giovedì 24 dicembre 2015

Gli occhi piccoli di mia madre

Un ergastolo a vita.
Forse il carcere, per quanto sia terribile, non riesce a riassumere con una immagine la sua vita.
Carcerata da carcerieri inconsapevoli e brutali, esigenti di affettuosità scontate e riconosciute, è stata ammanettata e messa ai ceppi.
Al timone di una nave senza nocchiero, ha navigato con tutte le sue forze per salvare i suoi cari dalle tempeste. 
Le metafore del carcere e dei ceppi sono poca cosa. 
Lei saltellava con le sue trecce ed era piena di vita e sorridente alle adunate dei figli della lupa. A quel tempo erano tutti lupacchiotti. 
Andava a scuola e le piaceva. 
Avrebbe voluto insegnare e ridere, scherzare, cantare con i suoi alunni. 
Oplà la vita è tutta qua
Saltando dall'infanzia con lei che accende il fuoco con la carbonella a lei che impara i segni per parlar con suo papà muto e paralizzato, Saltando anni e giorni lei diventa mamma di due gemelli, uno muore a dieci mesi, per una gastroenterite mal curata, e l'altro a quattro anni si ammala di meningite. Mal riconosciuta dai medici di famiglia. 
Lui, il gemello sopravvissuto, diventerà uno dei suoi carcerieri inconsapevole.
Saltando fra braciere da preparare, quanti bracieri avrà preparato nei lunghi inverni!, saltando sul pane caldo e sui taralli, le parmigiane e le camicie da stirare, saltando sul niente di un accudimento senza sole, senza svaghi e senza felicità, un sorriso lei lo ha sempre avuto. Anche per chi non le permise nulla, nemmeno mettersi un vestito a giro maniche oppure andare a messa.
La messa  fu una conquista degli anni della senescenza.
Oplà- saltiamo le offese, i tradimenti, le ingiurie, le umiliazioni.
Saltiamo anni, sempre uguali, senza vacanze, senza un giorno di cinema e teatro, senza una passeggiata. 
Saltiamo il terribile "scura oggi che viene domani" sempre uguale di un carceriere anche esso inconsapevole del suo vivere inutile, egoistico e una partita la domenica al campo, unico suo svago. 
I giornali sempre presenti, ed ora  la settimana enigmistica, per lenire il vuoto immenso delle relazioni.
Saltiamo via agli occhi di mia madre che, ieri mattina, si fecero piccoli piccoli e lei tentò di aprirli allo specchio ingrato della vita. 
Asciugandosi la prima lacrima che io le vedo in volto.
In novantadue anni mia mamma ha sempre sorriso, nel suo carcere, con pazienza e saggezza.
Saltiamo, oplà, oltre il giardino, con me che  vorrei dare un sorriso e non riesco, essendo anche io una sua carceriera.
Saltiamo sulla scuola che mai la vide in cattedra, se non  nei suoi sogni nella notte, saltiamo su un inferno che sta in terra, e saltiamo ancora nella cella della vita, con lei che mai un lamento e solo pace chiede.

5 commenti:

Unknown ha detto...
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Unknown ha detto...
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Unknown ha detto...
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Unknown ha detto...
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Unknown ha detto...

Bella immagine della terribile condizione di subalternità in cui hanno vissuto molte nostre mamme e nonne!
L'aria è cambiata. Almeno questo passo avanti è stato compiuto.