martedì 11 marzo 2014

Allacciate Le cinture- Caro Ozpetek, cosa ci vuoi dire?



Allacciate le cinture, caro Ozpetek, cosa ci vuoi dire? 

Vado a vedere “Allacciate le cinture” entusiasta dalla colonna sonora finale, di Riccardo Cocciante, cantata da Rino Gaetano “A mano a mano”.
Una splendida canzone cantata da voce che da amara si fa raschiante e vivente, terribilmente ironica su ciò che canta.
Le parole di un amore che dove sta non si sa. Se c’è stato o non c’è stato a mano a mano e dammi la mano può nascere un fiore nel nostro giardino. Ora che questo giardino diserbato è, mi sovvengono le parole sconce e volgari di una lontanissima collega che, a proposito di giardino, usava doppi sensi odiosi verso una che si sposava in età inoltrata e a questo povero uomo che doveva…

Ecco Ozpetek ha fatto la stessa cosa della collega. Ha preso una canzone acida e basica su sentimento che vorremmo esistesse e l’ha usata come esca per un film canaglia e scipito, lavato e insulso.

Personaggi improponibili, stereotipo del gay, bello, fragile e intellettuale, stereotipo del meccanico tatuato muscolato e burino.

Stereotipo della donnettina che perde il lume per un corpo palestrato e orrendo, una montagna di muscoli senza un fremito di movimento, stereotipo di tutto.

Poi ci impacchia una cartolina del mare pugliese, peccato che inquadri i glutei di lui, poi ci impacchia la love story del reparto di chemioterapia, che poi ci faccio fare un giretto e onestamente io non l’ho vissuta in quel modo, poi ci impacchia mamma dedita e zia  alternativa, vista e rivista, e la nausea della melassa va ad intaccare la digestio che impegnata a spazzolare spirali di liquirizia e caramelle gommose al limone già è parecchio alterata. Ma… a mano a mano…

Io vorrei proprio sapere come hai potuto vivere e amare così, voglio sapere come sorridi e se ad un altro …

Insomma non si può imbrogliare così, mio caro regista, amato e seguito fin delle Mine vaganti: Mettendo una controfigura di Volontè, peccato gravissimo, che non sa articolare espressione e farne l’immaginario amoroso di tutte noi. Il Trottolino amoroso. Così avresti dovuto intitolare sta cavolata!


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