nel dolce della brioche con gelato e panna. 
"Una brioche letteraria" mi disse una volta un amico sulla mia lettura ad un suo libro ed ora consegno ad Olimpio la mia brioche ringraziandolo fortemente della sua amicizia e dei suoi Amori regalati prima e Cosa rimane dei nostri amori ora.
Aspettandolo a Caccuri 
Ippolita Luzzo 

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