lunedì 9 settembre 2013

Il pusillanime e la pazza



Il pusillanime e la pazza
-Distruggi il file- soffia fra i denti l’omino, a capo di una associazione culturale, alla vaga stella del blog, inopinatamente cooptata in una collaborazione scrittoria.
E così lei viene privata dall’esaltante gusto di partecipare ad un romanzo che sarà presentato con rullo di tamburi e tavole adorne di giornalisti plaudenti e stipendiati da Santa Madre Regione, romanzo che sarà consumato in tavolate di bocca buona e pancia morbida, e che aggiungerà moltissimo sul tema che tratta fatti e misfatti, carinissimi, del luogo in cui vivemmo.
Il file in questione riguardava una storia d’amore come tante, una storia conosciuta in paese e nata nel cittadino nosocomio, ma avrebbe potuto nascere dappertutto.
La storia fra un pusillanime e una pazza dal titolo

“ Una Storia come tante di non amore”

-Carlon e Marion vivevano ognuno a loro modo in una brutta città brutta.
Allora, in quel tempo, la città non era brutta come lo è diventata nei giorni e nel tempo a venire, era semplicemente un paesotto  dove la gente passava il tempo ad impicciarsi e a scandalizzarsi della pagliuzza nell’occhio di un altro e del pelo nell’uovo.
Carlon lavorava, eufemismo per dire che era impiegato in una struttura, in un luogo adibito a ricovero ammalati e tentativi di non fare la pelle ai temerari che vi si affidavano.
Lui lavorava negli uffici polverosi e scomodi di un luogo inventato che, nella storia passata, altre presenze in lunghi sai e piedi scalzi avevano attraversato.
Tranquillo era assorto nel suo cruciverba quella mattina, come sempre pacifico e pacificato di un pranzetto sicuro e di camicie stirate da mamma, sorella e cugine.
Il chirurgo, quella mattina, arrivò fin da lui e scherzosamente affettuosamente, come solo i maschi sanno fare, gli disse – Vieni, vieni a vedere chi è appena arrivata. Sta nel letto numero nove, puoi farne un sessantanove, è nuda, si agita, accusa dolori addominali, è una … io non so i termini … insomma è bella, è bona un buon boccone, non avrà niente, sarà in calore.-
Carlon si incuriosì,  restò al suo posto, aveva fama e lui faceva vanto di conquiste effimere di prede facili, di essere un uomo che non ne perdeva una, di essere sempre sfuggito a donne fameliche con abilità ed era anche scapolo.
Il suo amico lo incalzava, lui si alzò di malavoglia e lo seguì.
Nel padiglione Marion scomposta  si dimenava, si contorceva, era nubile, adulta e affamata, aveva schifo e orrore di uno zitellaggio che sentiva imminente sulla sua età.
Nuda e dolente cominciava a star meglio, il buscopan aveva fatto il suo effetto e ora, sempre scoperta, aspettava paziente i signori dottori.
 Era di una famiglia con storia antica, con feudi ormai svenduti, una famiglia con vari  fratelli dove la donna non va a lavorare.
La donna, in quel tempo,  aspettava a casa un marito da accudire e tanti figli da pulire e tante stoviglie da rigovernare sparlando sparlando con la vicina.
Nelle famiglie onorevoli e onorate il mondo andava e girava così.
Lei si girò, aveva sentito i passi, la porta si aprì e i loro occhi si incontrarono in punti diversi.
Dicono poi che lui si offrì di accompagnarla, dicono che lui pensò di fare un antipasto e non consumare, dicono che lei capì subito di avere per le mani un celibe e dicono anche che il pasto fu divorato velocemente da entrambi, senza conseguenze, si augurava lui, con confetti nuziali, progettava lei.
A quel tempo le cose si prestavano ad equivoci vari.
Mai e poi mai lui, mentre sistemava i pantaloni ancora arrotolati ai suoi polpacci, mai e poi mai pensava al futuro, forse soltanto alla piega malfatta da dover giustificare a sua mamma quel dì, al ritorno a casa.
Mai e poi mai lei pensava che non avesse futuro quell’incontro fuggevole, per lei era un patto fatto col sangue, un patto eterno di mutuo soccorso.
Lei sarebbe stata sua moglie e lui suo marito per l’eternità.-
…..

Ditemi voi non è un bellissimo incipit?
Non è travolgente, rapinosamente in fieri di svolgimento?
Eppure lo scrittore volle che io distruggessi il file, non mi contattò più ed io mi preclusi per sempre la fama eterna di aver collaborato al suo Guerra e pace.
Si spaventò, voi mi dite?
Un pusillanime lui ed io una pazza?
Può darsi. Oppure lui sì che sa scrivere ed io non congiungo parole? Ai posteri l’ardua sentenza



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