mercoledì 12 giugno 2019

Dolor y Gloria di Almodovar

Film presentato a Cannes. Non ha vinto ma è come se avesse vinto. Ho riso moltissimo già dall'inizio quando ci enumera i malanni con cui convive e che tanto cambiano il corso del suo vivere, ho continuato a ridere quando lui ci racconta come sia diventato un grande regista anche se totalmente ignorante in storia e geografia perché doveva cantare nel coro del prete al seminario. 
Da regista aveva imparato la geografia viaggiando per presentare i suoi film. Ho continuato a sorridere felice alle scene coloratissime delle donne al fiume a lavare i panni e stendere le lenzuola mentre cantavano e ballavano quasi sotto gli occhi del ragazzino che era stato.

Ridendo ho seguito il suo vivere stanco e senza più mordente benché il gioco prendesse la mano e si facesse quasi unico filo conduttore per unire attori alla trama. Così il legame con l’attore del suo film di trent'anni prima, interrotto allora bruscamente ritorna di nuovo a riprendere la via del litigio, di nuovo, per poi approdare ad una nuova collaborazione.
 E tutto si incastra pacificamente, con garbo, in un dipinto che riporta l’infanzia, il primo amore, il primo desiderio, lo chiama il regista che trasforma in un film il suo ritrovamento casuale. 
A me rimane quella battuta iniziale: Se ho molto mali credo in Dio, se ne ho uno solo sono ateo 

Ippolita Luzzo 

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