domenica 26 febbraio 2017

Io di più non posso darti di Jacqueline Spaccini

Jacqueline Spaccini 
Ci siamo incontrate a Roma a Più Liberi Più Libri dove Alessandro Iovinelli era stato invitato a relazionare con Paolo di Paolo e altri su "Incontro con Antonio Tabucchi".
Nell'attesa di entrare nella Sala Rubino ci siamo incontrati noi e abbiamo preso un tè. 
Alessandro e Jacqueline, una coppia vera.
Non ho mai conosciuto una persona più riservata di Jacqueline e in quell'ora  tutta la sua discrezione mi apparve immensa. Più si schermiva più io capivo quanto potesse essere vero il suo amore per Alessandro, per lo studio, per i rapporti fra noi tutti.

Mi giungono ora tre suoi studi, un saggio su Pavese, la sua tesi di laurea, uno studio su Chordelos De Laclos, fra gli scrittori femministi del XVIII secolo e un libro di poesie:
"Io di più non posso darti" 
Titolo tratto da un verso iniziale di Pedro Salinas e la poesia viene riportata in prima pagina quasi ad accompagnare tutte le poesie di Jacqueline.
Nella quarta di copertina Jacqueline scrive: "Si scrive per esistere e resistere, per sopravvivere, per fermare l'attimo, per urlare quel grido che resta soffocato in gola.  A tredici anni si scrive non per essere letti, bensì per leggersi. 
Quando poi si continua a scrivere, da adulti, e si leggono le poesie in pubblico, il poeta racconta sé stessa e racconta il mondo in una osmosi di emozione, facendo streep-tease alla rovescia.  Si mette a nudo."
Leggo da impreparata le poesie di Jacqueline scritte in italiano, in francese, in tedesco, in croato, credo. Le leggo da ieri, le leggo oggi nell'anniversario delle sue nozze con Alessandro e mi sento partecipe del loro amore come se li avessi conosciuti e frequentati negli anni scorsi. 
Nel mio non trascorrere gli anni mi lego di affetto a libri, ad autori, a chi sento mio simile in una famiglia ideale che ricostruisco scrivendo. Mi sento accettata da Jacqueline, mi sento benvoluta dalla sua poesia, da quel teatro dove lei sale, recitando e vivendo quell'atto impudico, lo chiama lei, della poesia rappresentata. 
Per essere vista: Poesia che si vede. 
Alle volte
vorrei alzare
le braccia
e arrendermi

come fa il cavatappi
sotto le mani del bevitore.

Così è la poesia di Jacqueline con quell'immagine del cavatappi con le braccia alzate che si arrende nelle mani del bevitore. 
Non conta
se pesto acqua acidula con una verga di stelle
Inciampo nelle giornate 
sbadatamente
Ho la forza dell'equilibrio 
apparente e precario
Scivolo a testa in giù
lungo la pertica del raggio
di sole
Un io e un tu, in un dialogo di amorosi sensi, una affettuosa cura uno dell'altro, una ricerca
Chi Ti ha rapito?
E allora prenderò il
mio cavallo e la mia spada
e scenderò nella cittadella.
Mi guardo alle spalle:
da qualche parte dovrai
pur essere
Verrò a prenderti.
Una miscellanea per assaggiare con un grano di sale, mi dice lei, quei
Gesti quotidiani
che si fanno sbadati
e se ne vanno
Continuo a leggere i versi di Jacqueline consegnandoveli nel gesto del teatro che fa scena, rappresentazione di vita vera.
Poesia che ascolteremo ancora come l'amica confidente. 
Ippolita Luzzo 



Théâtre dell'ECLA - Saint-Cloud 92210 France   Elvire (Don Juan)  2012
Jacqueline Spaccini  ha insegnato all'università di Caen e a Rabat. Dal 2009 fa parte della Compagnia internazionale delle Poete fondata da Mia Leconte. 

2 commenti:

Luigi Menta ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Luigi Menta ha detto...

ScherNiva

Il poeta racconta se stessO