mercoledì 22 gennaio 2014

La boutique della carne a Lamezia Terme



La boutique della carne- Maggio 2010

A Lamezia Terme esiste da qualche tempo una bella macelleria, ristrutturata, elegante, accogliente. La carne è messa in mostra, pulita, tagliata, venduta, assecondando i desideri dei numerosi ed esigenti clienti.
Uomini, donne, chiedono il petto, la coscia, tenera, giovane, la testina, pezzi di esseri, vengono incartati, pesati, si può scegliere anche qualcosa di già preparato, pronto per l’uso, impanato, arrotolato, agghindato con fiocchi di mais, di rucola, truccato e infiocchettato. Si acquista e si porta via, a casa.
Si poggia accanto, sul sedile della propria vettura e si fa il viaggio insieme. Poi a casa, messo sul tavolo l’acquisto, buttiamo lo scontrino,
cuciniamo, sentiamo l’acquolina in bocca, il profumo si diffonde in cucina, prendiamo il piatto, prepariamo il desco, ci sediamo da soli e con voracità, con gusto, lentamente o velocemente, a secondo le nostre modalità, consumiamo.
A volte con la televisione accesa, oppure con la radio, il computer, il telefonino incollato  ormai all'orecchio con l’auricolare già innestato. Un buon caffè e ci sentiamo più soddisfatti.
 Dopo qualche tempo, si va in bagno e le scorie del nostro cibo, del nostro nutrimento vengono spazzati via dallo sciacquone del water. Con un semplice gesto! Com'è semplice!
 La bottega della carne! Sono diventati proprio così i nostri rapporti interpersonali, intimi, i nostri scambi di corpi, di pezzi di corpi, i nostri sguardi.
 Una volta, questo mercato fiorente era riservato alle occasioni, era un po’ taciuto, per pudore, era tenuto nella periferia della città, ora dilaga nelle nostre case, nelle nostre conversazioni, nei nostri incontri di lavoro.
Anche il mio commercialista in un assemblea, con tre uomini, gli amministratori delegati, l’avvocato e una donna, io, nel ruolo di presidente, lo dico solo per far capire, scherzosamente, mica tanto, desidererebbe una bella carne giovane e profumata!
 Giusto – Per carità. Ma perché dirlo a me! Ma perché dirlo in un luogo inadatto. Non eravamo mica in macelleria!
Ma questo è il peccato lieve, sorridente, non c’è nulla di male, comprare quel che serve.
Ma  poi anche nelle nostre case dove il cibo è la fiducia con la quale si dovrebbe lenire l’ansia e la solitudine del nostro cammino umano, anche nelle nostre case, siamo fatti a pezzi, mangiati, divorati e poi eliminati con lo sciacquone del water.
Uno scroscio e via.
E tu mamma, moglie, figlio, e tu uomo, non servi più, via, la tua carne, la tua pelle, i tuoi occhi, i tuoi sorrisi, le tue risate!
Mi affiora sulle labbra, ultimamente, una risata stridula, fastidiosa, una risata strafottente, mi nasce da sola, ho cercato di controllarla, poi ho capito che il corpo si difende, che vorrebbe invece urlare, o più sommessamente piangere, disperarsi per tutto quello che si era creduto fosse il nostro patrimonio affettivo e che ora non c’è più, irrimediabilmente distrutto.

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